La Corte di Cassazione in data 27 ottobre ha emesso l’Ordinanza n. 25631/2017 in merito ad una vertenza che vedeva un’istituto bancario agire contro il Comune per un incarico affidato senza un contratto scritto.
La questione giuridica riguarda il rapporto tra la forma scritta prevista per la generalità dei contratti della P.A. – risalente all’art. 17 r.d. n. 2440/1923 e, per i Comuni, all’art. 87 del r.d. n. 383 del 3 marzo 1934 – che è ad substantiam, quindi a pena di nullità, rilevabile d’ufficio ed eccepibile anche dalla controparte della P.A., salvo che sulla validità del contratto sia formato un giudicato (Cass. n.12880/2010, n. 1702/2006), e la forma scritta dei contratti di intermediazione finanziaria, la cui mancanza, a norma dell’art. 23, comma 3, t.u.f., è rilevabile solo dal cliente e, quando cliente sia una P.A., solo da quest’ultima, cioè nella fattispecie dal Comune di *** (cfr. anche gli artt. 117, comma 1, e 127, comma 2, del t.u.b., approvato con d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, cd. t.u.b.).
Le ragioni di fondo della forma scritta ad substantiam dei contratti della pubblica amministrazione non sono volte a tutelare gli interessi sia pure pubblici ma settoriali (cioè inerenti all’ambito delle attribuzioni) di un determinato ente pubblico, quanto gli interessi generali della collettività che soverchiano quelli dell’ente pubblico che è parte in causa, quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa e di tutela delle risorse pubbliche, in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della P.A., a norma dell’art. 97 Cost. (tra le tante, Cass. n. 6555/2014, n. 1702/2006).
Per queste ragioni si spiega il rigore della giurisprudenza la quale richiede che i contratti della P.A. (ancorché essa agisca iure privatorum) debbano essere stipulati mediante atti formali, redatti per iscritto dall’organo rappresentativo esterno dell’ente pubblico, munito dei poteri necessari per vincolare l’amministrazione, e dall’altro contraente; soprattutto, si spiega il principio secondo cui la nullità del contratto privo della forma ad substantiam – come si è detto – è rilevabile d’ufficio dal giudice ed è insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, senza possibilità di ravvisarne la stipulazione per facta concludentia o in modo implicito da singoli atti (tra le tante, Cass. n. 1236/2015, 21477/2013) o di desumere la forma scritta dall’emanazione di una delibera autorizzativa che è atto interno, di natura preparatoria, inidoneo ad impegnare l’ente (tra le tante, Cass. n. 1167/2013, n. 4532/2008).
È necessario precisare però che la forma scritta ad substantiam non può dirsi osservata solo nel caso in cui il vincolo contrattuale sia consacrato in un unico documento contrattuale recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo essa realizzarsi anche con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l’accettazione, vale a dire di distinte scritture formalizzate e inscindibilmente collegate, entrambe sottoscritte, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo, secondo lo schema della formazione del contratto tra assenti.
Qui trovate l’Ordinanza integrale: