Uno dei punti più delicati nelle procedure concorsuali è sempre quello relativo ai titoli.
Naturalmente il problema nasce all’origine in quanto talora può capitare che, specialmente negli avvisi per soli titoli ed esami questo elemento assuma una importanza che può essere determinante.
Spesso si leggono dei bandi in cui chi li ha predisposti ha fatto degli sforzi ammirevoli per cercare di inventarsi qualcosa (per cui non si comprende se sia fatto per favorire qualcuno o solo per ignoranza), mentre oramai si tratta di punti fermi acquisiti:
- Titoli di carriera
- Titoli accademici e di studio
- Pubblicazioni e titoli scientifici
- Curriculum formativo e professionale
Su questa materia, come è comprensibile negli anni si è sviluppata una numerosa giurisprudenza che chi predispone i bandi farebbe bene a rileggersi prima di scrivere qualcosa in quanto eviterebbe nuovi ricorsi ed inutili perdite di tempo.
Il problema più importante è quello di trovare un giusto bilanciamento tra i vari titoli, premiando in maniera adeguata, ma senza strafare, i titoli di carriera.
Il Dipartimento della funzione pubblica con la recentissima direttiva n. 3/2018 a questo proposito afferma quanto segue:
Nelle previsioni relative ai titoli, occorre assicurare un adeguato bilanciamento tra i titoli di servizio (che premiano coloro che sono già dipendenti pubblici, presso la stessa o altre amministrazioni) e altri titoli.
Occorre evitare di escludere di fatto categorie di potenziali candidati meritevoli (in particolare quelli più giovani) attribuendo un peso eccessivo a titoli che essi non possono avere: per evitare questo rischio, si può stabilire un punteggio massimo a determinati titoli, come l’attività lavorativa svolta.
Per quanto riguarda i titoli di servizio, essi non devono essere discriminatori, per esempio se si tratta di titoli di cui possono realisticamente essere in possesso soltanto, o quasi soltanto, i dipendenti in servizio presso l’amministrazione che bandisce il concorso. Per quanto possibile, i titoli di servizio non dovrebbero consistere semplicemente nell’aver svolto un’attività lavorativa, ma nell’averla svolta in modo meritevole, sempre che di tale meritevolezza possa darsi un criterio e un indice distintivo e significativo.
Questa esigenza, peraltro, va valutata in relazione al funzionamento disomogeneo dei sistemi di valutazione delle amministrazioni. Dei risultati del processo di valutazione della performance, che sia stato validato dall’Organismo di valutazione, si può comunque tenere conto per la valutazione dei candidati interni, nel caso in cui vi sia una riserva di posti o sia previsto un punteggio aggiuntivo a loro favore.
Sotto questo profilo, sarebbe buona pratica quella di valorizzare incarichi che presuppongano una particolare competenza professionale e che siano conferiti con provvedimenti formali, sia dall’amministrazione pubblica di appartenenza, sia da altri soggetti pubblici, ovvero anche lavori originali verificabili, prodotti nell’ambito del servizio prestato o dell’incarico conferito, che presuppongano e dimostrino una particolare competenza professionale, oltre quella ordinaria richiesta per la qualifica o profilo di inquadramento.
In ogni caso, i titoli devono essere individuati e valutati secondo un criterio di rilevanza e di attinenza con le materie oggetto delle prove d’esame e con le funzioni che si andranno ad esercitare, cercando il giusto equilibrio tra la valorizzazione delle competenze e del merito e la necessità di non gravare eccessivamente la commissione con una attività di valutazione di titoli troppo numerosi e di scarsa significatività, foriera peraltro di appesantimenti procedurali e di eccessive e non proficue parcellizzazioni dei punteggi.
A questo scopo, i bandi potranno prevedere un limite al numero di titoli che ciascun candidato può presentare (per esempio, un limite al numero di incarichi svolti, al numero di pubblicazioni prodotte, al numero di attività di formazione fruite), in modo che ciascun candidato sia indotto a indicare i titoli maggiormente rilevanti e che la competizione si svolta su quelli.
Personalmente ritengo che in un concorso per titoli ed esami i 100 punti vadano ripartiti come segue: 30 punti per la valutazione dei titoli, 30 pe rla prova pratica, 30 per la prova scritta e 20 per l’orale.
A loro volta i punti dei titoli potrebbero essere ripartiti così:
- Titoli di carriera: 10
- Titoli accademici e di studio: 5
- Pubblicazioni e titoli scientifici: 5
- Curriculum formativo e professionale: 10