Con l’elezione del nuovo Parlamento molti auspicano che scocchi finalmente in tutto il paese “L’ora legale”[1]
La più grande innovazione può essere rappresentata proprio dal rispetto della legalità, un tema questo che ho affrontato nel mio “Il Sindaco di tutti: come gestire il Comune per un risultato durevole”.
Il problema coinvolge sia le amministrazioni centrali che quelle locali.
Molte norme vengono rispettate per un certo periodo di tempo ma poi, lentamente, progressivamente cominciano ad essere disattese…
Si tratta quindi di una questione che qualunque amministratore serio deve affrontare non appena insediato: l’esigenza di assicurare legalità nella propria città e nella gestione della cosa pubblica[2].
Purtroppo il desiderio di legalità è molto diffuso tra i cittadini, ma è ancora troppo basso all’interno degli enti locali che spesso non prestano la dovuta attenzione a questo problema.
L’impegno deve essere duplice: da una parte per alzare il livello di contrasto alla malavita organizzata nella città, coinvolgendo la Prefettura, la Questura e le Forze dell’ordine, per impedire le infiltrazioni mafiose, dall’altra per prevenire che la corruzione contagi l’amministrazione.
Benché la Costituzione stabilisca che «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…» (art.54, comma 2) e «con imparzialità» (art.97), c’è ancora molta strada da fare per vedere rispettati questi principi.
L’Italia, nonostante i progressi compiuti, vanta in questo campo un triste primato negativo, collocandosi nella graduatoria stilata per l’anno 2017 da Trasparency International al 54° posto (nel 2014 era al 69° e nel 2012 era al 72°) nella percezione della lotta alla corruzione ed è uno dei peggiori paesi dell’Unione Europea.
L’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 31 ottobre 2003 ha approvato una Convenzione contro la corruzione, ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116. Esiste anche la Convenzione penale sulla corruzione, firmata a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n.110.
Questi atti fino ad oggi hanno rappresentato un’opportunità unica per adeguare le legislazioni dei paesi firmatari nonché elevare gli standard interni di contrasto alla corruzione sotto l’aspetto dell’adeguamento delle cornici normative degli stati membri ai principi della convenzione.
Purtroppo alla ratifica di queste convenzioni non sono seguiti per molti anni fatti concreti.
Secondo Il Presidente Emerito G. Napolitano “La lotta alla corruzione è un versante fondamentale dell’impegno a riscostruire la credibilità e l’autorità della politica…”[3].
Un forte richiamo alla legalità nella vita quotidiana e civile è stato fatto dal Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso di fine anno il 31 dicembre 2015:
“Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità per il valore della legalità. Soprattutto i più giovani esprimono il loro rifiuto per comportamenti contrari alla legge perché capiscono che malaffare e corruzione negano diritti, indeboliscono la libertà e rubano il loro futuro. Contro le mafie stiamo conducendo una lotta senza esitazioni, e va espressa riconoscenza ai magistrati e alle forze dell’ordine che ottengono risultati molto importanti. Vi è, poi, l’illegalità di chi corrompe e di chi si fa corrompere. Di chi ruba, di chi inquina, di chi sfrutta, di chi in nome del profitto calpesta i diritti più elementari, come accade purtroppo spesso dove si trascura la sicurezza e la salute dei lavoratori. La quasi totalità dei nostri concittadini crede nell’onestà. Pretende correttezza. La esige da chi governa, ad ogni livello; e chiede trasparenza e sobrietà. Chiede rispetto dei diritti e dei doveri.”[4]
Il Procuratore generale della Corte dei Conti nella sua ultima relazione annuale ha lanciato l’allarme per la corruzione nella pubblica amministrazione in Italia, puntando il dito su truffe e sprechi e ha sollecitato maggiori controlli.
Nel mirino in particolare sono proprio gli enti locali ove sono maggiori le manipolazioni ma anche le opere incompiute e la mala gestione del patrimonio pubblico.
Comportamenti diffusi che, sottolinea la Corte, pregiudicano l’immagine della pubblica amministrazione.
Naturalmente sono misurati solo i reati denunciati, manca tutto il sommerso, cioè tutti i comportamenti illeciti che non arrivano alla conoscenza della Magistratura.
È stato più volte affermato che la corruzione è caratterizzata da molteplici sfaccettature e spesso si presenta così pervasiva da essere considerata una normale prassi[5].
Il fenomeno è talmente variegato e subdolo che è difficile distinguerlo da altri tipi di atti illegali o addirittura da comportamenti che sono considerati legali, ma eticamente inaccettabili[6]. Come si è visto i pericoli maggiori vengono dalla associazione tra corruzione e organizzazioni criminose.
Corruzione significa anche perdita di competitività. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali internazionali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita.
C’è un costo della corruzione non facilmente determinabile, ma senza dubbio elevato[7]. Per arginare il fenomeno della corruzione, la risposta repressiva da sola non basta: si rende necessaria l’adozione di strategie a carattere preventivo.
È necessario, in particolare, che le pubbliche amministrazioni locali adottino codici di comportamento che soddisfino standard minimi tra cui: l’adozione di procedure idonee a prevenire e a individuare comportamenti illeciti, la rotazione dei dirigenti, l’attuazione di programmi di formazione del personale in materia: un maggiore e credibile impegno del management[8].
Si tratta, detto in parole povere, di stabilire con i fatti una politica di rigore verso la corruttela.
La Magistratura interviene laddove il fatto corruttivo si è già manifestato per giudicare i responsabili, ma non può certamente svolgere attività di prevenzione o rimuoverne le cause[9].
È necessario promuovere nelle città la conoscenza del fenomeno della corruzione e diffondere la cultura della legalità nelle istituzioni, nella società civile[10] e nella scuola[11]. Occorre anche che gli amministratori Comunali si impegnino per prevenire i comportamenti illeciti nei confronti della Pubblica amministrazione e questo si può fare solo aumentando la trasparenza di tutti gli atti e le attività.
Ora la Legge 6 novembre 2012, n.190, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione stabilisce che la Giunta individui un responsabile e che su sua proposta adotti il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica[12].
L’art. 1 della predetta L.190/2012 istituisce l’Autorità nazionale Anticorruzione (ANAC) ed individua gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.
A sua volta l’ANAC con Deliberazione n. 50/2013 ha approvato “Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2014-2016” e poi con successiva deliberazione n. 72/2013[13] ha approvato in via definitiva il Piano Nazionale Anticorruzione, il che permette di disporre di un quadro unitario e strategico di programmazione delle attività per prevenire e contrastare la corruzione nel settore pubblico e crea le premesse perché le amministrazioni possano redigere i loro piani triennali per la prevenzione della corruzione e, di conseguenza, predisporre gli strumenti previsti dalla legge 190/2012[14].
I meccanismi anticorruzione devono essere rafforzati anche nelle società partecipate e/o controllate dagli enti locali.
L’approvazione definitiva del Piano rappresenta, quindi, un passo importante perché si possa dare attuazione alle politiche di prevenzione e anche per consentire all’ANAC di esercitare le proprie attività di vigilanza. Il Piano prevede l’ambito soggettivo di applicazione del Piano, i contenuti minimi dei piani triennali delle amministrazioni e l’aggiornamento annuale del Piano, che dovrebbe essere un documento programmatico a scorrimento.
Entro il 31 dicembre di ogni anno il responsabile di ciascun Comune deve pubblicare sul sito la propria relazione annuale in base ad uno schema approvato dall’ANAC con delibera n. 148/2014.
Appare opportuno aggiornare periodicamente il Piano con l’affinamento degli indicatori per la misurazione dell’efficacia di politiche e strumenti di prevenzione della corruzione, la definizione dei contenuti minimi dei piani di formazione in tema di anticorruzione e dei criteri in base ai quali viene articolata l’offerta formativa pubblica in tema di anticorruzione, la definizione degli aspetti organizzativi della funzione di coordinamento nelle diverse categorie di amministrazioni, l’articolazione delle politiche di prevenzione differenziate per settore, l’introduzione di iniziative nazionali di prevenzione a carattere trasversale, l’individuazione di buone pratiche, nonché la previsione e il coordinamento di iniziative per la diffusione del Piano e della cultura della legalità per migliorare l’efficacia delle politiche di prevenzione.
Dopo tanti anni si tratta finalmente di un passo avanti per cercare di allineare la normativa italiana a quella degli altri paesi europei e per contrastare il fenomeno della corruzione.
Naturalmente il piano che ciascun Comune deve adottare riguarda solamente i dirigenti ed il personale.
Ciò presuppone che siano rispettati i reciproci ruoli e le competenze tra amministratori e dirigenti responsabili, rafforzando il ruolo dei dirigenti e la loro qualificazione professionale[15], ma anche che sia applicato in maniera appropriata il Codice di comportamento dei dirigenti, con il quale hanno assunto rilievo disciplinare quelle che prima erano solo regole di condotta, in base ad una progressiva giuridicizzazione delle regole etiche[16].
Con il D.P.R 62/2013 è stato approvato il nuovo[17] Codice di comportamento dei dipendenti pubblici a norma dell’art.54 del D.lgs 165/2001 che ha fissato i doveri minimi di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta, confermando il rilievo disciplinare della violazione dei principi in esso contenuti.
L’ANAC ha inoltre approvato anche con Deliberazione n. 75/2013 delle Linee guida in materia di codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni (art. 54, comma 5, d.lgs. n. 165/2001).
Moltissimi enti locali hanno approvato a loro volta i provvedimenti per recepire queste disposizioni, ma la loro concreta attuazione in molti casi rischia di rimanere lettera morta in quanto, nonostante il tempo trascorso pochi Comuni hanno dato il via alla rotazione dei dirigenti e molte deliberazioni sembrano fatte apposta per eludere questo importante principio.
Nonostante tutto ciò sembra che viga ancora il detto “Carte a posto e imbrogli in quantità” proprio di alcuni alti dirigenti i quali pur di rimanere al loro posto fanno di tutto per accondiscendere alle voglie di alcuni politici di basso livello che per poter raggiungere i loro obiettivi hanno bisogno della copertura formale degli atti amministrativi che proprio i dirigenti sono chiamati a redigere.
Il problema della ripartizione delle competenze e delle responsabilità tra politici e dirigenti che sembrava fosse stato risolto con il D.lgs 29/93 torna prepotentemente di attualità là dove i dirigenti non sanno dire di no e divengono complici accettando benefici di vario genere tra i quali va annoverato anche quello di mantenere il posto occupato.
Per quanto riguarda invece le responsabilità dei membri della Giunta e dei consiglieri, molti comuni non si sono ancora dotati del “Codice degli eletti”: si tratta di principi etici cha hanno l’obiettivo di incoraggiare un comportamento conforme all’etica nel servizio pubblico, approvati dal Consiglio dell’OCSE il 23 aprile 1998, ripresi dal Congresso dei Poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa che ha votato il Codice europeo di comportamento per gli eletti locali e regionali (Risoluzione n. 60/1999).
Naturalmente chiunque si impegni nella lotta alle mafie e alla corruzione si espone a reazioni che possono andare dall’aggressione fisica, alle minacce ed alle intimidazioni[18]; il fenomeno è talmente vasto che il Presidente del Senato, Sen. Grasso, nel 2013 ha provveduto alla istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta che nel mese di febbraio 2018 ha approvato la sua Relazione conclusiva.
[1]Titolo del film del 2017 diretto da S.Ficarra e V.Picone
[2]G.KOENING, Il fascino discreto della corruzione, Bompiani Editore, Milano, 2010
[3]G.NAPOLITANO, La via maestra, Conversazione con F. Rampini Mondadori Editore, Milano, 2014
[4] Il testo integrale si può trovare sul sito web della Presidenza della Repubblica: http://www.quirinale.it
[5]L.CIOTTI, N.VENDOLA, Dialogo sulla legalità, Manni Editore, San Cesario (LE) 2005
[6]M.A.TESI, Le tipologie della corruzione, Giappichelli Editore, Torino, 2012
[7]M.ARNONE, E.ILIOPULOS, La corruzione costa, effetti economici, istituzionali e sociali, Vita e Pensiero Editore, Milano, 2005
[8]L.OLIVIERI, Anticorruzione negli enti locali, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2013
[9]P.DAVIGO, G.MANNOZZI, La corruzione in Italia, Laterza, Roma-Bari, 2007
[10]S.G.SANTAGATA, Educazione alla legalità, le istituzioni, i cittadini la ndrangheta negli ultimi trent’anni, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli,
[11]A.SARFATTI, G.COLOMBO, Educare alla legalità, Salani Editore, Milano, 2011
[12]Si veda anche la Circolare n.1 del 23 gennaio 2013 proprio del DFP che ha fornito indicazioni per l’individuazione del responsabile della prevenzione della corruzione, rammentando come in fase di prima applicazione il termine per l’approvazione del Piano sia stato fissato al 31 marzo 2013; questo termine non è comunque da considerarsi perentorio, in attesa dell’approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione, come ricordato dalla Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni pubbliche.
[13]CIVIT deliberazione 11 settembre 2013, n. 72 Approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione
[14]Con Deliberazione n. 66/2013 l’ANAC ha inoltre definito le modalità di applicazione del regime sanzionatorio per la violazione di specifici obblighi di trasparenza (art. 47 del D.lgs n. 33/2013)
[15]Il Decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche all’art. 4 prevede con precisione la ripartizione dei ruoli.
[16]P.M.ZERMAN, Il nuovo codice di comportamento I doveri del dirigente pubblico, cit.
[17]Sostituisce quello precedente approvato con decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre 2000, recante “Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”
[18]AVVISO PUBBLICO, Amministratori sotto tiro, intimidazioni mafiose e buona politica, rapporto 2011-2012, Dicembre 2012