MOLTO INNOVATIVA L’IPOTESI DI CCNL PER IL PERSONALE DELL’AREA DELLE FUNZIONI LOCALI

L’ARAN con un suo comunicato informa che il 16 luglio 2020, insieme ai Sindacati rappresentativi è stato sottoscritto, a distanza, l’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro per il triennio 2016-2018 per i Dirigenti delle Regioni ed Autonomie locali, Dirigenti professionali, tecnici ed amministrativi del SSN e Segretari comunali e provinciali, al termine di una trattativa condotta tutta in videoconferenza.

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LA DIGITALIZZAZIONE DEI CONCORSI PUBBLICI

Digital recruiting

Gli articoli 247 e seguenti del DL 34/2020 trattano della semplificazione e dello svolgimento in modalità decentrata e telematica delle procedure concorsuali.

Si tratta di una iniziativa in via sperimentale introdotta per i concorsi delle amministrazioni centrali che prevede uno svolgimento delle prove scritte in sedi decentrate in base alla provenienza geografica dei candidati , mentre la prova orale si dovrebbe svolgere in videoconferenza garantendo comunque soluzioni tecniche per garantire la correttezza delle prove.

In questo modo finiranno i concorsi che prevedevano la concentrazione in un’unica sede migliaia di candidati con problemi di logistici e di traffico per le aree circostanti, per parlare dei costi per i candidati.

Le novità puntano a  rendere lo svolgimento delle prove più sicuro dal punto di vista sanitario, ma anche a ridurre i tempi delle correzioni.

La digitalizzazione porterà tutte le prove ad essere svolte tramite supporto informatico, sia per velocizzare che per rispettare il distanziamento sociale.

Anche la scelta è limitata nel tempo sarà il caso poi di valutare attentamente l’opportunità di poter mantenere questo tipo di modalità anche per l’avvenire.

In molti paesi esteri il digital recuiting è già molto diffuso.

PUBBLICATO IL DECRETO CHE REGOLA LE ASSUNZIONI PER I COMUNI

Roma, Palazzo Vidoni, sede del Ministero della pubblica amministrazione

Il Ministero dell’Interno con decreto in data 17 marzo 2020 (pubblicato sulla GU n.108 del 27 aprile) ha approvato le misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei Comuni al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’art. 33 comma 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ad individuare i valori soglia, differenziati per fascia demografica, del rapporto tra spesa complessiva per tutto il personale, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione, nonché ad individuare le percentuali massime annuali di incremento della spesa di personale a tempo indeterminato per i comuni che si collocano al di sotto dei predetti valori soglia.

In particolare è prevista una differenziazione dei Comuni per fascia demografica e sono previsti dei valori soglia a seconda di ciascuna categoria.

A decorrere dal 20 aprile 2020, i comuni che si collocano al di sotto del valore soglia di cui al comma 1, fermo restando quanto previsto dall’art. 5, possono incrementare la spesa di personale registrata nell’ultimo rendiconto approvato, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, sino
ad una spesa complessiva rapportata alle entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, non superiore al valore soglia individuato dalla Tabella 1 del comma 1 di ciascuna fascia demografica.

In sede di prima applicazione e fino al 31 dicembre 2024, i comuni di cui all’art. 4, comma 2, possono incrementare annualmente, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, la spesa del personale registrata nel 2018, in misura non superiore al valore percentuale indicato da una Tabella allegata al provvedimento , in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione e del valore soglia di cui è stato fatto cenno in precedenza.

Per il periodo 2020-2024, i comuni potranno utilizzare le facoltà assunzionali residue dei cinque anni antecedenti al 2020 in deroga agli incrementi percentuali individuati dalla Tabella 2 del comma 1, fermo restando il limite di cui alla Tabella 1 dell’art. 4, comma 1, di ciascuna fascia demografica, i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell’equilibrio di
bilancio asseverato dall’organo di revisione.Per il periodo 2020-2024, i comuni con meno di cinquemila abitanti, che si collocano al di sotto del valore soglia di ciascuna fascia demografica, che fanno parte dell’«Unione di comuni» prevista dall’art. 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e per i quali la maggior spesa per personale consentita dal presente articolo risulta non sufficiente all’assunzione di una unita’ di personale a tempo indeterminato, possono, nel periodo 2020-2024, incrementare la propria spesa per il personale a tempo indeterminato nella misura massima di 38.000 euro non cumulabile, fermi restando i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione. La maggiore facoltà assunzionale sopraindicata è destinata all’assunzione a tempo indeterminato di una unità di personale purché collocata in comando obbligatorio presso la corrispondente Unione con oneri a carico della medesima, in deroga alle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale previsto per le Unioni di comuni.

La maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Qui il link al decreto del Ministero per la Pubblica amministrazione:

LE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA LEGGE 8/2020 CHE HA CONVERTITO IL DECRETO LEGGE MILLEPROROGHE

Alcuni stemmi di Comuni italiani

Sul S.O. alla Gazzetta Ufficiale 51 del 29 febbraio 2020 è stata pubblicata la legge 8/2020 con cui è stato convertito in legge con molte modifiche e integrazioni il D.L. 162/2019 c.d. milleproroghe (termine che anche quest’anno si conferma appropriato).

Moltissime sono le norme che interessano gli enti locali, per cui mi soffermerò su quelle più importanti :
a) Art. 1, commi 1 e 1-bis: riguarda il termine per la stabilizzazione del personale ;
b) Art. 1 comma 1-ter: riguarda la proroga del termine per attuare le progressioni verticali;
c) Art. 4 comma 3-quater: riguarda i canoni di concessione;
d) Art. 16-Con la finalità di ovviare alla carenza di segretari nei piccoli comuni si prevede poi la possibilità di conferire, in via transitoria e per un massimo di 12 mesi, le funzioni di vicesegretario comunale “reggente” a funzionari di ruolo di un ente locale, con determinati requisiti. Si interviene infine sulla disciplina relativa alle classi demografiche dei comuni ai fini dell’assegnazione dei segretari comunali, prevedendo che esse siano determinate, in caso di convenzione, dalla sommatoria degli abitanti di tutti i comuni.
e) Art. 17 comma 1-bis: riguarda la proroga per lo scorrimento delle graduatorie anche su posti trasformati successivamente all’indizione del concorso;
f) Art. 18: contiene misure urgenti per il ricambio generazionale e la funzionalità nella pubblica amministrazione e nei piccoli comuni;
g) Art. 18-ter: stabilisce che “nell’articolo 90, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «contratto di lavoro subordinato a tempo determinato» si interpretano nel senso che il contratto stesso non può avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica, anche in deroga alla disciplina di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e alle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro che prevedano specifiche limitazioni temporali alla durata dei contratti a tempo determinato”.
h) Art. 38 commi 1-3; gli enti in pre-dissesto che si trovino in difficoltà a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.18/2019 possono accedere ad ulteriori anticipazioni del Ministero dell’Interno;
i) Art. 39-bis: proventi da sanzioni al codice della strada;
l) Art. 39-ter: l’eventuale disavanzo derivante dall’applicazione della sentenza della corte costituzione n. 4/2020 può essere ripianato gradualmente con quote annuali;
m) Art. 39-quater: l’eventuale disavanzo dell’esercizio 2019 derivante dall’introduzione delle nuove norme per il calcolo dell’accantonamento al Fondo specifico potrà essere ripianato in 15 annualità.

Pur nella complessità della situazione appare singolare l’attività di “rimediare” alle sentenze della Corte Costituzionale.

Un nuovo bilancio europeo all’altezza delle sfide per l’occupazione, la crescita e la sostenibilità

Tempio di Adriano a Piazza di Pietra, Roma

I negoziati in corso sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea, rappresentano un appuntamento cruciale per promuovere gli interessi di cittadini, imprese e territori.

Dal futuro bilancio Ue dipendono, infatti, gli strumenti e le politiche per promuovere nuova occupazione, investimenti, innovazione, coesione sociale e territoriale, formazione, opportunità per i giovani, accesso al credito per le PMI, infrastrutture, industria, agricoltura, cultura, turismo, transizione energetica e tutela dell’ambiente.

Sulla base della proposta della Commissione europea, il Parlamento europeo ha chiesto un livello di risorse adeguate alle sfide che dobbiamo affrontare, con uno stanziamento di 1.3% del Prodotto Nazionale Lordo Ue.

Più risorse a livello Ue non sono la semplice somma di risorse sottratte a livello nazionale. Al contrario, consentono agli Stati una spesa più efficiente e generano un valore aggiunto superiore per i contribuenti. Un euro speso a livello UE su ricerca, formazione dei giovani, sicurezza, difesa, spazio, controllo delle frontiere, sviluppo dell’Africa, o lotta al cambio del clima, ha un effetto moltiplicatore molto maggiore di 1 euro speso a livello nazionale.

Se ogni Stato avesse dovuto realizzare un proprio sistema satellitare GPS o per l’osservazione della terra, il conto sarebbe stato 20 volte quello di Galileo e Copernico. Con una protezione civile e una guardia costiera europee possiamo utilizzare gli stessi Canadair, elicotteri o, motovedette per far fronte a crisi ed emergenze con più mezzi a costi inferiori. Lo stesso per lo sviluppo di sistemi di sicurezza e cyber sicurezza. Per non parlare della difesa, dove sinergie, standardizzazione, economie di scala e ricerca europea portano a miliardi di risparmio.

In una fase in cui c’è urgenza di rilanciare la crescita e gli investimenti e accelerare la transizione verso un’economia più sostenibile, Parlamento e Commissione Ue auspicano una conclusione dei negoziati senza ritardi, che consenta di attuare le politiche e i programmi già dal 2021.

Alla luce delle diverse posizioni tra Commissione europea, Stati membri e Parlamento europeo, è importante avere un dibattito pubblico che valorizzi anche il punto di vista delle Regioni, chiamate a gestire una parte rilevante del bilancio Ue.

È stato ritenuto anche essenziale un confronto con i rappresentanti delle categorie economiche e sociali e il mondo dell’educazione e della ricerca e per questo motivo il 7 febbraio è stato organizzato un incontro presso il tempio di Adriano in Piazza di Pietra a Roma con la partecipazione del presidente del Consiglio europeo Sassoli e con il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Conte.

Per il programma e per iscriversi:

https://europarl.europa.eu/italy/resource/static/files/Programmi/bozza_di_programma_upd2701.pdf

http://europarl.europa.eu/italy/it/succede-al-pe/modulo-di-registrazione

L’AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELL’UPB NELL’AMBITO DELL’ESAME DELLA LEGGE DI BILANCIO 2020

Il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, è stato ascoltato il 12 novembre in audizione dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’esame preliminare della manovra economica per il triennio 2020-22.

Nel suo intervento il presidente Pisauro ha analizzato i contenuti della manovra – decreto 124/19 e DDL di bilancio – illustrando le valutazioni dell’UPB sul suo impianto complessivo e sugli andamenti delle principali grandezze di finanza pubblica, passando in rassegna i principali interventi ipotizzati e i loro effetti, sottolineandone aspetti condivisibili e elementi di criticità.

In estrema sintesi alcuni dei punti salienti evidenziati nel corso dell’audizione.

La crescita resta debole  Successivamente alla pubblicazione della NADEF gli indicatori congiunturali sono marginalmente migliorati, in un contesto economico che però resta debole. Come anticipato dall’UPB nella sua Nota sulla congiuntura di ottobre, nel terzo trimestre dell’anno il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,1 per cento. La previsione, sulla base dei modelli di breve termine, dell’UPB indica per lo scorcio finale dell’anno una variazione del PIL appena positiva. Nel complesso del 2019 il PIL aumenterebbe dello 0,2 per cento, marginalmente al di sopra delle attese della NADEF 2019.

L’UPB ha effettuato un’analisi sugli effetti della manovra di bilancio sull’attività economica nel prossimo triennio. Secondo le simulazioni effettuate, la manovra di bilancio avrebbe un effetto espansivo sul PIL reale nel complesso del triennio 2020-22 di 0,3 punti percentuali, appena al di sotto di quello stimato dal MEF nel DPB (0,4 punti).

Le grandi cifre della manovra e la zavorra delle clausole – Dopo un deficit nel 2020 al livello degli ultimi due anni (2,2 per cento del PIL), la manovra prevede una riduzione del disavanzo pubblico programmatico a partire dal 2021. Il miglioramento previsto per il 2021 e il 2022 è peraltro unicamente attribuibile alla presenza di una parte ancora rilevante delle clausole di salvaguardia. Queste ultime vengono infatti disattivate solo per un terzo e un decimo e restano presenti nei conti per importi pari rispettivamente a 19 miliardi nel 2021 e a 25,8 miliardi nel 2022 (1,0 e all’1,3 per cento del PIL) senza che nessuna indicazione programmatica circa il loro trattamento futuro venga fornita nella NADEF o nel DPB. Senza il contributo delle clausole, il deficit – in un esercizio puramente meccanico – risulterebbe pari al 2,8 per cento del PIL nel 2021 e al 2,7 per cento nel 2022. Inoltre, sempre In termini puramente meccanici, le clausole garantirebbero oltre la metà della riduzione programmatica del rapporto debito PIL nel biennio 2021-22.

Un secondo aspetto problematico della manovra è relativo agli andamenti fortemente divergenti previsti per le spese e le entrate complessive. Al netto delle clausole di salvaguardia, le maggiori entrate nette – pari a 7,5 miliardi nel 2020 – si riducono progressivamente (a 5,3 e a 3,9 miliardi nel 2021 e nel 2022); le maggiori spese nette, molto inferiori nel primo anno (0,7 miliardi), crescono invece sensibilmente, raggiungendo gli 8,5 miliardi nel 2021 e gli 11,3 miliardi nel 2022, con una componente preponderante di quelle di natura corrente. La manovra determina spese nette di conto capitale negative nel 2020, positive di 2 e 4 miliardi nel biennio successivo, gli aumenti previsti nell’articolato vengono infatti limitati dalla riduzione di altri stanziamenti di bilancio.

Meno incertezze ma restano i rischi – Rispetto a quanto ipotizzato nella NADEF, la manovra fuga alcuni elementi di incertezza. In particolare, ridimensiona, rispetto agli originari 7 miliardi previsti per il 2020, l’apporto delle misure di contrasto all’evasione fiscale, ora oggetto di quantificazioni più prudenti e realistiche.

Le grandezze di finanza pubblica appaiono in ogni caso soggette a rischi e incertezze derivanti dall’andamento del quadro macroeconomico. Un forte peggioramento del contesto internazionale potrebbe influire negativamente sulla domanda estera rivolta al nostro Paese e quindi sulla crescita del PIL, che potrebbe risultare inferiore a quella dello scenario programmatico prospettato nella NADEF. Inoltre, sul fronte dei tassi di interesse, la situazione favorevole dovuta alla loro recente riduzione è soggetta a incertezza, con rischi sulla spesa per l’onere del servizio del debito.

Dal contrasto all’evasione agli incentivi ai pagamenti tracciabili – Nell’ambito della manovra risorse per 3 miliardi nel 2020, 3,7 nel 2021 e 3,5 nel 2022 provengono dalle misure di contrasto dell’evasione fiscale e di incentivo all’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili introdotte con il decreto fiscale. Queste misure appaiono condivisibili dal punto di vista del merito e la loro valutazione finanziaria risulta sufficientemente prudenziale. A queste norme si aggiungono gli interventi, sempre finalizzati al contrasto dell’evasione, previsti nel DDL di bilancio.

Le misure, che non includono forme di condono fiscale, possono essere suddivise in quattro diverse tipologie le quali rispondono a quattro finalità differenti: 1) contrastare frodi in materia di IVA e accisa in ambiti specifici; 2) ostacolare le indebite compensazioni di imposta; 3) ampliare e a rendere più tempestive le informazioni a disposizione dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza; 4) incentivare l’uso di forme di pagamento alternative al contante.

Tra le nuove misure previste rientra la norma del DDL di bilancio che prevede la possibilità per l’Agenzia delle entrate di integrare, previa pseudonimizzazione dei dati personali, le banche dati di cui già dispone con i dati dell’archivio dei rapporti finanziari per definire profili di rischio utili a far emergere posizioni da sottoporre a controllo o per incentivare l’adempimento spontaneo del contribuente. La portata innovativa della norma, risiede nella possibilità per l’Agenzia delle entrate di passare da logiche deduttive a logiche induttive nella propria attività di controllo, grazie al trattamento automatico di grandi masse di dati a monte della determinazione dei criteri di rischio. L’efficacia della norma, dipende tuttavia in modo cruciale: 1) dalla capacità dell’Agenzia di sfruttare il potenziale informativo che avrà a disposizione e cioè di poter disporre delle adeguate competenze statistico-informatiche e di risorse umane professionalmente idonee a questo scopo; 2) dall’effettivo superamento delle problematiche connesse con il trattamento dei dati personali. In merito a quest’ultimo aspetto la norma del DDL di bilancio prevede l’inclusione dell’attività di prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale tra quelle per le quali è prevista la limitazione dei diritti dell’interessato con riferimento ai dati utilizzati. Andrebbe approfondito se la norma così come proposta nel DDL di bilancio sia effettivamente sufficiente a consentire la limitazione dei diritti, ossia se siano previsti tutti gli elementi necessari richiesti dall’articolo 23 del Regolamento generale sulla protezione dei dati.

Quanto alle misure per favorire il ricorso a pagamenti tracciabili, tutti gli strumenti che ampliano la disponibilità di informazioni e ne aumentano la tempestività, possono contribuire a migliorare la capacità di analisi e di controllo preventivo dell’Amministrazione e accrescere l’adempimento spontaneo. Le misure previste potrebbero tuttavia incentivare forme di evasione con consenso (quelle in cui esiste un accordo tra acquirente e venditore), ampliando anziché riducendo l’evasione nelle cessioni con il consumatore finale. Questo tipo di evasione, sicuramente più difficile da contrastare, non è ancora stata affrontata con determinazione.

In presenza di un’emersione dei costi favorita dall’obbligatorietà della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi, l’aumento dell’evasione con consenso potrebbe portare anche a una perdita di gettito. Questo fenomeno andrebbe contrastato dalla previsione di adeguati controlli sulla stabilità e credibilità dei margini di ricavo.

Le misure sulla tassazione delle imprese. – La manovra di bilancio determina complessivamente, in termini di cassa, un maggiore prelievo nel 2020 sulle società di capitali pari a 1,9 miliardi; negli anni successivi, gli effetti delle diverse misure sostanzialmente si compensano e dal 2023 producono una riduzione del gettito di 1,2 miliardi. In generale, si ripropone uno schema di intervento simile a quello utilizzato negli ultimi anni: il maggiore gettito del primo anno è determinato da misure di natura straordinaria; vengono prorogati ed estesi a sostegno delle imprese gli incentivi agli investimenti (super e iper ammortamento e il credito d’imposta); infine, per la terza volta in un anno, viene modificato il regime di tassazione Ires. Infatti, il DDL di bilancio reintroduce dal 2019 il regime ACE e contestualmente prevede l’abrogazione dell’aliquota agevolata per la quota di utili di esercizio accantonata a riserva disponibile introdotta con il DL 34/2019. Sebbene la normativa per il 2019 sia stata modificata per tre volte, sul piano sostanziale il regime dell’ACE rimane in vigore senza soluzione di continuità. L’unica differenza è che l’aliquota nozionale utilizzata per quantificare il rendimento figurativo viene ridotta dall’1,5 all’1,3 per cento

L’UPB, utilizzando il proprio modello di microsimulazione, ha quantificato gli effetti redistributivi sia sulle società non finanziarie sia su quelle finanziarie delle modifiche apportate al regime Ires e della proroga del super e dell’iper ammortamento. Dalle simulazioni emerge che nel 2020 il complesso delle società non finanziarie registrerebbe un aggravio di imposta pari allo 0,7 per cento del prelievo. In particolare, l’aggravio derivante dall’abolizione dell’aliquota agevolata, amplificato dalla riduzione della aliquota nozionale dell’ACE, è solo in parte compensato dai benefici della proroga del super e dell’iper ammortamento. Saranno le società non finanziarie medio-grandi a subire l’aggravio maggiore (intorno all’1,3 per cento del gettito), nonostante siano quelle che ricevono anche maggiori benefici dalla proroga del super e dell’iper ammortamento (tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento del gettito). Simmetricamente, le società di minori dimensioni godono del beneficio maggiore (tra lo 0,4 e l’1,4 per cento del gettito) essenzialmente per effetto dell’impatto positivo dell’ACE (dell’ordine del 3-4 per cento del gettito). Infine, le società del settore finanziario, che sono escluse dal regime agevolato sugli utili non distribuiti, beneficiano integralmente della reintroduzione dell’ACE sebbene mitigata dalla minore aliquota nozionale sul capitale (6,7 per cento del gettito).

La stretta sul regime sostitutivo per le partite IVA – Il DDL di bilancio introduce alcune modifiche ai regimi sostitutivi previsti per le imprese individuali e i lavoratori autonomi dalla legge di bilancio per il 2019. Da un lato, abroga il regime sostitutivo per i lavoratori autonomi e le imprese individuali con ricavi compresi tra 65.000 e 100.000 euro che sarebbe entrato in vigore dal 2020; dall’altro introduce alcuni limiti miranti a ridurre i margini per comportamenti elusivi con riferimento al regime forfettario previsto per lavoratori autonomi e le imprese individuali con ricavi inferiori a 65.000 euro. Nonostante gli interventi adottati, resta molto ampio, a parità di reddito, il differenziale fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Persiste inoltre il contrasto con lo spirito originario sottostante l’introduzione dei primi regimi forfettari, che puntava a semplificare la gestione amministrativa e a ridurre il carico fiscale esclusivamente per le micro imprese.

Misure sulle tax expenditures. – Le spese fiscali sono da tempo oggetto di particolare attenzione sia nella legislazione (iniziative di analisi e monitoraggio al fine di un loro riassetto e una loro razionalizzazione) sia nel dibattito politico (come possibile fonte di copertura finanziaria di nuovi provvedimenti). Come nelle manovre di bilancio degli scorsi anni, anche nella manovra per il triennio 2020-22 non vi è traccia di un riassetto o di una razionalizzazione delle spese fiscali. Al contrario, la manovra prevede il rinnovo mediante proroga di diverse spese fiscali (si pensi, a titolo esemplificativo, a quelle sulle ristrutturazioni edilizie e sulla riqualificazione energetica), aumenta l’entità di certe altre rispetto alla legislazione vigente (ad esempio nel caso della cedolare secca agevolata sulla locazione nei comuni ad alta densità abitativa), ne introduce di nuove (come nel caso del bonus facciate). La manovra contiene tuttavia un timido e iniziale tentativo di ridurre le spese fiscali connesse con l’Irpef limitando le detrazioni di alcune spese al 19 per cento oltre un certo livello di reddito con effetti di recupero di gettito limitatissimi.

Cedolare secca sugli affitti a canone concordato. –  Il DDL di bilancio rende permanente la misura dell’aliquota della cedolare secca sugli affitti a canone concordato nei Comuni ad alta densità abitativa e nei capoluoghi di provincia e nei comuni limitrofi.

Il numero di contribuenti con reddito sottoposto a cedolare secca (sia quella ordinaria sia quella agevolata) è progressivamente aumentato nel tempo con una dinamica che mostra segni di rallentamento, ma che non sembra ancora essersi esaurita. Dalle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2018 emerge che nei comuni ad alta tensione abitativa la quota dei contribuenti con cedolare ad aliquota ridotta sul totale dei contribuenti con cedolare secca è pari al 38,3 per cento. L’incidenza maggiore dell’agevolazione si riscontra nel Nord-Est (e, in particolare, nei comuni dell’Emilia-Romagna), in cui i contratti a canone concordato sono più della metà del totale. L’incidenza più bassa si osserva nel Nord-Ovest e nel Sud e in generale nei comuni non capoluogo, mentre tra i comuni capoluogo l’agevolazione sembra generalmente meno diffusa nei capoluoghi di regione, specialmente al Sud.

Il ricorso alla cedolare secca (sia ordinaria sia agevolata) è stato prevalentemente ad appannaggio dei contribuenti a reddito più elevato: oltre la metà dell’imponibile della cedolare secca infatti è percepito dal 10 per cento dei contribuenti più ricchi. La cedolare secca potrebbe risultare tuttavia meno regressiva qualora parte del risparmio di imposta si fosse riversato sui canoni di locazione come sembrerebbe apparire da alcune analisi preliminari.

Limitazione delle detrazioni Irpef al 19 per cento. – Si prevede la non detraibilità di tali spese per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 240.000 euro e una detraibilità soltanto parziale – secondo un coefficiente che decresce linearmente rispetto al reddito – per i contribuenti con reddito tra i 120.000 e i 240.000 euro.

Per il complesso dei contribuenti le spese interessate dalla misura (ossia gli importi sui quali calcolare la detrazione del 19 per cento) ammontano a 23,5 miliardi; a queste corrispondono detrazioni (risparmi di imposta) di circa 4,5 miliardi, l’11,4 per cento del totale delle tax expenditures relative all’Irpef pari a 39,3 miliardi.

Il criterio di selettività adottato dalla norma coinvolge una platea di contribuenti a reddito elevato estremamente ridotta da cui consegue che l’intervento finisce per non incidere significativamente sull’entità complessiva delle detrazioni. Infatti, i soggetti con reddito superiore a 240.000 euro costituiscono soltanto lo 0,1 per cento del totale dei contribuenti, mentre quelli con reddito compreso tra 120.000 e 240.000 euro sono appena lo 0,6 per cento. Ne deriva che la quota complessiva delle detrazioni coinvolte nella riforma ammonta a solo il 2,9 per cento del totale e ciò nonostante che la quota di contribuenti in queste fasce di reddito che usufruiscono delle detrazioni sia quasi doppia rispetto a quella per redditi inferiori a 120.000 euro (oltre 80 per cento, contro il 48) e che l’importo medio della detrazione sia molto più elevato (doppio se non triplo rispetto a quello dei contribuenti con reddito inferiore a 120.000 euro).

Le misure per le famiglie – Il DDL di bilancio prevede diverse misure a sostegno delle famiglie, alcune delle quali di carattere temporaneo, altre di carattere strutturale, per un effetto complessivo di maggiore spesa corrente di 612,2 milioni per il 2020, 1.044 milioni per il 2021 e 1.244 milioni per il 2022.

Tra le misure temporanee rientrano la proroga e il potenziamento di due misure legate alle nascite, ovvero il bonus bebè e il congedo parentale obbligatorio per i padri. Tra le misure di carattere strutturale si figurano l’istituzione di un Fondo per l’assegno universale e i servizi alle famiglie nonché l’incremento per le famiglie con basso ISEE del contributo per il pagamento delle rette degli asili nido pubblici e privati. Indirettamente volto a sostenere le famiglie è anche lo stanziamento in conto capitale in favore dei Comuni destinato alla costruzione, ristrutturazione o messa in sicurezza degli asili nido. Va sottolineata la necessità di un adeguato coordinamento tra le politiche a sostegno della domanda e dell’offerta pubblica di asili nido, attraverso adeguate misure per ridurre i divari territoriali nella disponibilità di asili nido pubblici, al fine di evitare la concentrazione di un duplice beneficio, sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda, a favore dei cittadini residenti nei territori coperti dal servizio a scapito di quelli residenti nei territori che ne sono sprovvisti.

Le risorse per gli investimenti e la “clausola del 34 per cento” per il Mezzogiorno – La manovra prevede una serie di interventi relativi alla spesa per investimenti e contributi agli investimenti, che riguardano anche gli stanziamenti relativi all’anno in corso. Complessivamente, in termini di indebitamento netto delle AP le risorse destinate a tali finalità vengono ridotte per oltre 500 milioni nel 2019 e per oltre 1,1 miliardi nel 2020, mentre vengono incrementate nel 2021 e 2022, rispettivamente di circa 0,9 e 2,7 miliardi.

Per il 2020 si prevede inoltre, a garanzia per le regioni del Mezzogiorno e al fine di ridurre i divari territoriali, il rafforzamento della clausola di ripartizione in base alla popolazione delle risorse perla spesa ordinaria in conto capitale, passando dalla sola logica ex post al rispetto del principio del riequilibrio territoriale già in sede di riparto delle risorse. Tuttavia, l’esclusione dal perimetro applicativo della regola del 34 per cento degli stanziamenti previsti da leggi che fanno riferimento a “criteri o indicatori di attribuzione già individuati”, potrebbe, di fatto, ridurre l’efficacia della norma rispetto agli obiettivi dichiarati.

IL COSTO DEL LAVORO PUBBLICO DEL 2017 IN BASE AI DATI DEL CONTO ANNUALE DELLA P.A.

La Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato i risultati della rilevazione “Conto Annuale” relativi all’anno 2017 sul sito ww.contoannuale.mef.gov.it. Il Conto Annuale espone i dati sulla consistenza e i costi del personale delle Pubbliche Amministrazioni e costituisce la fonte ufficiale di informazioni per le decisioni in materia di pubblico impiego da assumere nelle sedi istituzionali.

La pubblicazione del conto annuale 2017 avviene con l’obiettivo di avvicinare il più possibile l’esperienza della navigazione dei dati alle necessità conoscitive degli utenti.

Le tematiche trattate sono le stesse degli anni precedenti, ma sia la veste grafica sia la flessibilità con cui i dati possono essere interrogati sono stati interamente rivisti. E’ ora possibile per l’utente inserire dei filtri che permettono delle selezioni multiple su tutte le variabili di interesse e modificare l’ordine di visualizzazione delle variabili stesse. I grafici presenti sulle pagine sono tutti interattivi e si modificano in funzione delle scelte impostate dall’utente. L’apparato di analisi e commento dei dati è stato notevolmente potenziato con nuovi approfondimenti sui comparti e su specifiche tematiche.

Metà del costo complessivo è equamente suddiviso fra i comparti della Scuola e della Sanità, mentre tutti gli altri comparti concorrono a formarne l’altra metà. Questa composizione è stabile nel tempo, con variazioni da un anno all’altro di qualche decimo di punto. Mutamenti significativi nella distribuzione del costo del lavoro avvengono solo in intervalli di tempo ampi3 . Rispetto alla spesa del 2016, le variazioni più significative hanno riguardato la Scuola, che ha incrementato il suo peso sul totale della spesa di quattro decimi di punto percentuale, e i comparti Sicurezza – Difesa e Università che hanno avuto incrementi minori. Tali incrementi sono stati bilanciati dalla contrazione della quota relativa agli enti del comparto Regioni ed autonomie locali che, considerando anche gli enti che applicano i contratti delle Regioni a statuto speciale, hanno perso quasi mezzo punto percentuale. Contrazioni di minore entità si sono avute anche per i Ministeri, gli Enti pubblici non economici e la Sanità. La quota percentuale dei Corpi di polizia nel 2017 ha superato il massimo del decennio raggiunto l’anno precedente, mentre il trend di crescita delle Forze armate registrato negli ultimi anni rimane appena al di sotto del massimo toccato nel 2011. Nonostante l’ingresso dei nuovi enti nella rilevazione che ha diluito la concentrazione della distribuzione, sull’intero decennio sia i Corpi di polizia sia le Forze armate hanno assorbito oltre un punto percentuale in più rispetto alla spesa del 2008. In buona parte ciò è dovuto all’aumento della spesa riconducibile alla fine del blocco, nel 2015, degli effetti economici delle progressioni di carriera comunque denominate4 che ha consentito il riallineamento fra la posizione giuridica acquisita nel corso dei quattro anni precedenti e quella economica rimasta ferma. Un trend in forte aumento è quello del comparto Scuola, la cui quota percentuale è cresciuta in cinque anni dell’1,61%, recuperando così buona parte della contrazione avuta nei primi anni del decennio. Il comparto delle Regioni ed autonomie locali registra, invece, una forte contrazione della sua quota sul totale della spesa del personale (-2,5%) che si è realizzata in modo continuo nel decennio.

L’AUDIZIONE DELL’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO SUL DISEGNO DI LEGGE 1018 SU REDDITO DI CITTADINANZA E PENSIONI

Fonte UPB

Il presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, è intervenuto oggi presso la Commissione Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato nell’ambito del ciclo di audizioni relative alla conversione in legge del decreto in materia di reddito di cittadinanza (RdC) e di pensioni. Il presidente UPB ha illustrato un documento sui contenuti del provvedimento focalizzando l’attenzione sulle principali caratteristiche delle nuove misure, sul loro perimetro d’intervento e sulle risorse ad esse destinate, sulle potenziali criticità alle quali sono esposte.

Il RdC si caratterizza rispetto ad altre misure di sostegno al reddito come ad esempio il reddito d’inclusione (REI) per un significativo aumento del livello delle soglie di selettività, della platea dei beneficiari e dell’importo del sussidio, nonché delle risorse pubbliche destinate al finanziamento dello strumento. L’UPB stima valori della platea dei beneficiari e delle spese sostanzialmente in linea con quelle riportate nella relazione tecnica al provvedimento.

Particolare enfasi è stata posta sull’offerta di forme di accompagnamento e aiuto ai soggetti in grado di svolgere un’attività lavorativa e sui dispositivi per evitare comportamenti opportunistici o elusivi da parte dei beneficiari. Nel disegno del RdC questo obiettivo si affida peraltro più a complessi meccanismi coercitivi che a incentivi volti a favorire la scelta spontanea di partecipare all’attività lavorativa.

L’incidenza dei nuclei beneficiati risulta fortemente differenziata a livello territoriale (fig. 1): il 56 per cento dei nuclei beneficiari è residente al Sud e nelle isole, mentre circa il 28 per centro è residente nel Nord. A fronte di un elevata copertura della povertà a livello nazionale (72,5 per cento rispetto alla platea potenziale dei nuclei familiari, 71,4 per cento del totale degli individui), l’allineamento tra RdC e povertà varia considerevolmente tra le diverse aree geografiche: la percentuale  dei nuclei beneficiari è prossima a quella dei nuclei in povertà assoluta nel Mezzogiorno (rispettivamente i beneficiari sono l’8,4 per cento nel Sud e il 9,8 per cento nelle isole contro una incidenza della povertà assoluta, rispettivamente, del 10,2 e del 10,5 per cento), sensibilmente più bassa al Centro e al Nord (il RdC raggiunge il 3,1 per cento nel Nord-Ovest e il 2,6 per cento nel Nord-Est, contro una incidenza della povertà assoluta, rispettivamente, del 5,7 e del 4,8 per cento). A incidere sono da un lato l’uniformità del beneficio confrontato con la forte eterogeneità territoriale delle soglie di povertà, dall’altro l’esclusione di una fetta della platea degli stranieri che contribuisce a ridurre la diffusione del reddito di cittadinanza al Nord dove la loro presenza è maggiore.

Secondo l’UPB per come è congegnato il RdC è connotato dalla debolezza degli incentivi a partecipare spontaneamente all’attività lavorativa.

Al momento della richiesta del beneficio l’intero reddito da lavoro guadagnato entra nel reddito del nucleo familiare da integrare con il RdC, il che corrisponde all’applicazione di un’imposta implicita del 100 per cento se il reddito da lavoro è pari o inferiore alla soglia.

I soggetti che lavorano e che percepiscono salari bassi avranno pertanto una disponibilità economica uguale a quelli che non lavorano. Inoltre questo disincentivo è aggravato dal fatto che la misura del RdC potrebbe spiazzare segmenti del mercato del lavoro – soprattutto al Sud – caratterizzati da retribuzioni particolarmente modeste eventualmente dovute a rapporti part-time o di collaborazione, per i quali l’attività lavorativa non risulterebbe economicamente conveniente.

Quanto alle misure coercitive, il principale disincentivo a comportamenti opportunistici è costituito dall’obbligo di accettare offerte di lavoro congrue. La credibilità di questo meccanismo non appare scontata e dipenderà dall’effettiva dimensione della disoccupazione frizionale, dall’efficacia dei Centri per l’impiego nel mettere in contatto domanda e offerta di lavoro, dalla convenienza delle imprese a rivolgersi ai beneficiari del RdC per colmare le proprie vacancies.

Sul versante delle misure in materia pensionistica – la principale delle quali è la cosiddetta “quota 100” – le simulazioni condotte dall’UPB forniscono risultati sostanzialmente in linea con le valutazioni ufficiali per quanto riguarda sia il maggior numero di pensioni in pagamento nei prossimi dieci anni sia la connessa maggiore spesa. Il maggior numero di pensioni a fine anno ammonterebbe a poco più di 314.000 nel 2019, per poi aumentare sino a poco più di 372.000 nel 2021 e quindi ridursi gradualmente sino a 150.000 circa nel 2028. La maggiore spesa lorda ammonterebbe a circa 4 miliardi nel 2019, per poi aumentare sino a circa 8,6 miliardi nel 2021 e di lì cominciare a ridursi più rapidamente dal 2024 (circa 1,4 miliardi nel 2028).

Tenendo conto che l’anticipo della pensione riduce la rata ma aumenta il numero degli anni di fruizione, “quota 100” risulterà conveniente per gran parte di coloro che matureranno i requisiti nel 2019, soprattutto se rientrano nel calcolo retributivo e hanno un tasso di sconto intertemporale superiore al 3 per cento.

LA SEZIONE DELLE AUTONOMIE DELLA CORTE DEI CONTI TORNA AD OCCUPARSI DEGLI INCENTIVI PER I TECNICI COMUNALI

L’ Art. 113 del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici): possibilità di riconoscere incentivi anche per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici in relazione ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per l’Umbria con la deliberazione n. 103/2018/PAR, enuncia il seguente principio di diritto: “Gli incentivi per funzioni tecniche previsti dall’art. 113 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) possono essere riconosciuti, nei limiti previsti dalla norma, anche in relazione agli appalti di manutenzione straordinaria e ordinaria di particolare complessità.”

Il testo integrale della sentenza lo trovate qui:

https://servizi.corteconti.it/banchedati/controllo/#!/dettaglio/delibera/MjA5LTEwLzAxLzIwMTktU0VaQVVU

LA MOTIVAZIONE DELLA VOTAZIONE NUMERICA ATTRIBUITA ALLE PROVE SCRITTE DEI CONCORSI PUO’ ESSERE SUFFICIENTE SE NEL BANDO SONO BEN DEFINITI I CRITERI

TAR LAZIO ROMA

Una sentenza del TAR Lazio, Sez III, n. 9646/2018 affronta il tema della motivazione della votazione attribuita alle prove scritte.

Con un primo ordine di censure parte ricorrente si duole per la mancanza di motivazione del punteggio poiché la valutazione dell’elaborato della seconda prova scritta, effettuata dalla nuova Commissione esaminatrice, sarebbe viziata da violazione di legge ed eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, illogicità e arbitrarietà. In particolare, sarebbe insufficiente l’espressione del mero voto numerico a giustificare la differenza di punteggio rispetto alla valutazione operata dalla prima Commissione.

Il motivo è infondato poiché, secondo l’orientamento costante della giurisprudenza amministrativa, che il Collegio condivide, il voto numerico attribuito dalle competenti Commissioni alle prove nell’ambito di un concorso pubblico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori giustificazioni quando, come nel caso di specie, siano stati elaborati criteri di massima e sufficienti parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato. La motivazione espressa in forma numerica appare del tutto fungibile con la motivazione descrittiva, trattandosi di due forme di espressione, sintetica ed analitica, delle ragioni del particolare giudizio espresso. Non può invero negarsi che la votazione è agevolmente traducibile in motivazione analitica risalendosi ai corrispondenti criteri di valutazione prefissati dall’Amministrazione.

Infatti, come si evince dal verbale della Commissione n. 1 del 3 febbraio 2015, i parametri valutativi sono stati fissati in modo chiaro e sugli stessi è la Commissione ad essere titolare di un’ampia discrezionalità, rispetto alla quale il giudice amministrativo non può sostituirsi compiendo valutazioni di merito o di opportunità, giacchè i predetti criteri possono essere censurati soltanto nei casi di manifesta illogicità e irrazionalità, elementi che non ricorrono nel caso all’esame.