I 50° ANNIVERSARIO DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA MADRE TERRA – PER RIPARTIRE DOVREMO INVESTIRE SULLA DIFESA DEL TERRITORIO E DELL’AMBIENTE

Un bambino partecipa a un seminario organizzato da UNDP Perù e FAO ad Ayacucho, in Perù. 
Foto: UNDP Perù.

Oggi 22 aprile ricorre il 50° anniversario della Giornata mondiale della Madre Terra.

Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres per la ricorrenza ha inviato un messaggio:

La Madre Terra sta chiaramente sollecitando un invito all’azione. La natura è sofferenza. Incendi australiani, record di calore e la peggiore invasione di locuste in Kenya. Ora affrontiamo COVID -19 , un legame di pandemia di salute in tutto il mondo con la salute del nostro ecosistema.

I cambiamenti climatici, i cambiamenti della natura causati dall’uomo e i crimini che interrompono la biodiversità, come la deforestazione, i cambiamenti nell’uso del suolo, l’intensificazione della produzione agricola e zootecnica o il crescente commercio illegale di animali selvatici, possono aumentare il contatto e la trasmissione di malattie infettive dagli animali a umani (malattie zoonotiche) come COVID-19.

Da una nuova malattia da infezione che emerge nell’uomo ogni 4 mesi, il 75% di queste malattie emergenti proviene da animali , secondo l’ambiente delle Nazioni Unite.

Ciò mostra le strette relazioni tra salute umana, animale e ambientale

Un impatto visibile e positivo, sia attraverso il miglioramento della qualità dell’aria o la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, è temporaneo, perché proviene da tragici rallentamenti economici e disagi umani.

Ricordiamo più che mai in questa Giornata internazionale della Madre Terra che abbiamo bisogno di passare a un’economia più sostenibile che funzioni sia per le persone che per il pianeta. Promuoviamo l’armonia con la natura e la Terra.

Ora tocca a noi, nei nostri paesi, nelle nostre città dobbiamo adoperarci anche nelle piccole cose per difendere il nostro pianeta.

Dalla crisi economica che seguirà l’emergenza da coronavirus per uscire dovremo ripensare il nostro rapporto futuro con il pianeta investendo sui nostri territori per prevenire le alluvioni e gli altri disastri che colpiscono il nostro Paese, per ripiantare gli alberi là dove servono, per risanare il suolo , l’aria e l’acqua dall’inquinamento che colpisce anche la nostra salute.

Dovremo fare più attenzione allo sviluppo sostenibile specialmente in agricoltura, mettendo al bando i tanti pesticidi che hanno distrutto i campi.

Come all’epoca del New Deal di Roosevelt molti posti di lavoro dovranno essere creati per iniziative a difesa del territorio e dell’ambiente, ma anche per le infrastrutture che la nostra Nazione potrà utilizzare per offrire economie esterne alle imprese.

Ci vuole un poco di lungimiranza da parte dei nostri governanti, che non tutti hanno.

UNA NUOVA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO SULLA DEMOLIZIONE DEGLI ABUSI EDILIZI

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 6983/2018 ha affrontato da par suo il problema della demolizione degli abusi edilizi ponendo fine anche alla questione del fattore tempo.

Ai fini della legittimazione passiva del soggetto destinatario dell’ordine di demolizione, l’art 31 del d.P.R. n. 380/2001 individua quali soggetti passivi della demolizione sia colui o coloro i quali aventi il potere di rimuovere concretamente l’abuso – potere-dovere che grava sul proprietario – sia i soggetti che abbiano realizzato gli abusi, su immobile poi alienato a terzi.

Il presupposto per l’adozione di un’ordinanza di ripristino non è l’accertamento di responsabilità nella commissione dell’illecito, bensì l’esistenza di una situazione dei luoghi contrastante con quella prevista nella strumentazione urbanistico-edilizia: sicché sia il soggetto che abbia la titolarità a eseguire l’ordine ripristinatorio – ossia in virtù del diritto dominicale il proprietario –che il responsabile dell’abuso sono destinatari della sanzione reale del ripristino dei luoghi e quindi legittimati attivi all’impugnazione della sanzione.

D’altra parte, l’acquirente dell’immobile abusivo o del sedime su cui è stato realizzato succede in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi relativi al bene ceduto facenti capo al precedente proprietario, ivi compresa l’abusiva trasformazione, subendo gli effetti sia del diniego di sanatoria, sia dell’ingiunzione di demolizione successivamente impartita, pur essendo l’abuso commesso prima del passaggio di proprietà (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40).

Da cui sortisce il presupposto di fatto – ossia la destinatarietà del provvedimento sanzionatorio – della legittimazione attiva all’impugnazione sia del(l’ex) proprietario alienante, esecutore delle opere che del(l’attuale) proprietario acquirente che subisce gli effetti dell’ordine di ripristino (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 3210/2017).

Ad di là del fatto che il rilascio del titolo edilizio condizionato, la cui efficacia sia subordinata al verificarsi di una condizione sospensiva, futura ed incerta, è ipso facto inammissibile (da ultimo Cons. stato, sez. IV, 18 aprile 2018 n. 2366), non va passato sotto silenzio che la tettoia, strumentale all’attività d’impresa, preesisteva già a fare data dal 1981: tant’è che il Comune rilasciando il titolo edilizio, seppure condizionato, ne ha espressamente riconosciuto l’esistenza legittimandone l’utilizzazione.

Quantunque vada condiviso in termini generali l’orientamento, fatto proprio dal Tar con la sentenza appellata, a mente del quale la risalenza nel tempo dell’opera, di per sé, non incide sul potere di repressione dell’abuso da parte della P.A.

Vale a dire che di norma l’adozione dell’ordinanza di demolizione non richiede “alcuna specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto” (così, “ex multis”, Cons. di Stato, sez. VI, nn. 13 del 2015, 5792 del 2014 e 6702 del 2012).

Nondimeno, nel caso in cui, oltre alla situazione consolidatasi nel tempo, s’aggiunga – come nel caso di specie – il legittimo affidamento sulla permanenza ed utilizzazione della res abusiva ingenerato dal comportamento tenuto dall’amministrazione o dal rilascio di un titolo edilizio ancorché atipico, deve trovare applicazione il principio dettato da Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017 n. 8.

Indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, in forza del quale l’ordine di demolizione necessita di una ponderata motivazione che dia conto della valutazione degli opposti interessi: quello del titolare del bene alla conservazione ed utilizzazione della res, risalente nel tempo e fatta oggetto di un provvedimento autorizzativo mai rimosso, con quello dell’amministrazione al ripristino illico et immediate dell’assetto del territorio compromesso dalla permanenza in locodell’abuso.

Come lamentato dagli appellanti nel secondo e terzo motivo, il Comune non ha compiuto tale comparazione prima d’adottare l’ordinanza impugnata.

Di fatto, l’ordinanza di demolizione irrogata risulta insufficientemente motivata: all’individuazione della struttura, delle sue caratteristiche e del carattere abusivo per l’assenza del necessario permesso di costruire “tipico”, non ha fatto riscontro – nel prisma dell’interesse pubblico al corretto uso e ripristino del territorio – la valutazione della preesistenza nel tempo della res e dell’affidamento ingenerato sui titolari di essa per effetto del rilascio del titolo edilizio condizionato mai previamente annullato.

Sicché è condivisibile l’ulteriore argomento dedotto dagli appellanti, fondato sulla previa qualificazione della sanzione della demolizione quale “extrema ratio” da bilanciare con altri interessi ed esigenze, che, nel caso in esame, la demolizione del manufatto abusivo non costituisca affatto l’unico rimedio concretamente idoneo a soddisfare le esigenze di tutela del territorio sottese alla normativa di riferimento.

Tanto più per il fatto che il pregiudizio derivante dalla demolizione della struttura abusiva, strumentale all’attività d’impresa, andrebbe dovuto essere valutato nella prospettiva della possibile compromissione dell’attività economica svolta.

Con riguardo ai restanti abusi di cui all’ordinanza impugnata – ossia alla tettoia con struttura in tubi, scatoloni di ferro e copertura con tegole marsigliesi di circa 3,20 mt di larghezza e altezza da m 2,50 a 2,95 nonché all’apertura con opere di consolidamento e puntellamento di circa 14 cm che collega magazzino ad officina mette conto rilevare – va scrutinato l’effettivo rilievo delle opere sotto il profilo urbanistico ed edilizio.

In assenza di vincoli paesaggistici o idrogeologici, nel (presunto) rispetto – come nel caso in esame – di altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (cfr., ad esempio: norme antisismiche, di sicurezza antincendio, igienico sanitarie, di rispetto della normativa civilistica sui confini), la tettoia aperta ai lati di limitate dimensioni e il consolidamento di aperture sulle strutture murarie preesistenti, per ricavare un andito transitabile fra immobili contigui di proprietà, non integrano ipso facto, benché eseguiti senza i relativi titoli edilizi, abusi edilizi passibili d’immediata demolizione (c,fr. Cons. Stato, sez. VI, 7 maggio 2018 n. 2715).

A riguardo, la recente normativa di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 25 novembre 2016 n. 222, come integrata in via interpretativa dal D.M. 2 marzo 2018 (pubblicato nella G.U. 7 aprile 2018 n.81, di “Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera”), individua in via tassonomica tutta una serie d’interventi che, non incidendo sul carico urbanistico, per (limitate) dimensioni strutturali e tipologia s’inscrivono nell’ambito della liberalizzazione degli interventi edilizi.

E che, conseguentemente, onera il Comune a valutare l’effettiva entità degli abusi minori per concentrare l’attenzione e l’effettiva applicazione dell’apparato sanzionatorio del ripristino sugli illeciti edilizi in grado, essi sì, di compromettere il tessuto urbano e quello ambientale.

IL PARERE N. 1911/2018 DELLA COMMISSIONE SPECIALE DEL CONSIGLIO DI STATO SULLE OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO

CORTILE DI PALAZZO SPADA – SEDE DEL CONSIGLIO DI STATO A ROMA

Il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – Anac, con nota prot. n. 16675 del 9 novembre 2018, ha chiesto di acquisire il parere del Consiglio di Stato con specifico riguardo alla tematica delle opere di urbanizzazione a scomputo, e cioè alle opere eseguite dal titolare del permesso di costruire scomputando i relativi oneri dai contributi dovuti ai Comuni per le opere di urbanizzazione.

In particolare, l’Anac si riferisce al punto 2.2 del paragrafo 2 (Il valore stimato dell’appalto) delle proprie Linee guida n. 4 dell’1 marzo 2018, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, che riproducono in parte qua il parere n. 361 del 12 febbraio 2018 reso dal Consiglio di Stato.

Nel punto 2.2 delle suindicate Linee guida si legge testualmente che “Per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire. Nel caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di importo inferiore alla soglia comunitaria, detto valore deve essere calcolato – tenendo conto dell’intervenuta abrogazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – secondo i parametri stabiliti dall’articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/241 UE e dall’articolo 35 del Codice dei contratti pubblici. Al ricorrere della suindicata ipotesi, per effetto della previsione derogatoria contenuta nell’articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001: 1) nel caso di affidamento a terzi dell’appalto da parte del titolare del permesso di costruire non trovano applicazione le disposizioni del decreto legislativo n. 163 del 2006 ed ora del Codice dei contratti pubblici; 2) di conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della individuazione del valore stimato dell’appalto, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente da realizzarsi”.

Si legge nel documento che contiene il quesito formulato dall’Anac che l’esigenza di sottoporre al Consiglio di Stato la richiesta di intervento interpretativo del soprariportato punto 2.2 consegue al ricevimento da parte della stessa Anac di una informativa proveniente dalla Struttura di missione per le procedure di infrazione del Dipartimento per le politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine alla segnalazione della Commissione Europea in merito ad un possibile contrasto tra quanto contenuto nel citato punto 2.2 e l’articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE, paventando il rischio dell’apertura di una procedura di infrazione.

In particolare, si puntualizza nella richiesta di parere, il sottopunto n. 2 della elencazione inserita nel secondo periodo del punto 2.2 (che reca le seguenti espressioni “di conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della individuazione del valore stimato dell’appalto, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente da realizzarsi”) potrebbe rappresentare una previsione interpretativa che si pone in contrasto con quanto disposto dall’articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui sembra prevedere che, in caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ammessa dall’articolo 16, comma 2 bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 per importi di rilievo infracomunitario, il valore di tali opere, appaltabile in deroga alle procedure di evidenza pubblica regolate dal Codice dei contratti pubblici, possa essere determinato senza tenere conto del valore complessivo delle opere di urbanizzazione (ossia escludendo anche le restanti opere di urbanizzazione secondaria, e primaria non funzionali).

Per superare i dubbi sollevati dalla Commissione Europea l’Anac suggerisce un’interpretazione comunitariamente orientata del sottopunto 2 inserito nel punto 2.2 delle Linee guida n. 4, nel senso che lo scorporo – dal valore complessivo dell’opera – degli interventi di cui all’articolo 16, comma 2 bis, del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 sia consentito solo a condizione che il valore complessivo dell’opera stessa non raggiunga l’entità della soglia comunitaria. Unicamente in siffatta ipotesi, il valore di tali opere potrebbe essere scorporato dalle restanti opere di urbanizzazione e, per l’effetto, affidato dal titolare del permesso di costruire senza l’adozione delle procedure di evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti pubblici.

Viceversa, laddove l’importo complessivo delle opere si situasse al di sopra dell’importo considerato dalle direttive comunitarie, allora anche la porzione di opere di urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ancorché in sé di valore inferiore alla predetta soglia, dovrebbe essere ricompresa nell’ambito degli affidamenti che la stazione appaltante è tenuta a gestire nel (dovuto) rispetto del Codice dei contratti pubblici e ciò perché attratta verso la soglia comunitaria in ragione del valore totale delle opere di urbanizzazione da realizzare.

L’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di esprimere il proprio avviso circa la condivisibilità o meno della suesposta interpretazione e, nel caso in cui dovesse ritenersi non corretta, di specificare quale possa essere la interpretazione più idonea a scongiurare che l’Italia possa incorrere in una procedura di infrazione comunitaria.

L’Anac ha altresì chiesto che venga espresso un parere in ordine all’incidenza, rispetto alla questione emarginata, della disposizione recata dall’articolo 35, comma 11, del Codice dei contratti allo scopo di valutare l’opportunità di inserire uno specifico richiamo all’interno del punto 2.2 delle Linee guida n. 4.

Tale norma sembra ammettere, in coerenza con quanto stabilito dall’articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE, che uno o più lotti possano essere scorporati dai restanti lotti di cui si compone l’opera, a condizione, per i lavori, che il singolo lotto valga meno di 1 milione di euro e che la sommatoria dei lotti scorporati (e aggiudicati) meno del 20% del valore complessivo dell’opera.

Il tutto potrebbe avvenire, per espressa previsione sia della direttiva che della norma nazionale, in deroga al principio sancito dall’articolo 5, paragrafo 8, della direttiva, riprodotto all’articolo 35, comma 9, del Codice.

Nella fattispecie, dunque, applicando l’articolo 35, comma 11, del Codice e sussistendo le relative condizioni, sarebbe possibile scorporare il lotto relativo alle opere di urbanizzazione primaria funzionali, affidandolo in via diretta ai sensi dell’articolo 16, comma 2-bis, del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, anche se il valore complessivo dell’opera fosse di rilevanza comunitaria.

L’Autorità chiede, quindi, conferma circa la corretta interpretazione della disposizione summenzionata, anche in relazione all’interferenza con l’articolo 35, comma 9, del Codice, allo scopo di valutare l’opportunità di inserire uno specifico richiamo all’interno del punto 2.2 delle Linee guida n. 4.

Considerato:

A) Con riferimento al primo quesito ed in via preliminare, la Commissione rileva che è già presente nella corpo della motivazione del parere n. 361, reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato il 12 febbraio 2018, l’evidente illustrazione degli elementi di interpretazione (corretta) di quanto è stato poi riprodotto dall’Autorità nazionale anticorruzione al sottopunto 2.2 del punto 2 delle Linee guida n. 4 dell’1 marzo 2018, con la conseguenza che, al fine di superare il dubbio sottoposto all’esame di questa Commissione speciale, sembra sufficiente riportarsi a detta illustrazione, non palesandosi l’assoluta necessità di prospettare una “interpretazione comunitariamente orientata” di quanto scritto al sottopunto 2.2 delle Linee guida, come invece è stato suggerito dall’Anac nella richiesta di parere pervenuta il 9 novembre 2018, prot. n. 16675.

Ed invero:

– come si è segnalato nel citato parere n. 361 del 2018, l’articolo 16, comma 2 bis, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 – a mente del quale “Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 (del medesimo art. 16, n.d.rr.), di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163” – contiene una evidente (ed eccezionale) deroga normativa all’applicazione delle disposizioni codicistiche in materia di affidamento di commesse pubbliche laddove l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria (purché realizzate “Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, (…) funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, (…)”) sia attuata direttamente dal titolare dell’abilitazione a costruire e l’importo delle stesse sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria;

– giova precisare che per “opere funzionali” si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es., fogne, strade e tutte gli ulteriori interventi elencati, in via esemplificativa, dall’articolo 16, comma 7, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) la cui realizzazione è diretta in via esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell’opera edilizia di cui al titolo abilitativo a costruire (quest’ultimo nelle varie articolazioni previste dalle leggi, anche non nazionali) e, comunque, solo quelle assegnate alla realizzazione a carico del destinatario del titolo abilitativo a costruire e da quest’ultimo specificate;

– fermo quanto sopra si presenta necessario ribadire, ancora una volta, che il calcolo complessivo delle opere di urbanizzazione, intesa nella sua interezza, è dato dalla somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato deve realizzare a scomputo, funzionali e non. Tale operazione, avente dunque ad oggetto la definizione dell’importo complessivo al quale ammonta la realizzazione delle opere di urbanizzazione, deve essere effettuata prima di ogni ulteriore valutazione circa la possibilità di applicazione della deroga di cui all’articolo 16, comma 2 bis, d.P.R. n. 380 del 2001, giacché l’operatività di quest’ultima resta direttamente condizionata dall’esito dell’accertamento in ordine al calcolo complessivo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi;

– se il valore complessivo di tali opere – qualunque esse siano – non raggiunge la soglia comunitaria, calcolata ai sensi dell’articolo 35, comma 9, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, solo allora il privato potrà avvalersi della deroga di cui all’articolo 16, comma 2 bis, d.P.R. n. 380 del 2001 ed esclusivamente per quelle funzionali;

– al contrario, qualora il valore complessivo di tali opere superi la soglia comunitaria, il privato sarà tenuto al rispetto delle regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per le opere funzionali che per quelle non funzionali;

– in termini ancora più semplici si deve ribadire l’iter logico già seguito nel parere n. 361 del 2018 di questo Consiglio, vale a dire che l’insieme delle opere di urbanizzazione il cui onere è accollato al titolare del permesso di costruire come scomputo degli oneri di urbanizzazione, deve essere considerato nel suo insieme come se fosse un’unica opera pubblica da realizzarsi contestualmente, sia pure costituita da diverse tipologie (opere di urbanizzazione primaria, primaria funzionali, secondaria) le quali, ciascuna per sé, possono essere considerate come singoli lotti in relazione alla loro singola natura (fogne, strade, illuminazione etc.). Ne consegue che, per valutare se questo complessivo appalto virtualmente unitario, composto da più opere disomogenee, superi o meno la soglia comunitaria, in applicazione dell’art. 35, comma 9, del Codice occorre sommare il valore di ciascuna di esse. Ciò refluisce, per altro, sulla soluzione al secondo quesito posto dall’Anac di cui più avanti.

– tale essendo l’iter argomentativo del sottopunto 2.2 inserito nel punto 2 delle Linee guida n. 4 del 2018, per come redatto dall’Anac in seguito al parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, spetterà alla predetta Autorità, sfuggendo tale compito ai poteri di questa Commissione speciale, valutare se si renda indispensabile o meno esternare tali motivazioni in seno alle Linee guida già approvate e quale sia la procedura corretta per effettuare tale integrazione.

B) Con un secondo quesito, del tutto nuovo rispetto alla richiesta che (a suo tempo) è stata all’origine del parere del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, l’Anac ha chiesto conferma se l’articolo 35, comma 11, del Codice dei contratti pubblici ammetta, in coerenza con quanto stabilito dall’articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE, che uno o più lotti possano essere scorporati dai restanti lotti di cui si compone l’opera, a condizione, per i lavori, che il singolo lotto valga meno di 1 milione di euro e che la sommatoria dei lotti scorporati (e aggiudicati) meno del 20% del valore complessivo dell’opera.

Questa Commissione speciale ritiene che tale lettura della norma non si ponga in contrasto con il tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE ed anzi costituisca uno strumento di “tolleranza” applicabile ogni qualvolta occorra sommare il valore di un affidamento suddiviso in più lotti.

Per semplificare, anche in questo caso il ragionamento e renderlo più comprensibile, si deve richiamare l’osservazione sopra espressa secondo cui il coacervo delle opere di urbanizzazione a scomputo addossate al titolare del permesso di costruire deve essere considerato, agli effetti del calcolo delle soglie, come una unica “opera prevista” oggetto di un unico appalto. Si è già precisato che se la sommatoria di tale coacervo supera la soglia europea tutte le opere dovranno essere assoggettate al codice.

Si rende tuttavia applicabile in questo caso anche l’art. 35, comma 11, del Codice, il quale, in diretta, letterale e pedissequa applicazione dell’art. 5, par. 10 della direttiva 2014/24/UE, stabilisce che, in via di eccezione, quando un’opera prevista può dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, e quand’anche il valore complessivo stimato della totalità dei lotti di cui essa si compone sia superiore alla soglia, ciò non ostante ai lotti frazionati in questione non si applica la direttiva, e dunque possono essere aggiudicati senza le procedure in essa previste come obbligatorie. Ciò può avvenire però a due condizione 1. Che, i lotti in cui è stata frazionata l’”opera prevista” siano ciascuno inferiore a € 1.000.000,00¸ 2. Che la somma di tali lotti non superi il 20 per cento della somma di tutti i lotti in cui l’opera prevista è stata frazionata. In questo caso per “opera prevista” si deve intendere, appunto, il coacervo delle opere di urbanizzazione addossate al titolare del permesso.

In questo senso, potendosi su tale aspetto concordare con quanto suggerito dall’Anac nel quesito qui in esame, applicando l’articolo 35, comma 11, del Codice e sussistendo le relative condizioni, sarebbe possibile scorporare il lotto relativo alle opere di urbanizzazione primaria funzionali, affidandolo in via diretta ai sensi dell’articolo 16, comma 2 bis, d.P.R. n. 380 del 2001, anche se il valore complessivo dell’opera fosse di rilevanza comunitaria, a condizione che esso fosse di valore inferiore a € 1.000.000,00, e non superasse il venti per cento di tutte le opere a scomputo addossate al titolare.

STRATEGIA NAZIONALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

wcms_486800Nella seduta del 16 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri recante indirizzi per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

Su proposta del Presidente Paolo Gentiloni il Consiglio dei Ministri ha condiviso la direttiva che affida alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il coordinamento delle politiche economiche, sociali e ambientali idonee al raggiungimento, entro il 2030, degli obiettivi indicati nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, istituendo e disciplinando a tal fine una apposita “Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile”, presieduta dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato.

L’Agenda Horizon 2030 rappresenta la sfida per gli enti locali per i prossimi dodici anni.

Si tratta di un documento molto complesso che tocca tutte le competenze dei comuno.

NON E’ CONSENTITA LA TRASFORMAZIONE DEL LASTRICO SOLARE IN TERRAZZO

TAR SALERNOCon sentenza n. 24 in data 3 gennaio 2018 il TAR Campania, Salerno, Sezione II ha esaminato una vertenza avente oggetto, tra l’altro, della sistemazione a terrazza di un lastrico solare.

Al riguardo il Collegio ha osservato in particolare c quanto segue:

Continua a leggere “NON E’ CONSENTITA LA TRASFORMAZIONE DEL LASTRICO SOLARE IN TERRAZZO”

LE RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE: IL CONSIGLIO DI STATO TORNA SULL’ARGOMENTO E DEFINISCE COSA SI DEVE INTENDERE CON QUESTO TERMINE.

rISTRUTTURAZIONEIl Consiglio di Stato, Sezione IV con la sentenza n. 4728 in data 12 ottobre scorso è intervenuto, ancora una volta per definire  quali siano i tratti caratterizzanti dell’intervento qualificabile come “ristrutturazione edilizia”, ai sensi dell’art. 3, lett. d), DPR n. 380/2001 (Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2017 n. 443; Id, 20 aprile 2017 n. 1847).

Al riguardo il Collegio ha ritenuto quanto segue:

Continua a leggere “LE RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE: IL CONSIGLIO DI STATO TORNA SULL’ARGOMENTO E DEFINISCE COSA SI DEVE INTENDERE CON QUESTO TERMINE.”

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI DI OGGI 9 GIUGNO HA APPROVATO NUMEROSI PROVVEDIMENTI IN MATERIA AMBIENTALE E IN VIA PRELIMINARE IL REDDITO DI INCLUSIONE.

consiglioministri2011Il Consiglio dei Ministri si è svolto oggi  9 giugno 2017 alle ore 11.00 a Palazzo Chigi, per l’esame del seguente ordine del giorno:

– DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2014/87/EURATOM che modifica la direttiva 2009/71/EURATOM che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari – ESAME PRELIMINARE (PRESIDENZA – SVILUPPO ECONOMICO – AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE);

– DECRETO LEGISLATIVO: Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114 – ESAME DEFINITIVO (PRESIDENZA – AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE);

– DECRETO LEGISLATIVO: Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE – ESAME DEFINITIVO (PRESIDENZA – INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – SVILUPPO ECONOMICO);

– DECRETO LEGISLATIVO: Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà – ESAME PRELIMINARE (LAVORO E POLITICHE SOCIALI);

– DECRETO LEGISLATIVO: Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016,  n. 175, recante testo unico in materia di società a partecipazione pubblica – ESAME DEFINITIVO (SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE);

– DECRETO LEGISLATIVO: Disposizioni concernenti il mercato interno del riso, in attuazione dell’ articolo 31 della legge 28 luglio 2016, n. 154 – ESAME PRELIMINARE (POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI);

– DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: Attuazione della direttiva 2014/90/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 sull’equipaggiamento marittimo che abroga la direttiva 96/98/CE del Consiglio – ESAME PRELIMINARE (PRESIDENZA – INFRASTRUTTURE E TRASPORTI);

IL TITOLARE DELL’UFFICIO TECNICO E’ RESPONSABILE PER L’OMESSO ADEGUAMENTO DEGLI ONERI DI COSTRUZIONE ALLE VARIAZIONI DEI COSTI INDIVIDUATE DALL’ISTAT

corte-dei-conti PUGLIACom’è noto, ai sensi del comma 1 dell’art. 16 del DPR 380/2001 il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione,

A sua volta, in base al comma 9 del medesimo articolo 16  il costo di costruzione per i nuovi edifici e’ determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l’edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell’articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457. Con lo stesso provvedimento le regioni identificano classi di edifici con caratteristiche superiori a quelle considerate nelle vigenti disposizioni di legge per l’edilizia agevolata, per le quali sono determinate maggiorazioni del detto costo di costruzione in misura non superiore al 50 per cento. Nei periodi intercorrenti tra le determinazioni regionali, ovvero in eventuale assenza di tali determinazioni, il costo di costruzione e’ adeguato annualmente, ed autonomamente, in ragione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Il contributo afferente al permesso di costruire comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 per cento al 20 per cento, che viene determinata dalle regioni in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.

Di recente la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Puglia con Sentenza n. 229/2017 ha individuato un danno erariale a carico del responsabile del Servizio tecnico per aver omesso di provvedere a segnalare e a proporre formalmente all’organo deliberante l’adozione della deliberazione di adeguamento ISTAT dell’onere di costruzione posto a carico dei privati.

La sentenza la trovate qui 229/2017

LA CORTE COSTITUZIONALE DICHIARA NON FONDATE LE QUESTIONI DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE SULLE NORME CHE HANNO INTRODOTTO IL REGOLAMENTO EDILIZIO TIPO

Corte costituzionale xxxLa Corte Costituzionale ha pubblicato ieri la sentenza n. 125 del 5 aprile scorso, relativa ad alcuni ricorsi con i quali la Regione Puglia e la Provincia autonoma di Trento,  hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose norme del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. 1.1.

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IL DISEGNO DI LEGGE 1994 PER STABILIRE I CRITERI DI PRIORITA’ PER L’ABBATTIMENTO DEGLI IMMOBILI ABUSIVI

abusiIl territorio italiano è pieno di immobili edificati abusivamente. I Comuni spesso si trovano in difficoltà oltre per l’asserita carenza di fondi, anche per scegliere le priorità,

Sin dal 2014 è stata presentata una proposta di legge (AC 1994) per affrontare questo problema che nei passaggi tra Camera e Senato ancora non vede la luce.
Il testo in discussione prevede che il pubblico ministero presso la Procura della Repubblica competente, ai sensi degli articoli 655 e seguenti del codice di procedura penale, ad eseguire le procedure di demolizione delle opere abusive disposte, ai sensi dell’articolo 31, comma 9, con la sentenza di condanna di cui all’articolo 44, in caso di pluralità di procedure da attivare, osserva i seguenti criteri di priorità:
a) immobili che, per condizioni strutturali, caratteristiche o modalità costruttive ovvero per qualsiasi altro motivo, costituiscono un pericolo, già accertato, per la pubblica e privata incolumità, anche nel caso in cui l’immobile sia abitato o comunque utilizzato;
b) immobili in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati;
c) immobili, anche abusivamente occupati, utilizzati per lo svolgimento di attività criminali;
d) immobili di qualsiasi valore e dimensione, anche se abitati dai componenti della famiglia, nella disponibilità di soggetti condannati per i reati di cui all’articolo 416-bis del codice penale o per i delitti aggravati ai sensi dell’articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, o di soggetti colpiti da misure di prevenzione irrevocabili ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e sempre che non siano acquisibili al patrimonio dello Stato;
e) immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o in zona soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico ovvero a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico;
f) immobili di complessi o villaggi turistici o comunque oggetto di lottizzazione abusiva;
g) immobili non stabilmente abitati (seconde case, case di vacanza);
h) immobili adibiti ad attività produttive di tipo industriale o commerciale;
i) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che dispongano di altra soluzione abitativa;
l) altri immobili non compresi nelle categorie sopraindicate, ad eccezione di quelli di cui alla lettera m);
m) immobili abitati, la cui titolarità è riconducibile a soggetti appartenenti a nuclei familiari che non dispongano di altra soluzione abitativa, con contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in stato di indigenza.
In ogni caso quando viene predisposto il bilancio di previsione sia a livello politico che tecnico ci si dovrebbe preoccupare di stanziare fondi sufficienti per provvedere alle demolizioni….anche se ciò è impopolare……