La Commissione Affari costituzionali della Camera in 25 giugno ha audito il presidente dell’ANAC sulla prevenzione dei conflitti di interesse.
Al riguardo il dott. Cantone ha riferito che “nella sua accezione più stretta, il conflitto di interessi è la situazione nella quale si viene a trovare un funzionario pubblico legittimamente in carica, quando una sua decisione pubblica (a anche la sola partecipazione alla decisione) possa essere impropriamente influenzata dall’esistenza di interessi particolari verso i quali il funzionario sia per diverse ragioni molto sensibile, distorcendo la cura imparziale dell’interesse pubblico. In una accezione più ampia, che qui si adotta, il conflitto di interessi consiste in situazioni che l’ordinamento deve prevenire anche prima (e dopo) il concreto esercizio delle funzioni pubbliche. Il conflitto di interessi può sorgere in rapporto a tutte le categorie dei pubblici funzionari, che comprendono tutti “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche” (art. 54 Cost). Il dovere di adempiere tali funzioni con “disciplina e onore” va letto in stretta correlazione con il principio di imparzialità stabilito dall’art. 97 Cost. Vi è, quindi, un dovere di imparzialità nell’esercizio delle funzioni pubbliche che accomuna i funzionari onorari, cioè coloro che svolgono la carica pubblica per la durata del mandato politico, e i funzionari professionali, che svolgono i propri compiti in modo permanente al servizio di istituzioni pubbliche, con i quali si comprendono tanto i magistrati addetti alle funzioni giurisdizionali quanto i pubblici dipendenti addetti allo svolgimento di funzioni amministrative. Questa comune radice costituzionale non ha impedito una forte divaricazione nella disciplina degli strumenti di prevenzione del conflitto di interessi tra le diverse categorie, in particolare tra i titolari di cariche politiche e i pubblici dipendenti. Tale divaricazione, come si vedrà, ha giustificazioni storiche e un fondamento costituzionale, ma per molte parti risulta eccessiva e sembra meritevole di un approccio unitario, salve le necessarie differenziazioni.
Si possono isolare quattro tipi di strumenti di prevenzione dei conflitti di interesse. Dapprima vi sono gli strumenti che impediscono l’accesso o la permanenza nella carica pubblica di soggetti che si trovino in situazioni, anche temporanee, di cura di interessi particolari che non diano sufficienti garanzie di imparzialità (ineleggibilità, incandidabilità, inconferibilità). Vi sono, poi, strumenti che impediscono ai titolari di cariche pubbliche (coloro che sono stati legittimamente investiti dalla carica) di coltivare interessi particolari in conflitto con l’interesse pubblico (incompatibilità, autorizzazioni ad incarichi esterni, astensione dalla partecipazione a singole decisioni pubbliche). I conflitti di interesse sono prevenuti anche attraverso la fissazione di doveri di comportamento (dichiarazione del conflitto, effettiva astensione dalla partecipazione alla decisione). L’ordinamento cura, ormai, anche la fase successiva allo svolgimento della funzione pubblica, con l’introduzione di divieti all’assunzione di incarichi privati (all’assunzione cioè di interessi particolari) immediatamente dopo la cessazione dell’esercizio della carica, se tale esercizio ha riguardato, anche potenzialmente, tali interessi (il c.d. pantouflage). Come si è accennato, tali strumenti sono impiegati dall’ordinamento italiano in modo nettamente differenziato tra funzionari “politici” e funzionari professionali.