IL CONSIGLIO DI STATO HA ESPRESSO IL PARERE SULLO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO DEL MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA’ CULTURALI PER GLI APPALTI DEI LAVORI RIGUARDANTI I BENI CULTURALI.

consiglio-di-stato-05L’art. 146 comma 4 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice degli appalti pubblici e delle concessioni)  stabilisce quanto segue:  “Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, sono stabiliti i requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e le modalità di verifica ai fini dell’attestazione. Il direttore tecnico dell’operatore economico incaricato degli interventi di cui all’articolo 147, comma 2, secondo periodo, deve comunque possedere la qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della normativa vigente. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma si applica l’articolo 216, comma 19”.

Quest’ultimo, recante “Disposizioni transitorie e di coordinamento”, al comma 19 stabilisce che: “Fino alla data di entrata in vigore del decreto previsto dall’articolo 146, comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo IX, capi I e II, nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207”. Si tratta delle disposizioni di cui agli articoli da 178 a 210 del D.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2016, n. 163).

Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha predisposto e trasmesso per il prescritto parere lo schema del decreto al Consiglio di Stato.

Lo schema di decreto è costituito da ventotto articoli suddivisi in sei Titoli: Titolo I (Disposizioni generali) comprendente gli articoli 1-3; Titolo II (Requisiti di qualificazione), suddiviso in due Capi [Capo I (Requisiti di qualificazione degli esecutori di lavori riguardanti i beni culturali), comprendente gli articoli 4-12; Capo II (Requisiti di qualificazione dei direttori tecnici), costituito dal solo articolo 13]; Titolo III (Progettazione e direzione di lavori riguardanti i beni culturali), suddiviso in due Capi [Capo I (Livelli e contenuti della progettazione), comprendente gli articoli 14-21; Capo II (Soggetti incaricati dell’attività di progettazione e direzione lavori), comprendente il solo articolo 22]; Titolo IV (Somma urgenza), comprendente l’articolo 23; Titolo V (Esecuzione e collaudo dei lavori riguardanti i beni culturali) comprendente gli articoli 24-26; Titolo VI (Disposizioni finali), comprendente gli articoli 27 e 28.

Lo schema mutua in buona parte la previgente disciplina regolamentare contenuta nel d.P.R. n. 207 del 2010 e nel d.m. n. 294 del 2000, e si pone in continuità con la disciplina previgente, salvi limitati aggiornamenti.

Si tratta di un “regolamento classico”, con la peculiarità che si ha un regolamento autonomo per i lavori relativi a beni culturali, mentre nel vigore del previgente Codice dei contratti la disciplina era contenuta nel regolamento generale.

Si passa così dal regolamento governativo a quello interministeriale, con un iter procedimentale più snello, e viene, inoltre, perseguito l’obiettivo di raccogliere in un testo normativo unitario ed organico la “disciplina speciale” per gli appalti di lavori riguardanti i beni culturali.

L’esigenza di organicità sottesa alla scelta del Codice di affidare ad un regolamento ad hoc la normativa secondaria riguardante i lavori relativi a beni culturali, tuttavia, andrebbe ulteriormente perseguita sotto un duplice profilo.

Da un lato, attraverso l’attuazione – se non contestuale, almeno coordinata – anche di altre parti del Codice relative ai beni culturali, (ad esempio, l’articolo 25, comma 2, sull’elenco degli istituti archeologici qualificati per le indagini archeologiche preliminari).

Dall’altro lato, reintroducendo l’attuazione della disciplina della figura del “restauratore” e del “collaboratore restauratore”: questa disciplina (essenziale per l’attuazione delle norme in esame) è già presente negli artt. 7 e 8 del d.m. n. 294 del 2000, abrogato dal decreto interministeriale in oggetto, ma poi è stata superata (sia pure solo a livello primario) dall’articolo 182 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).

IL TESTO INTEGRALE DEL PARERE SI TROVA QUI:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=CPW52AEPSPIPXN6FBOJFC6LGRA&q=

ENTRO IL 31 GENNAIO I COMUNI DEVONO APPROVARE IL PIANO TRIENNALE PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

redOggi 31 gennaio scade il termine per i Comuni di approvare il Piano triennale per la Prevenzione della corruzione 2017-2019.

Nel contesto del  Piano, che ha funzione preventiva in materia di corruzione amministrativa, il concetto di corruzione deve essere inteso, in senso lato, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso, da parte di un soggetto, del potere a lui attribuito al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono, quindi, più ampie della fattispecie penalistica disciplinata dagli articoli 318, 319 e 319-ter del Codice Penale, e sono tali da ricomprendere, non solo l’intera gamma dei delitti contro la Pubblica Amministrazione, ma anche le situazioni in cui, a prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza un malfunzionamento dell’Amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite. Per illegalità si intende la strumentalizzazione della potestà pubblica per fini privati.
L’illegalità può concretizzarsi, oltre che nelle difformità di atti e comportamenti alle norme di riferimento, nel perseguire illegittimamente un fine proprio a detrimento dell’interesse pubblico e/o nell’utilizzo di risorse pubbliche per perseguire un interesse privato. In sintesi, la corruzione è un fenomeno multiforme ma segue logiche e modelli che si ripetono e, pertanto, la sua prevenzione richiede una strategia articolata e le occasioni di corruzione vanno ricercate anche in condotte che sono fonte di responsabilità diverse da quella penale.

Il Piano per la Prevenzione della Corruzione è un documento di carattere programmatico attraverso il quale il Comune individua le aree e i processi nei quali il rischio di corruzione è più elevato.

Finalità del Piano è anche il superamento della mera rilevanza penale dei fenomeni corruttivi a favore di un processo culturale e sociale in cui si innesti una politica di prevenzione volta ad incidere sulle cosiddette occasioni della corruzione e individuare le misure per gestire il rischio in modo da prevenire la corruzione, nell’ambito della propria attività amministrativa, in attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 190 del 6 novembre 2012 come modificata ed integrata dal decreto legislativo n. 97 del 25 maggio 2016.

Grazie ai provvedimenti adottati dal Governo e a caduta dalle amministrazioni centrali e locali la cultura della prevenzione della corruzione anche attraverso una maggiore trasparenza degli atti inizia, anche se lentamente, a pervadere tutta la Pubblica amministrazione.

La percezione da parte dei cittadini è ancora molto limitata, ma mi auguro che in breve le cose possano essere modificate.

LA PRESENTAZIONE DEI CAMPIONI IN SEDE DI GARA…UNA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO…

consiglio-di-stato-aulaUna sentenza del Consiglio di Stato n. 371 del 30 gennaio affronta un tema interessante: quello della presentazione dei campioni in sede di gara.

Nelle motivazioni della sentenza leggiamo che la  giurisprudenza (Cons. Stato, III, 8 settembre 2015, n. 4191) ritiene che la funzione assegnata dall’art. 42, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 163 del 2006 alla campionatura non è di integrare, essa stessa, l’offerta tecnica, bensì di comprovare, con la produzione di capi o prodotti dimostrativi detti appunto “campioni”, la capacità tecnica dei concorrenti e la loro effettiva idoneità a soddisfare le esigenze, spesso complesse, delle stazioni appaltanti.

Il campione non è, dunque, un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo dell’offerta tecnica, che consente all’Amministrazione di considerare e vagliare l’idoneità tecnica del prodotto offerto: non è sua parte integrante, per quanto sia oggetto di un’apposita valutazione da parte della Commissione giudicatrice, perché la sua funzione è quella, chiaramente stabilita dall’art. 42, comma 1, lett. l), d.lgs. n. 163 del 2006, di fornire la “dimostrazione delle capacità tecniche dei contraenti”, per gli appalti di forniture, attraverso la “produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire”.

E’ evidente, pertanto, che l’eventuale adempimento alla richiesta di produzione di un campione non costituisce, ai sensi della lex specialis, stando alla richiamata giurisprudenza, un adempimento essenziale ai fini dell’ammissibilità dell’offerta.

Non trattandosi di elemento essenziale dell’offerta e attenendo la clausola invocata dall’appellante a un requisito di ammissione non previsto dalla legge o da altri atti normativi, la previsione incorre nel divieto posto dall’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, come bene affermato dalla gravata sentenza: si tratta di clausola nulla, rilevabile ex officio ex art. 31, comma 1, Codice di procedura amministrativa.

Il testo integrale della sentenza lo trovate qui:

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/AmministrazionePortale/DocumentViewer/index.html?ddocname=L6JYFL5TD4X4DBZGTN37NB3IAU&q=CAMPIONE

IN DISCUSSIONE OGGI AL SENATO IN VIA DEFINITIVA LA PROPOSTA CONTRO IL BULLISMO NELLE SCUOLE

bullism_555Oggi 31 gennaio i Senatori proseguono la discussione sul disegno di legge n. 1261-B riguardante “Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”,  presentato dalla Senatrice Elena Ferrara  (già approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei deputati) – Il Relatore è il Senatore Francesco PALERMO.

La proposta di legge in discussione oggi è volta a prevenire e contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, in particolare con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, privilegiando azioni di carattere formativo ed educativo rivolte anche agli infraventunenni che frequentano le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado.

Il disegno di legge in primo luogo definisce  il termine «bullismo»,  intendendo con questo termine l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, idonee a provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali e sociali della vittima.

La proposta di legge  è rivolta anche a contrastare il «cyberbullismo», termine con il quale  si intende qualunque comportamento o atto rientrante fra quelli indicati in precedenza e perpetrato attraverso l’utilizzo di strumenti telematici o informatici.

Il testo integrale dell’ultima versione del DDL 1261-B lo trovate qui:

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DDLCOMM/1000955/index.html

UN COMUNE DOPO AVER ADERITO ALLA CENTRALE UNICA DI ACQUISTO NON PUO’SVINCOLARSI E FARE LE GARE IN MANIERA AUTONOMA

tar-veneziaUna interessantissima ed attuale sentenza del TAR del Veneto, Sezione I, n. 85  del 26 gennaio 2017 affronta il problema di un Comune che, pur avendo aderito ad una centrale Unica di Acquisto ha proseguito ad effettuare gare autonomamente.

A seguito del ricorso di una delle imprese partecipanti alla gara il TAR ha ritenuto che la censura di violazione delle competenze spettanti alla Centrale Unica di Committenza è fondata e da accogliere con le seguenti argomentazioni:

Invero, la convenzione costitutiva della suddetta Centrale Unica, stipulata tra i Comuni di *** (capofila), ***, *** e *** … ed avente ad oggetto “la gestione in forma associata dei compiti e delle attività connesse in materia di gara per l’affidamento dei lavori e per le acquisizioni di beni e servizi di competenza dei Comuni associati”, prevede che la Centrale Unica “svolge le funzioni di amministrazione aggiudicatrice e provvede ad aggiudicare appalti di lavori, forniture e servizi richiesti e destinati ai comuni aderenti ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 50/2016” (cfr. art. 1, commi 1 e 4). Per il perseguimento dei fini della gestione associata, elencati dal comma 5 dell’art. 1, “viene costituito un ufficio comune per l’esercizio associato delle funzioni, attività e servizi denominato Centrale Unica di Committenza (C.U.C.)”.

L’art. 2 della convenzione provvede a specificare l’ambito in cui si esplica l’attività della Centrale, individuandolo nelle procedure ad evidenza pubblica per importi a base d’asta sopra soglia e sotto soglia comunitaria, ex artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 50/2016. La disposizione elenca inoltre – e si reputa che l’elenco abbia carattere tassativo – i settori esclusi dalla competenza della Centrale (per es. gli affidamenti di lavori di valore inferiore ad € 150.000,00 e le acquisizioni di beni e servizi di valore inferiore ad € 40.000,00).

Particolarmente significativa, ai fini che qui interessano, è la disciplina dettata dall’art. 3 della citata convenzione, che elenca le attività svolte, nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, dalla C.U.C., e quelle che rimangono, invece, di competenza dei Comuni associati. Nello specifico, oltre ad una serie di attività prodromiche (dall’individuazione della procedura di scelta del contraente alla collaborazione con i Comuni associati per l’individuazione dei contenuti dello schema di contratto, alla predisposizione e adozione della modulistica), la Centrale gestisce tutto il procedimento di gara sino all’aggiudicazione provvisoria, alla redazione dei verbali di gara ed alla verifica dell’anomalia dell’offerta (v. la lett. g) dell’art. 3, comma 1). Essa provvede, altresì, a pubblicare l’aggiudicazione definitiva (lett. i) dell’art. 3, comma 1). I Comuni associati restano competenti a svolgere una serie di attività, tra cui l’assunzione della determinazione di aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto, oltre a quelle attinenti alla fase esecutiva di questo.

La durata della convenzione è stabilita dall’art. 4 in tre anni dalla data di sottoscrizione. Il sito web istituzionale del capofila Comune di *** precisa (all. 20 al ricorso) che la convenzione de qua è stata approvata con deliberazioni dei Consigli comunali dei Comuni associati … deve, perciò, ritenersi che la convenzione stessa fosse già in vigore alla data di indizione della procedura di gara per cui è causa (indetta con determinazione n. 243 del 14 giugno 2016 del Comune di ***): del resto, il bando di gara indica come amministrazione aggiudicatrice, più volte, la ridetta Centrale Unica.

In sede di discussione del ricorso le Amministrazioni intimate hanno obiettato che il completamento dell’iter della convenzione in esame sarebbe avvenuto il 5 luglio 2016, cosicché è solo da detta data che la convenzione stessa avrebbe acquistato efficacia. Tuttavia, anche qualora tale obiezione fosse meritevole di condivisione, ne deriverebbe ugualmente l’applicabilità della ridetta convenzione alla gara per cui è causa, alla stregua del principio “tempus regit actum”, in forza del quale gli atti ed i provvedimenti amministrativi sono disciplinati dalle norme vigenti all’epoca della loro emanazione, da rinvenirsi nel momento conclusivo della fase costitutiva (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 1° aprile 2016, n. 203; T.A.R. Marche, Sez. I, 13 novembre 2012, n. 729).

Si consideri, al riguardo, che la nomina della Commissione di gara è avvenuta con atto del 28 luglio 2016, cioè ben dopo “il completamento dell’iter” della convenzione istitutiva della Centrale Unica e lo stesso deve dirsi per le sedute in cui la Commissione di gara ha proceduto alla valutazione delle offerte (svoltesi il 29 luglio 2016 e il 4 agosto 2016).

Se ne evince la sostanziale irrilevanza della surriferita obiezione.

Orbene, alla luce della convenzione de qua, risulta fondata la doglianza della ricorrente, secondo cui la procedura di gara avrebbe dovuto essere svolta dalla Centrale Unica e non – com’è invece in concreto avvenuto – dal Comune di ***: in particolare, la nomina della Commissione di gara, che ha svolto la valutazione delle offerte tecniche e delle offerte economiche delle partecipanti, sarebbe stata di competenza della Centrale Unica. Ed invero, il carattere generale ed onnicomprensivo della formulazione dell’art. 3 della convenzione, che limita a tassative ipotesi gli affidamenti esclusi dal suo ambito applicativo, induce a ritenere che rientri nel ridetto ambito anche la procedura per cui è causa, pur avendo la stessa ad oggetto una concessione, e non già un appalto, di servizi (cfr. subito infra).

Non convincono le obiezioni sollevate sul punto dalle difese del Comune e della Centrale Unica – di tenore curiosamente identico, pur a fronte della divergente ed anzi opposta posizione sostanziale –, secondo cui, dal fatto che la procedura avesse ad oggetto l’affidamento della concessione, e non dell’appalto, del servizio di refezione scolastica, deriverebbe l’inapplicabilità alla fattispecie de qua della disciplina in materia di centrali uniche di committenza, ed in particolare dell’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016, stante il mancato richiamo a tale disposizione da parte della lex specialis di gara (che si è limitata a richiamare l’art. 166 del d.lgs. n. 50 cit.).

In contrario, tuttavia, il Collegio ritiene che il Comune di *** si sia autovincolato al rispetto della disciplina sulle centrali uniche di committenza, stipulando la convenzione istitutiva della C.U.C., la quale, come appena detto, ha carattere generale e si deve, pertanto, giudicare applicabile anche alle gare che abbiano ad oggetto le concessioni di servizi.

Ad opinare diversamente, del resto, potrebbero aversi conseguenze aberranti e cioè che i Comuni associati, mediante la strutturazione del servizio in termini di concessione, anziché di appalto (come ben potrebbe accadere, attese le affinità e distinzioni tra le due figure: cfr., ex plurimis, Corte Giust. CE, 13 ottobre 2005, n. 458, “Parking Brixen GmbH AG”; T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 5 maggio 2006, n. 310), eludano il vincolo a cui si sono sottoposti con la convenzione istitutiva della Centrale Unica e, soprattutto, si sottraggano all’applicazione dell’art. 37 del d.lgs. n. 50/2016: ciò che appare grave nel caso ora all’esame, tenuto conto che il Comune di Cerea non è capoluogo di provincia e non sembra disporre dei requisiti di qualificazione per indire autonomamente la procedura di gara di cui trattasi.

Né vale l’obiezione che la Centrale Unica era sfornita di un proprio apparato organizzativo, poiché in base all’art. 8 della convenzione sussiste un preciso obbligo dei Comuni associati di dotarla di un simile apparato: anche per questo verso, è evidente la facilità con cui sarebbe eluso il vincolo a cui i predetti Comuni si sono assoggettati, ove si consentisse agli stessi di lasciare “sulla carta” la ridetta Centrale Unica, senza supportarla con un idonea struttura organizzativa.

Donde, in definitiva, l’illegittimità della procedura di gara, che va, perciò, annullata, tenendo conto del principio di conservazione e, pertanto, a partire dal primo atto di gara compiuto dal Comune di *** e che avrebbe dovuto, invece, essere effettuato dalla Centrale Unica.

La giurisprudenza ha, infatti, precisato che, in omaggio ai principi di economicità, conservazione e buona amministrazione, non può ritenersi “a priori” preclusa la rinnovazione del solo segmento procedimentale viziato, anche al fine di evitare il nocumento eventualmente apprezzabile nel porre nel nulla l’intera procedura (cfr. C.d.S., Sez. V, 12 giugno 2007, n. 3136; T.A.R. Abruzzo, Pescara, Sez. I, 27 giugno 2016, n. 235).

Peraltro, nel caso all’esame l’unica attività ascrivibile alla Centrale Unica risulta essere l’adozione del bando di gara, mentre già il disciplinare ed il capitolato speciale d’appalto risultano redatti dal Comune di ***, laddove, invece, la convenzione istitutiva della C.U.C. ha espressamente previsto – all’art. 3, comma 1, lett. e) – la competenza della ridetta Centrale alla redazione del disciplinare di gara.

Nei limiti suesposti il ricorso originario ed i motivi aggiunti, nella loro parte impugnatoria, risultano fondati, con conseguente accoglimento della domanda subordinata di annullamento della procedura di gara. Non può essere, invece, accolta, la domanda di risarcimento dei danni che accompagna la ridetta domanda di annullamento, essendo la stessa rimasta sfornita di qualsiasi supporto probatorio, in violazione della regola, secondo cui l’onere della prova grava sulla parte che formula domanda di risarcimento del danno da illegittimo esercizio del potere amministrativo (v., da ultimo, C.d.S., Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839).

LE CRITICITA’ NELLA GESTIONE DELL’EXPO DI MILANO

expo-milano-2015-watch-highlights-first-weekendLa Corte dei conti – Sezione controllo sugli enti, con deliberazione n. 146 del 20 dicembre scorso, pubblicata in questi giorni ha reso la Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria Expo 2015 S.p.A. per l’esercizio 2015.

Nelle conclusioni si legge: “Il 31 dicembre 2015 si è chiuso l’esercizio sociale che ha visto la realizzazione dell’Esposizione universale “Expo Milano 2015” sul tema “Nutrire il pianeta, energie per la vita”. Fino al 31 ottobre sono stati emessi oltre 21 milioni e mezzo di titoli di ingresso, comprensivi di biglietti evento pari a circa 203 migliaia, con ricavi pari a 427.143.732 euro. Ai ricavi per titoli d’ingresso vanno aggiunti quelli derivanti dalle vendite e prestazioni, per un totale di ricavi pari a 744.754.109 euro, di cui 218.176.748 euro per sponsorizzazioni. Durante il semestre espositivo sono stati realizzati circa 5.000 eventi negli appositi spazi del Lake Arena, dell’Open Air Theatre, nell’Auditorium e nel Conference Centre, mentre circa 80 sono stati gli spettacoli organizzati da maggio a fine agosto, per 5 giorni a settimana, da una compagnia olandese di fama internazionale. Altri numerosi eventi come il World Food Day hanno visto la partecipazione del Segretario Generale delle Nazioni Unite e del Presidente della Repubblica Italiana, mentre la Carta di Milano – progetto sostenuto dal Governo e realizzato in collaborazione con una Fondazione privata – con oltre un milione di firme raccolte, ha costituito il protocollo sulla nutrizione sottoscritto da cittadini, istituzioni, imprese, associazioni, mondo accademico e istituzioni internazionali, finalizzato all’assunzione di responsabilità da parte dei Governi e delle istituzioni internazionali in tema di alimentazione, per garantire un futuro più equo e sostenibile. Altre iniziative, come We-Women for Expo, Progetto Scuola e Feeding Knowledge, hanno sviluppato mostre, incontri, ricerche, dibattiti e concorsi sul tema dell’alimentazione. Le maggiori criticità riferibili alla realizzazione della manifestazione possono rinvenirsi principalmente in tre ambiti:

1) l’alterazione del principio della concorrenza in molti appalti affidati, pur se in fattispecie di affidamento diretto previste dal Codice dei contratti pubblici oppure rientranti nell’ambito del sistema derogatorio previsto per l’Expo; ciò è stato in gran parte determinato dal ritardo nell’acquisizione delle aree a causa delle originarie divergenze tra Regione Lombardia e Comune di Milano, protrattesi fino al 2011, circa il regime giuridico di tale acquisizione, e del conseguente carattere di grande urgenza che ha accompagnato tutto il periodo di preparazione dell’evento;

2) i maggiori costi di lavori e servizi, derivanti: a) dalle numerose varianti in corso d’opera, in molti casi dovute anche al verificarsi di eventi imprevisti (come le modifiche normative di competenza regionale riguardanti le terre da riporto e lo smaltimento dei rifiuti, o l’accrescimento dei livelli di sicurezza dovuto all’allarme terroristico del 2015), con la conseguenza che sulla maggior parte 79 Corte dei conti – Relazione EXPO 2015 esercizio 2014 degli appalti la società ha infine attivato procedure transattive previste dal Codice dei contratti pubblici, la maggior parte delle quali tuttora in corso di definizione; b) dagli elevati costi inerenti la gestione del semestre espositivo ed il sistema di distribuzione e vendita dei titoli di ingresso tramite canale indiretto;

3) le vicende giudiziarie penali relative alla gestione di alcuni appalti, che hanno determinato il commissariamento di 5 imprese affidatarie, da parte del Prefetto di Milano, con decreti emessi nel corso del 2014 e del 2015 , e quelle (n.2) che hanno riguardato la società, per ipotesi di illecito amministrativo concernente il Modello di organizzazione e controllo di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, per una delle quali la società è stata assolta, mentre per l’altra è in attesa della conclusione del procedimento, tuttora in corso. A queste si affiancano le altre criticità indotte dalla difficoltosa fase di start up della società – particolarmente per ciò che ha riguardato le modifiche normative intervenute con i decreti attuativi dal 2008 al 2010, circa il riparto dei finanziamenti e delle opere, ed i rapporti con la società Arexpo, alla luce dell’Accordo quadro concluso nel 2012 – nonché il mancato apporto finanziario di due soci, coperto solo in parte da rifinanziamenti. Le transazioni in atto con le maggiori ditte affidatarie di lavori, per cause sostanzialmente riconducibili sia alle numerose varianti in corso d’opera sia alle ingenti riserve poste dalle imprese affidatarie, che hanno moltiplicato i costi dei principali appalti, riflettono- da un lato – gli effetti di una programmazione non del tutto attendibile, anche quale naturale conseguenza di una normativa in continua evoluzione, e della compresenza di numerosissimi cantieri nel sito spesso interferenti tra loro, e – dall’altro – le difficoltà operative intervenute per i continui imprevisti verificatisi in un’area non adeguatamente esplorata dalla stazione appaltante – per mancanza di un titolo giuridico – prima di procedere all’affidamento dei lavori, proprio a causa dell’urgenza di iniziare la costruzione del sito espositivo nel rispetto delle scadenze temporali, costituente obbligazione internazionale”.

Nonostante l’impegno profuso dal Governo per prevenire certi fenomeni e che ha coinvolto anche l’ANAC dovrebbero essere presi provvedimenti in merito alla gravità dei fatti denunciati…

Il testo integrale della delibera si trova qui:

http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_controllo_enti/2016/delibera_146_2016.pdf

IL MANCATO RISPETTO DELLE REGOLE SULLA TRASPARENZA PUO’ COSTARE CARO

cassazioneLa sentenza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Lazio n. 323/2016 affronta – finalmente, un tema molto importante che è quello dell’obbligo di trasparenza degli incarichi conferiti dalla Pubblica amministrazione.

Nella fattispecie si tratta del Comune di ***

Com’è noto l’art. 53 comma 14 del D.lgs 165/2001 prevede che i Comuni comunichino semestralmente al Dipartimento della Funzione Pubblica gli incarichi di consulenza conferiti; detti incarichi devono essere anche pubblicati sul sito web del Comune ai sensi dell’art.11 comma 8 del D.lgs 150/2009; l’obbligo di comunicazione dei dati sugli incarichi di consulenza alla FP è anche oggetto di altra previsione, l’art.1, comma 127, della legge n. 662/96, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 3, comma 54, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Mentre i primi due periodi del comma 127 in esame prescrivono, per le pubbliche  amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso, rispettivamente, il primo, l’obbligo di pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti, e, il secondo, la sanzione per la violazione di tale obbligo (“In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto”), il terzo periodo prevede la comunicazione di tali elenchi alla FP disponendo che “Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica”, senza collegare alla violazione dell’obbligo di comunicazione alcuna espressa sanzione o effetto.

Ne consegue che anche ai sensi di tale previsione il tipo di responsabilità nel quale si colloca la violazione dell’obbligo di comunicare alla FP i dati sugli incarichi si inquadra nel modello generale della responsabilità erariale, e l’eventuale danno che si pretenda recato dalla omessa comunicazione degli elenchi degli incarichi alla FP è soggetto alle regole generali, della asserzione – con previa contestazione-, e della asseverazione – con indicazione della prova della pretesa responsabilità; l’omessa comunicazione degli elenchi alla FP, infatti, è fattispecie diversa da quella sanzionata – l’omessa pubblicazione degli elenchi sul sito web dell’amministrazione conferente – e ad essa, pertanto, non può estendersi la previsione sanzionatoria in questione.

Nella fattispecie la Corte aveva riscontrato:

A) Violazione dell’obbligo, previsto dall’art. 53, comma 14, del D.lgs. n. 165/2001 a carico delle pubbliche amministrazioni conferenti, di comunicare semestralmente gli incarichi di consulenza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Funzione Pubblica, che, inadempiuto, comporta, ai sensi del successivo comma 14, che “Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono”. Sostiene la Procura che nel periodo in esame i vari dirigenti del Comune hanno conferito incarichi nonostante l’obbligo di comunicazione alla FP non sia mai stato adempiuto. Dopo ampia disquisizione che riporta l’iter logico e di accertamento dei fatti seguito durante l’istruttoria, nella quale erano stati invitati a dedurre anche i dirigenti che avevano conferito gli incarichi, in citazione la Procura sottolinea che tale obbligo incombeva al responsabile dell’Area amministrativa, che, per gli anni dal 2008 al 2012 (per tutti i quali gli obblighi de quibus risultano inadempiuti), è stato il Segretario generale Allocca, il quale in tesi, non avrebbe provveduto a nessun atto finalizzato a ciò e particolarmente alla nomina del responsabile del procedimento titolare dell’accesso al relativo servizio on line, e al quale, a titolo di colpa grave, ha addebitato il danno. Il danno è quantificato in euro 181.111,46, costituente l’intero importo dei corrispettivi erogati per tutti gli incarichi di consulenza affidati nel predetto periodo 2010-2012, ivi compresi quelli del settore consulenze legali, sulla tesi che il danno in ipotesi sarebbe “normativamente determinato” nell’ammontare del corrispettivo dell’incarico in quanto, secondo la disposizione in esame, l’incarico medesimo non poteva essere conferito.

B) Violazione dell’obbligo, previsto a carico delle pubbliche amministrazioni dall’art. 11, comma 8, del D.lgs. n. 150/2009, di pubblicare i dati relativi agli incarichi di consulenza sul proprio sito istituzionale, al link trasparenza, che, inadempiuto, comporta, ai sensi del successivo comma 9, che «In caso di … mancato assolvimento degli obblighi di pubblicazione di cui ai commi 5 e 8 è fatto divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti»

Giustamente la Corte ha ritenuto responsabile il Segretari generale e il vice Segretario comunale escludendo da ogni responsabilità gli amministratori dell’ente ed anche i soggetti che avevano percepito in buona fede le somme.

Il testo integrale della sentenza lo trovate qui:

https://servizi.corteconti.it/bds/doVisualizzaDettagliAction.do?sptomock=&espanso=2&pagina=1&id=12185731&cods=12&mod=dettaglio

LE NUOVE MODALITA’ DI PUBBLICAZIONE DEGLI AVVISI E DEI BANDI DI GARA DEI COMUNI

giornaliCon un decreto del 2 dicembre 206 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto alla Definizione degli indirizzi generali di pubblicazione degli avvisi e dei bandi di gara, di cui agli articoli 70, 71 e 98 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza pubblicano gli avvisi e bandi di gara con le modalità di cui agli articoli 72 e 73 del codice. La pubblicazione sulla piattaforma ANAC è effettuata entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte della stessa Autorità e riporta la data di pubblicazione dalla quale decorrono i termini per la presentazione delle offerte. Gli avvisi e i bandi sono inoltre pubblicati, non oltre due giorni lavorativi successivi alla pubblicazione sulla piattaforma ANAC, sul «profi lo di committente» con l’indicazione della data e degli estremi di pubblicazione sulla stessa piattaforma.

La pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel codice, avviene esclusivamente in via telematica, sul profilo del committente, non può comportare oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti e sono liberamente accessibili in via telematica.

Gli avvisi e i bandi rimangono pubblicati sulla piattaforma ANAC e sul profi lo del committente almeno fino alla loro scadenza.

Ai sensi dell’art. 29 del codice, gli stessi sono altresì pubblicati sulla piattaforma informatica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche tramite i sistemi informatizzati regionali e le piattaforme regionali di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa.

L’ANAC, con proprio atto pubblicato in Gazzetta Ufficiale , definisce le soglie d’importo, le modalità operative e i tempi per il funzionamento della piattaforma in cooperazione applicativa con la piattaforma informatica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement .

A decorrere dal 1° gennaio 2017, al fi ne di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità delle procedure di gara e di favorire la concorrenza attraverso la più ampia partecipazione delle imprese interessate, anche nelle realtà territoriali locali, la pubblicazione degli avvisi e dei bandi, nonché degli avvisi relativi agli appalti aggiudicati, è altresì effettuata per estratto dopo dodici giorni dalla trasmissione alla Gazzetta Uffi ciale delle Comunità europee, ovvero dopo cinque giorni da detta trasmissione in caso di riduzione dei termini di cui agli articoli da 60 a 63 del codice, e, per gli appalti di lavori di importo superiore a euro 500.000 e inferiore alla soglia di cui all’art. 35, comma 1, lettera a) del codice, entro cinquegiorni dalla pubblicazione avente valore legale:
a) per gli avvisi ed i bandi relativi ad appalti pubblici di lavori o di concessioni di importo compreso tra euro 500.000 e l’importo di cui alla soglia di cui all’art. 35, comma 1, lettera a) del codice, per estratto su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti;
b) per gli avvisi ed i bandi relativi ad appalti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo superiore alle soglie di cui all’art. 35, commi 1 e 2, del codice, per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti.

Per area interessata, ai fini della pubblicazione su quotidiani locali, si intende il territorio della provincia cui afferisce l’oggetto dell’appalto e nell’ambito del quale si esplicano le competenze dell’amministrazione aggiudicatrice.

Resta il problema delle gare sotto soglia che per i Comuni rappresentano sempre la maggioranza e per le quali spesso non c’è sufficiente trasparenza.

L’ANCI OTTIENE ASSICURAZIONI CIRCA IL RIMBORSO DELLE SPESE ELETTORALI DA ALFANO

elezioniA A seguito delle vive sollecitazioni del presidente dell’ANCI  Decaro, il Ministro dell’Interno Alfano ha assicurato che darà disposizioni per una accelerazione delle procedure di rimborso ai Comuni delle somme spese per le ultime tornate elettorali.

Resta sempre il macigno delle spese che molti Comuni anticipano per il mantenimento delle strutture giudiziarie che hanno raggiunto livelli molto elevati e la cui copertura non è stata prevista integralmente nella legge di stabilità.

IL SENATO HA ISTITUITO UNA COMMISSIONE DI INCHIESTA SUL FEMMINICIDIO

scarpeQuanti femminicidi avvengono nei nostri Comuni !

Il Senato della Repubblica con Delibera in data 18 gennaio 2017 ora ha stabilito l’ istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

Dal testo della delibera apprendiamo che la Commissione ha il compito di:

a) svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio, inteso come uccisione di una donna, basata sul genere e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere;

b) monitorare la concreta attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2001 e ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013, n. 77, e di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia, nonché della legislazione nazionale ispirata agli stessi princìpi, con particolare riguardo al decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119;

c) accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti;

d) analizzare gli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2011, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l’azione di prevenzione;

e) accertare il livello di attenzione e la capacita d’intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza;

f) monitorare l’effettiva destinazione alle strutture che si occupano della violenza di genere delle risorse stanziate dal citato decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2013, e dalle leggi di stabilità a partire da quella per il 2011;

g) proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo al fine di realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere, nonché di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti.

La Commissione potrà procedere alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria. La Commissione non potrà adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, nonché alla libertà personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’art. 133 del codice di procedura penale. Ferme restando le competenze dell’autorità giudiziaria, per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicheranno le disposizioni degli articoli da 366 a 384 -bis del codice penale.

Il testo completo lo trovate sulla G.U. n. 20 del 25 gennaio:
http://www.gazzettaufficiale.it/do/gazzetta/downloadPdf?dataPubblicazioneGazzetta=20170125&numeroGazzetta=20&tipoSerie=SG&tipoSupplemento=GU&numeroSupplemento=0&estensione=pdf&edizione=0