LA NUOVA ORDINANZA DELLA PROTEZIONE CIVILE DEL 25 MARZO

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 del 28 marzo è stata pubblicata la nuova Ordinanza adottata dal Dipartimento della protezione Civile n. 655 in data 25 marzo ed avente per oggetto: “Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.

Molto interessante per gli enti locali è l’art. 4 che dispone quanto segue:

Gli enti locali, al fine di dare piena ed immediata attuazione ai provvedimenti normativi e di protezione civile emanati in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 ed in genere per assicurare la gestione di ogni situazione connessa all’emergenza epidemiologica, possono procedere ad appalti di servizi e forniture in deroga ai tempi e alle modalità di pubblicazione dei bandi di gara di cui agli articoli 60, 61, 72, 73 e 74 del codice dei contratti pubblici.

Al fine di superare le criticità dovute al crescente numero di decessi e all’accumulo straordinario di feretri in giacenza contenenti salme di defunti positivi al COVID-19, con la conseguente saturazione dei cimiteri e degli impianti di cremazione, è autorizzata — anche in deroga alle procedure ordinarie previste dal decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285 —la tumulazione nonché l’inumazione del feretro in apposito campo a prato verde dei cimiteri in tutti i casi in cui entro le quarantotto ore dal decesso non vi sia manifestazione di volontà da parte dei familiari dei defunti in ordine alla sepoltura ovvero non sia possibile dare seguito alla volontà di cremazione del defunto entro tre giorni nel caso in cui
risultino saturi gli impianti di cremazione della provincia.

LA CIRCOLARE APPLICATIVA DEL DPCM 22/3/2020 SUGLI SPOSTAMENTI AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Il Capo di Gabinetto del Ministro dell’Interno con la circolare 15350 del 23 marzo ha inteso chiarire alcuni punti del nuovo DPCM del 22 marzo 2020 recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale.

In particolare per quanto riguarda gli spostamenti la Circolare sottolinea come di particolare rilievo, quale ulteriore misura funzionale al contenimento del contagio introdotta dall’art. 1, comma 1, lett. b) del provvedimento in parola, è il divieto per tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati dal comune in cui attualmente si trovano.

Tali spostamenti rimangono consentiti solo per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
La disposizione, anche tenendo conto delle esigenze recentemente emerse e che hanno condotto alcuni Presidenti di Regioni ad adottare apposite ordinanze, persegue la finalità di scongiurare spostamenti in ambito nazionale, eventualmente correlati alla sospensione delle attività produttive, che possano favorire la diffusione dell’epidemia.

Si colloca in tal senso la soppressione, prevista dalla stessa norma, dell’art. 1, comma 1, lett. a) del d.P.C.M. 8 marzo 2020 che consentiva il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Per effetto di tale soppressione, la citata disposizione – inizialmente prevista per alcuni specifici ambiti territoriali ed estesa all’intero territorio nazionale dall’art. 1, comma 1 del d.P.C.M. 9 marzo 2020 – resta peraltro in vigore nella parte in cui raccomanda
l’effettuazione di spostamenti all’interno del medesimo comune solo se motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute.

Tale norma da ultimo citata va pertanto letta in combinato disposto con l’art. 1, comma 1 lett. b) del nuovo d.P.C.M., che si riferisce agli spostamenti fra comuni diversi.

Si ritiene peraltro opportuno evidenziare che, proprio in ragione della ratio ad essa sottesa, la previsione introdotta dal nuovo d.P.C.M. appare destinata ad impedire gli spostamenti in comune diverso da quello in cui la persona si trova, laddove non caratterizzati dalle esigenze previste dalla norma stessa. Rimangono consentiti, ai sensi del citato art. 1, lett. a) del d.P.C.M. 8 marzo 2020, i movimenti effettuati per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, che rivestano carattere di quotidianità o comunque siano effettuati abitualmente in ragione della brevità delle distanze da percorrere.

Rientrano, ad esempio, in tale casistica gli spostamenti per esigenze lavorative in mancanza, nel luogo di lavoro, di una dimora alternativa a quella abituale, o gli spostamenti per l’approvvigionamento di generi alimentari nel caso in cui il punto vendita più vicino e/o accessibile alla propria abitazione sia ubicato nel territorio di altro comune.

GIUNTE E CONSIGLI COMUNALI IN VIDEOCONFERENZA FINO ALLA FINE DELL’EMERGENZA

Il Consiglio dei Ministri si è riunito ieri lunedì 16 marzo 2020, alle ore 12.05 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente Giuseppe Conte. Segretario il Sottosegretario alla Presidenza Riccardo Fraccaro ed ha adottato un nuovo decreto legge.

Tra i provvedimenti adottati c’è la possibilità, fino alla fine dello stato d’emergenza,  per i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, di riunirsi in videoconferenza.

In questo modo si prevede di evitare il contagio.

Naturalmente, a causa dell’emergenza salta la possibilità dei cittadini di assistere ai consigli comunali.

LA SOSPENSIONE DEI TERMINI NEI GIUDIZI AVANTI AL CONSIGLI O DI STATO E AL TAR AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Roma, Palazzo Spada, un interno

La Commissione Speciale del Consiglio di Stato in data 10 marzo con decisione n. 571 ha reso il parere, con adunanza con collegamento da remoto, sull’ambito di applicazione della sospensione dei termini dall’8 al 22 marzo 2020 previsto dall’art. 3, comma 1, d.l. n. 11 del 2020.

Ha chiarito il parere che la rapida diffusione dell’epidemia giustifica pienamente il rinvio d’ufficio delle udienze pubbliche e camerali, disposto dal decreto nel periodo che va dall’8 al 22 marzo 2020, allo scopo di evitare, nei limiti del possibile, lo spostamento delle persone per la celebrazione delle predette udienze, nonché la trattazione monocratica delle domande cautelari (salva successiva trattazione collegiale), sempre allo scopo di evitare lo spostamento delle persone e la riunione delle stesse all’interno degli uffici giudiziari, non sembra reperirsi adeguata giustificazione, invece, per la dilatazione dei termini endoprocessuali.

Appare, pertanto, sicuramente più in linea con la ratio del decreto legge l’interpretazione della norma nel senso che il periodo di sospensione riguardi esclusivamente il termine decadenziale previsto dalla legge per la notifica del ricorso (artt. 29, 41 c.p.a.) e non anche i citati termini endoprocessuali.

Per tale diversa opzione esegetica è vivo l’auspicio della Commissione che si intervenga prontamente ed urgentemente, alla prima occasione utile, a livello normativo, con provvedimento chiarificatore di carattere interpretativo e quindi di portata retroattiva, in modo da assicurare la certezza nella materia dei termini processuali a beneficio di tutte le parti dei giudizi.

La Commissione, ben consapevole in ogni caso delle difficoltà connesse ad un’interpretazione meramente letterale della disposizione, ritiene, per tale ragione, che spetti al Collegio incaricato della trattazione della causa valutare attentamente, di volta in volta, la possibilità di accordare la rimessione in termini, per errore scusabile, alla parte che non ha potuto provvedere agli adempimenti e ai depositi nei termini di legge, possibilità questa prevista in via generale dall’art. 37 c.p.a. e, con specifico riferimento all’emergenza nazionale, anche dall’art. 3, comma 7, del decreto (tale ultima norma, pur richiamando solo i commi 2 e 3 del già citato art. 3, non fa venir meno, ad avviso della Commissione, la portata generale dell’istituto di cui all’art. 37 c.p.a. e, dunque, la possibilità di applicarla in via generale). Come è noto, infatti, il giudice, in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto (circostanze entrambe che potrebbero ben ricorrere in casi del genere), può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile.

IL NUOVO RAPPORTO DELL’ISTAT SULLA SITUAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO

Una delle missioni dei Comuni è denominata: “Politiche per il lavoro e la formazione professionale”, ma in molti bilanci anche i più recenti, non si trova questa voce, come se ai Sindaci e agli amministratori locali non interessasse il problema del lavoro dei loro cittadini ed elettori, ma la cosa più grave è che neanche le cosiddette opposizioni dicono nulla.

L’ISTAT ha pubblicato il nuovo rapporto annuale sul mercato del lavoro 2020 che è frutto della collaborazione sviluppata nell’ambito dell’Accordo quadro tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, finalizzato a produrre informazioni armonizzate, complementari e coerenti sulla struttura e sulla dinamica del mercato del lavoro in Italia. L’obiettivo è valorizzare la ricchezza delle diverse fonti d’informazione sull’occupazione – amministrative e statistiche – per rispondere alla crescente domanda di una lettura integrata dei dati sul mercato del lavoro.

Gli approfondimenti presentati nel rapporto affrontano più tematiche, intrecciando gli aspetti congiunturali e ciclici con l’evoluzione del quadro strutturale – segnato dal progressivo rallentamento della crescita economica – in un contesto di una maggiore incertezza globale dovuta alle guerre commerciali, attenuate ma non scomparse in seguito al recente accordo Usa-Cina, e alle accresciute tensioni geopolitiche. La comparsa del coronavirus Covid-19 a gennaio 2020 e la sua rapida diffusione in Cina e nel resto del mondo stanno inoltre indebolendo ulteriormente le prospettive di crescita economica con un prevedibile impatto sfavorevole anche sul mercato del lavoro.

Il quadro che emerge dal rapporto presenta diversi aspetti positivi insieme alle criticità che la ripresa economica degli ultimi anni ha solo in parte attenuato. Se, infatti, da un lato emergono evidenze di un miglioramento del mercato del lavoro in cui fattori di fondo – demografici e sociali, di selezione interna e risposte ai mutamenti tecnologici delle imprese – e di più breve periodo hanno contribuito a una prolungata ripresa che ha portato i livelli occupazionali ai massimi storici; dall’altro permane un’ampia area di inoccupazione e sottoccupazione dove spicca l’utilizzo del part time involontario, accanto all’aumento dei divari con l’Ue e l’acuirsi degli squilibri territoriali.

Complessivamente, il rapporto intende fornire una base empirica e analitica utile a favorire lo sviluppo del dibattito pubblico sul tema del lavoro.

A questo link trovate il Rapporto:

https://www.istat.it/it/archivio/239380

PROBLEMI DI DEMOCRAZIA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Come in tutti i casi di emergenza e maggiormente in questo difficile momento che coinvolge la salute dei cittadini, sono state giustamente introdotte norme straordinarie per limitare le possibilità di contagio che coinvolgono anche gli organi più importanti della nostra democrazia rappresentativa come il Parlamento, i Consigli regionali, i Consigli comunali, ecc.

Questa situazione non può e non deve essere utilizzata da chi occupa pro tempo le poltrone del potere per abusare assumendo atti che in altri tempi avrebbero dovuto essere sottoposti al corretto controllo democratico degli organi preposti alla programmazione e al controllo, quali sono appunto quelli che ho citato.

A chi si trova ad amministrare in questo difficile periodo si chiede di raddoppiare l’attenzione circa la trasparenza delle proprie scelte, sui criteri seguiti, sui pareri acquisiti, sul coinvolgimento anche in maniera telematica delle minoranze, ma anche delle associazioni interessate.

Alle minoranze che troppo spesso dimenticano di fare opposizione si chiede, pur nel rispetto della gravità della situazione e senza speculare, di seguitare comunque a svolgere in maniera appropriata il loro ruolo.

I cittadini non vorrebbero, alla fine (che speriamo rapida) di questa emergenza, ritrovarsi difronte a scelte consolidate non condivisibili.

LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA SI PRONUNCIA SULLE CLAUSOLE SOCIALI NEL CASO DI TRASFERIMENTO D’IMPRESA

Il giorno 27 febbraio 2010 la quarta sezione della Corte dei Giustizia Europea nella causa C-289/18 avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Arbeitsgericht Cottbus – Kammern Senftenberg (Tribunale del lavoro di Cottbus – Sezioni di Senftenberg, Germania), con decisione del 17 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 2 maggio 2018, nel procedimento di Reiner Grafe e Jürgen Pohle contro la Südbrandenburger Nahverkehrs GmbH e la OSL Bus GmbH ha dichiarato quanto segue:

L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, deve essere interpretato nel senso che, allorché un’entità economica rileva un’attività il cui svolgimento richieda importanti mezzi di esercizio, secondo una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, il fatto che detta entità economica non rilevi tali mezzi, di proprietà dell’entità economica che esercitava precedentemente la suddetta attività, a causa di vincoli giuridici, ambientali e tecnici imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, non preclude necessariamente la qualificazione della fattispecie quale trasferimento di impresa, qualora altre circostanze di fatto, come la riassunzione di una parte sostanziale del personale e il proseguimento, senza soluzione di continuità, dell’attività di cui trattasi, consentano di concludere per il mantenimento dell’identità dell’entità economica interessata, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare.

Qui il link per il testo della sentenza:

CNR: IL RAPPORTO SULLE ECONOMIE DEL MEDITERRANEO 2019

Oggi 2 marzo sarà presentato a Napoli il “Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019” a cura dell’Istituto di studi sul Mediterraneo del Cnr, edito da il Mulino.

Al centro del volume, il legame tra ambiente, crescita economica e stabilità politica nel Mediterraneo. Parteciperanno il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il segretario generale dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi, il direttore del Dipartimento scienze umane Cnr Gilberto Corbellini e il direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie dell’Università Parthenope Giorgio Budillon

L’ambiente e le sue interrelazioni con le dinamiche economiche e sociali nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, i cambiamenti climatici e il loro impatto sui territori, i costi in termini di mortalità, morbilità e qualità della vita dell’inquinamento ambientale sono i temi al centro del “Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019” (REM19) curato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismed), che sarà presentato il prossimo 2 marzo a Napoli, presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare (via Cesario Console 3/bis). All’evento, che si svolgerà nell’ambito della giornata di studi su “Clima, economia e ambiente”, prenderanno parte il ministro dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare Sergio Costa, il segretario generale dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi, il direttore del Dipartimento scienze umane e sociali, patrimonio culturale del Cnr Gilberto Corbellini e il direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie dell’Università Parthenope di Napoli Giorgio Budillon. REM19 parte dai risultati del convegno “Mutamenti climatici, crisi socio-economiche e (in)sicurezza alimentare: un Mediterraneo in transizione”, organizzato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo (Cnr-Ismed) in memoria di Eugenia Ferragina, ricercatrice e curatrice del Rapporto per diversi anni.

“I cambiamenti climatici sono un fatto eclatante il cui impatto sull’ambiente e sui territori si manifesta attraverso fenomeni estremi, che generano ingenti costi e difficoltà per la crescita sostenibile dell’ecosistema. Questo è particolarmente vero per alcune aree del bacino mediterraneo, dove dinamiche del clima, pressioni antropiche e fenomeni economico-sociali si intersecano in un rapporto di doppia causalità: produzioni ed emissioni inefficienti e intensive influenzano il clima che, a sua volta, influenza i processi di desertificazione, le migrazioni e la sostenibilità di intere economie. Questi fenomeni, spesso studiati attraverso approcci mono-disciplinari – le scienze sociali, la climatologia, altre scienze dure… – nel Rapporto vengono analizzati in chiave multidisciplinare, come caratteristico del Cnr, con un focus unico”, spiega Salvatore Capasso, curatore del volume e ricercatore associato Cnr-Ismed. “Le distanze tra i livelli di produzione, sviluppo e ricchezza delle economie più ricche e più povere dell’area si traducono in altrettanto differenti relazioni tra attività economica e qualità ambientale. Al crescere dello sviluppo, i paesi possono infatti permettersi tecniche di produzione più efficienti, virare la struttura economica verso settori meno inquinanti, cambiare attitudini culturali e aumentare il valore della qualità ambientale nel paniere dei consumatori. Anche le pressioni demografiche e il grado di urbanizzazione sfavoriscono le economie meno sviluppate della sponda sud”.

“Le anomalie climatiche hanno agito da acceleratore delle tensioni sfociate in conflitti e rivolte che a partire dal 2011 hanno infiammato il Nord Africa e la Siria”, sottolinea Grammenos Mastojeni, vicesegretario generale dell’Unione del Mediterraneo (UfM) incaricato per il settore clima ed energia. “Anche se non si possono etichettare le rivolte del Mediterraneo come conflitti ambientali, non vi è dubbio che il cambiamento climatico risulta spesso il fattore scatenante dei conflitti”.

“L’elevata sensibilità al degrado ambientale dell’area mediterranea impatta negativamente sulle condizioni ambientali e socio-economiche, e sul livello di sicurezza umana. Questi fattori, combinati con altri, sono spesso alla base di processi migratori molto complessi. A partire dal 2011, fattori quali le primavere arabe, le crisi alimentari e lo scoppio della guerra in Siria hanno contribuito a creare un’emergenza migratoria che pone sotto pressione la frontiera euro-mediterranea” sostiene Alfonso Giordano, docente di Geografia politica alla Luiss Guido Carli di Roma. “Chiaramente, il cambiamento climatico non porta automaticamente a situazioni di insicurezza o conflitti, ma esistono relazioni complesse tra climate change e fattori politici, sociali, economici, ambientali che possono minare la sicurezza o innescare/esacerbare i conflitti. La maggioranza degli studi scientifici indica, non a caso, che la vulnerabilità ai cambiamenti climatici nel Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana risulta tra le principali determinanti delle dinamiche migratorie”.

Il Rapporto è edito da Il Mulino e giunto alla XV edizione. “Il bacino è particolarmente sensibile alle vicissitudini climatiche in quanto collocato in un’area di transizione tra i climi aridi e caldi del Nord Africa e quelli piovosi e temperati dell’Europa centrale. Il clima del Mediterraneo si distingue per la forte variabilità spaziale, con differenze marcate tra il Nord e l’area meridionale, nella stagione sia invernale che estiva”, prosegue Giorgio Budillon, ordinario di Oceanografia e fisica dell’atmosfera alla Parthenope di Napoli. “L’area del Mediterraneo, a causa di effetti naturali e antropici combinati, soffre di un’alta vulnerabilità in cui il climate change avrà rilevanti conseguenze. L’alternarsi di maggiori precipitazione e lunghi periodi di siccità, il rischio idro-geologico e la scarsità d’acqua aumenteranno, con conseguenze negative notevoli sul settore agricolo. L’innalzamento del livello del mare e l’aumento delle temperature medie ed estreme potrà accelerare l’erosione costiera e influire negativamente sul turismo”.

Rosaria Battarra, ricercatrice Cnr-Ismed, e Carmela Gargiulo, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica dell’università di Napoli Federico II, si concentrano sugli effetti sulle aree costiere dovuti all’innalzamento del livello del mare, con l’obiettivo di fornire indicazioni di policy utili. “Circa 150 milioni di persone vivono sulle coste del Mediterraneo, 1/3 della popolazione totale degli Stati che vi si affacciano, quota che raddoppia al 65 per cento sulla riva Sud. Forte aumento demografico, progressivo inurbamento e crescita della pressione demografica nelle aree costiere caratterizzano quasi tutta la regione. In tale contesto, il principale rischio per le aree costiere è costituito dall’innalzamento del livello del mare e dall’erosione. Diversi organismi sovranazionali stanno mettendo in campo iniziative per supportare i paesi rivieraschi nella messa a punto di strategie comuni ma diversificate. Per esempio, l’Ue finanzia iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica quale strategia di mitigazione e la politica europea sottolinea la necessità di implementare strategie di adattamento transfrontaliere utilizzando strumenti come l’Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument). L’obiettivo è rendere l’Europa più resiliente”.

“Esplorando il nesso tra acqua, cibo ed energia”, osserva Desireé Quagliarotti, ricercatrice Cnr-Ismed, “la tendenza verso un uso più intenso delle fonti rinnovabili nei paesi euro-mediterranei potrà favorire un duplice obiettivo: diminuire la dipendenza da paesi politicamente instabili e ridurre le emissioni di gas serra”. Purtroppo, conclude Silvana Bartoletto, professore associato di Storia economica all’università Parthenope di Napoli, “sebbene l’area sia particolarmente esposta agli effetti del cambiamento climatico, la quota delle rinnovabili dal 1971 al 2016 è aumentata di soli due punti percentuali. Oltretutto, pur possedendo il Mediterraneo un notevole potenziale per la produzione di elettricità da energia solare, almeno la metà del consumo rinnovabile in quest’area è rappresentato da biocombustibili, legna in primis. È necessario uno sforzo maggiore in tal senso”.

LE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA LEGGE 8/2020 CHE HA CONVERTITO IL DECRETO LEGGE MILLEPROROGHE

Alcuni stemmi di Comuni italiani

Sul S.O. alla Gazzetta Ufficiale 51 del 29 febbraio 2020 è stata pubblicata la legge 8/2020 con cui è stato convertito in legge con molte modifiche e integrazioni il D.L. 162/2019 c.d. milleproroghe (termine che anche quest’anno si conferma appropriato).

Moltissime sono le norme che interessano gli enti locali, per cui mi soffermerò su quelle più importanti :
a) Art. 1, commi 1 e 1-bis: riguarda il termine per la stabilizzazione del personale ;
b) Art. 1 comma 1-ter: riguarda la proroga del termine per attuare le progressioni verticali;
c) Art. 4 comma 3-quater: riguarda i canoni di concessione;
d) Art. 16-Con la finalità di ovviare alla carenza di segretari nei piccoli comuni si prevede poi la possibilità di conferire, in via transitoria e per un massimo di 12 mesi, le funzioni di vicesegretario comunale “reggente” a funzionari di ruolo di un ente locale, con determinati requisiti. Si interviene infine sulla disciplina relativa alle classi demografiche dei comuni ai fini dell’assegnazione dei segretari comunali, prevedendo che esse siano determinate, in caso di convenzione, dalla sommatoria degli abitanti di tutti i comuni.
e) Art. 17 comma 1-bis: riguarda la proroga per lo scorrimento delle graduatorie anche su posti trasformati successivamente all’indizione del concorso;
f) Art. 18: contiene misure urgenti per il ricambio generazionale e la funzionalità nella pubblica amministrazione e nei piccoli comuni;
g) Art. 18-ter: stabilisce che “nell’articolo 90, comma 2, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «contratto di lavoro subordinato a tempo determinato» si interpretano nel senso che il contratto stesso non può avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica, anche in deroga alla disciplina di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e alle disposizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro che prevedano specifiche limitazioni temporali alla durata dei contratti a tempo determinato”.
h) Art. 38 commi 1-3; gli enti in pre-dissesto che si trovino in difficoltà a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n.18/2019 possono accedere ad ulteriori anticipazioni del Ministero dell’Interno;
i) Art. 39-bis: proventi da sanzioni al codice della strada;
l) Art. 39-ter: l’eventuale disavanzo derivante dall’applicazione della sentenza della corte costituzione n. 4/2020 può essere ripianato gradualmente con quote annuali;
m) Art. 39-quater: l’eventuale disavanzo dell’esercizio 2019 derivante dall’introduzione delle nuove norme per il calcolo dell’accantonamento al Fondo specifico potrà essere ripianato in 15 annualità.

Pur nella complessità della situazione appare singolare l’attività di “rimediare” alle sentenze della Corte Costituzionale.