GLI ENTI TERRITORIALI LOCALI NELLA RIFORMA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

L’ente territoriale per eccellenza è lo Stato che per poter esplicare le proprie funzioni è articolato negli enti locali; pertanto il territorio pur rimanendo uguale nella propria materialità viene riguardato dal diritto sotto diversi profili e rappresenta l’oggetto di diverse potestà[1].

L’Assemblea costituente nel disciplinare l’organizzazione amministrativa dello Stato ritenne di confermare la coessenzialità alla struttura dello Stato delle Province e dei Comuni, già presenti nello Statuto Albertino istituendo per la prima volta le Regioni anche allo scopo di avvicinare maggiormente le istituzioni ai cittadini per un effettivo decentramento e curando di attribuire una maggiore tutela costituzionale alle Regioni infondendo ad esse rilievo costituzionale[2].

Allo scopo di tener presente la specificità di alcune regioni sono stati previsti due tipi di autonomia regionale: quella «ordinaria» che ha applicazione generale e quella «speciale» prevista per sei regioni (indicate all’art.116).

Nel corso di questi settanta anni la Costituzione è stata oggetto di molti interventi, tra i quali quello più importante è stato operato con la legge costituzionale n. 3/2001 che ha introdotto il principio del federalismo attribuendo alle regioni e alla province autonome di Trento e Bolzano la potestà legislativa concorrente su numerose materie per la quali lo Stato si è comunque riservato la determinazione dei principi fondamentali (art.117 vigente).

L’introduzione del principio del federalismo è stato esteso anche agli aspetti fiscali per cui progressivamente sono stati ridotti i trasferimenti dallo Stato che ora sono limitati alla sola compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio.

Su questa situazione è poi intervenuta la L. 56/2014 con la quale sono state dettate disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni al fine di adeguare il loro ordinamento ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Dal 1° gennaio 2015 le città metropolitane sono subentrante alle province omonime e sono succedute ad esse in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercitano le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno; dalla predetta data i sindaci dei comuni capoluogo hanno assunto le funzioni di sindaco metropolitano e le città metropolitane operano con i loro statuti e i loro organi, assumendo anche le funzioni di loro competenza.

L’art.51 della predetta legge 56/2014 ha stabilito inoltre alcune norme per disciplinare il funzionamento delle province in attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione che è stato avviato in quel periodo.

Dopo un lungo iter (reso obbligatorio dalla Costituzione) il 15 aprile scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione».

Infine con DPR in data 27 settembre 2016 sono stati infine convocati i comizi per lo svolgimento del Referendum costituzionale per l’approvazione della citata legge costituzionale.

In questi giorni molti cercano di mostrare i cambiamenti che si verrebbero a creare a livello di enti territoriali se al referendum vincesse il SI e fosse confermata la riforma fortemente voluta dall’attuale Presidente del Consiglio.

Per cercare di illustrare meglio i cambiamenti sono stati pubblicati alcuni testi del nuovo testo della Costituzione messo a confronto con quello vigente.

Il problema è che nessuno ha pensato a mettere a confronto il nuovo testo con quello approvato nel 1947 e che in questi anni, come già accennato. ha subito già molte modifiche, non tutte condivisibili.

Ma andiamo per ordine: il Titolo V era intitolato: “Le regioni, le Province, i Comuni”, mentre nelle nuova versione il titolo è: “Le Regioni, le Città Metropolitane e i Comuni”.

ART-114 (1947)

La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni

ART.114 (NUOVO)

La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.

Se il titolo parla di Regioni, Città metropolitane e comuni, non si comprende perché debba essere ricordato che esiste anche lo Stato, quasi ci sia il timore che qualcuno possa dimenticarsene? Scompaiono le province, ma lasceranno un vuoto, per cui mentre alcune funzioni andranno alle Regioni, già tutti dicono che sarà creato un nuovo ente intermedio l’area vasta[3], che non avrà rilievo costituzionale, di fatto già esistente ad esempio in Toscana, per la gestione in service, cioè in maniera centralizzata di molti servizi dei Comuni come le gare, i servizi pubblici ed altre funzioni altrimenti troppo costose per essere gestite a livello locale; nulla si crea e nulla si distrugge…ma allora tutti i risparmi?

ART.115 (1947)

Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i princìpi fissati nella Costituzione.

ART.115 (NUOVO)

Abrogato dalla legge 3/2001

ART.116 (1947)

Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali

ART.116 (NUOVO)

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, m), limitatamente alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, n), o), limitatamente alle politiche attive del lavoro e all’istruzione e formazione professionale, q), limitatamente al commercio con l’estero, s) e u), limitatamente al governo del territorio, possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 119, purché la Regione sia in condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio.

La legge è approvata da entrambe le Camere, sulla base di intesa tra lo Stato e la Regione interessata.

Come accennato questo articolo nel 1947 fu il frutto della situazione esistente all’epoca[4] e delle minacce di separatismo che venivano dal Trentino Alto Adige e dalla Sicilia; a distanza di tanti anni forse si sarebbe potuto pensare ad armonizzare lo status delle regioni, invece qui si incentiva la spinta autonomistica anche di altre minando l’unità dello Stato.

La possibilità di concedere anche ad altre regioni particolari forme di autonomia rappresenta un evidente segno di ulteriore cedimento a interessi locali.

ART. 117 (1947)

La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:

Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;

Circoscrizioni comunali;

Polizia locale urbana e rurale;

Fiere e mercati;

Beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;

Istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;

Musei e biblioteche di enti locali;

Urbanistica;

Turismo ed industria alberghiera;

Tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale;

Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;

Navigazione e porti lacuali;

Acque minerali e termali;

Cave e torbiere;

Caccia;

Pesca nelle acque interne;

Agricoltura e foreste;

Artigianato.

Altre materie indicate da leggi costituzionali.

Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.

ART 117 (NUOVO)

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

  1. a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
  2. b) immigrazione
  3. c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
  4. d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
  5. e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari e assicurativi; tutela e promozione della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; perequazione delle risorse finanziarie;
  6. f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
  7. g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; norme sul procedimento amministrativo e sulla disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche tese ad assicurarne l’uniformità sul territorio nazionale;
  8. h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
  9. i) cittadinanza, stato civile e anagrafi; 
  10. l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa
  11. m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare;
  12. n) disposizioni generali e comuni sull’istruzione; ordinamento scolastico; istruzione universitaria e programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica;
  13. o) previdenza sociale, ivi compresa la previdenza complementare e integrativa; tutela e sicurezza del lavoro; politiche attive del lavoro; disposizioni generali e comuni sull’istruzione e formazione professionale;
  14. p) ordinamento, legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni e Città metropolitane; disposizioni di principio sulle forme associative dei comuni;
  15. q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; commercio con l’estero;
  16. r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
  17. s) tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; ambiente ed ecosistema; ordinamento sportivo; disposizioni generali e comuni sulle attività culturali e sul turismo;
  18. t) ordinamento delle professioni e della comunicazione;
  19. u) disposizioni generali e comuni sul governo del territorio; sistema nazionale e coordinamento della protezione civile;
  20. v) produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia;
  21. z) infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di rappresentanza delle minoranze linguistiche, di pianificazione del territorio regionale e mobilità al suo interno, di dotazione infrastrutturale, di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico

locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale; salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, in materia di servizi scolastici, di promozione del diritto allo studio, anche universitario; in materia di disciplina, per quanto di interesse regionale, delle attività culturali, della promozione dei beni ambientali, culturali e paesaggistici, di valorizzazione e organizzazione regionale del turismo, di regolazione, sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, delle relazioni finanziarie tra gli enti territoriali  della Regione per il rispetto degli obiettivi programmatici regionali e locali di finanza pubblica, nonché in ogni materia non espressamente riservata alla competenza esclusiva dello Stato.

Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’Unione europea e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite con legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potestà regolamentare spetta allo Stato e alle Regioni secondo le rispettive competenze legislative. È fatta salva la facoltà dello Stato di delegare alle Regioni l’esercizio di tale potestà nelle materie di competenza legislativa esclusiva. I Comuni e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite, nel rispetto della legge statale o regionale.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

Nel testo originario le regioni a Statuto ordinario potevano legiferare entro i limiti delle leggi contenenti i principi fondamentali dettate dallo Stato che rappresentavano delle vere e proprie leggi «cornice»[5] a somiglianza di quanto avveniva in Francia, Gran Bretagna e Germania. Ora viene invece ad essere introdotta una legislazione «esclusiva» dello Stato su moltissime materie, non solo eliminando il federalismo introdotto dalla legge costituzionale n, 3/2001, ma addirittura prevedendo norme più accentratrici di quanto previsto dal testo originario. Questo mentre poi alle regioni a statuto speciale si concede sempre maggiore autonomia.

Manca una visione d’insieme ed è evidente il tentativo di accontentare vari gruppi di pressione.

Nel complesso c’è un evidente appesantimento del testo che, se da una parte serve a prevenire contenzioso con le regioni, appare estremamente pericoloso proprio perché essendo così minuzioso, può aver dimenticato qualcosa.

Forse il testo originario pur nella sua semplicità era più convincente.

La ripartizione verticale di fatto è cancellata quasi del tutto in moltissime materie, tra le quale proprio quelle che riguardano il territorio e l’ambiente.

Tutta la parte della legislazione concorrente è abrogata. Probabilmente si vuole anche smantellare (ma non è necessario modificare la Costituzione) anche la Conferenza Stato- Regioni che, nata nel 1983 in tutti questi anni ha dato un contributo spesso fondamentale per migliorare le proposte di legge o di decreti legislativi (che gli venivano sottoposti).

Di fatto le regioni verranno ad avere meno potere di oggi, ma addirittura rispetto a quando sono nate su moltissime materie e non si comprende come possano avere dato il loro consenso anche perché lo Stato in alcuni settori definiti strategici come le fonti energetiche o le infrastrutture potrà disporre a suo piacimento senza ascoltare il parere delle regioni o delle popolazioni interessate.

ART. 118 (1947)

Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali.

Lo Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative.

La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici.

ART. 118 (NUOVO)

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Le funzioni amministrative sono esercitate in modo da assicurare la semplificazione e la trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori.

I Comuni e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento in materia di tutela dei beni culturali e paesaggistici.

Stato, Regioni, Città metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Qui si assiste ad un ribaltamento della concezione finora esistente in quanto il Comune, in quanto presidio di prossimità riconosciuto dal cittadino diviene il titolare delle funzioni amministrative in prima persona e non in quanto delegato dallo Stato o da altri enti superiori. Viene peraltro previsto che per assicurare l’esercizio unitario di alcune di queste funzioni queste possano essere conferite alle Città metropolitane, alle Regioni e allo Stato.

ART. 119 (1947)

Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie dei Comuni.

Alle Regioni sono attribuiti tributi proprî e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.

Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.

La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.

ART. 119 (NUOVO)

“I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ ordinamento dell’Unione europea.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri e dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, in armonia con la Costituzione e secondo quanto disposto dalla legge dello Stato ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti assicurano il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Regioni. Con legge dello Stato sono definiti indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza nell’esercizio delle medesime funzioni.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.

Come si può vedere il nuovo testo dell’articolo che è dedicato alle risorse finanziarie è molto più ampio di quello precedente ribadendo l’autonomia dei Comuni e delle Regioni; i tributi che precedentemente andavano alle province saranno attribuiti molto probabilmente in funzione delle materie (ma già le città metropolitane sono alla ricerca di nuove risorse). Rispetto al passato viene posta maggiore attenzione al pareggio di bilancio nel rispetto delle nuove norme statali ed europee.

Nel complesso devo dire che la nostra la Costituzione, la grund norm[6] posta a base delle nostre leggi non può essere un organismo morto, ma deve vivere con il Paese, per cui non c’è dubbio che debba essere adeguata ai tempi; peraltro per quanto riguardo nello specifico il Titolo V come ho sinteticamente accennato, pur condividendo la necessità di intervenire su di un sistema che soffre e che è inadeguato specialmente dal punto di vista organizzativo, non appare possibile assentire alla proposta approvata per le argomentazioni già esposte, ma anche a causa della mancata previsione di molte norme che dovrebbero garantirne una armonica attuazione evitando di creare vacanze di potere.

Pur apprezzando una certa attenzione a problemi che potrebbero essere causati da comportamenti omissivi di qualche amministratore locale mi sembra che il sistema dei checks and balances[7] ipotizzato non sia sufficiente a fronteggiare i problemi creati da una massa di oltre ottomila enti locali. Prova ne sia la questione delle unioni[8] dei Comuni rinviata di anno in anno, senza che venga adottate alcun provvedimento sanzionatorio nei confronti delle amministrazioni inadempienti.

I Comuni sono gli enti territoriali locali per eccellenza, enti necessari, direi quasi «obbligatori» che si confrontano quotidianamente con la realtà di moltissimi abitanti; la stragrande maggioranza di essi hanno meno di quindicimila abitanti e fanno fatica a rispondere alla marea di adempimenti richiesti dallo stato quasi quotidianamente, occorre che al più presto vengano messi in grado di potersi avvalere di strutture che possano sollevarli da molte delle funzioni fondamentali prevedendo eventualmente dei livelli progressivi di deleghe in modo da lasciare più spazio ai comuni più grandi e meno carico a quelli più piccoli.

Infine le Regioni, devono essere messe in condizione di poter partecipare direttamente a certe scelte, non è possibile che lo Stato con un colpo di mano elimini la legislazione concorrente con la scusa di alcuni difetti del vecchio Titolo V (peraltro corretti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale), per modificare radicalmente il nostro ordinamento regionale andando addirittura al di là della correzione degli errori della riforma del 2001 e procedendo ad una sistematica eliminazione dei poteri legislativi delle Regioni in quasi tutte le materie finora di loro competenza. In tal modo, si procede ad una drastica riduzione dell’autonomia delle quindici Regioni ordinarie a solo quella amministrativa, mentre le cinque Regioni ad autonomia speciale restano estranee a tutto ciò (perfino alla clausola di supremazia!) e vedono mantenuti tutti i loro attuali poteri e privilegi, anzi accresciuti dall’incredibile previsione che le future modificazioni dei loro ordinamenti sarà possibile solo d’intesa con la Regione o la Provincia interessata[9].

In sostanza molte competenze vengono tolte alle regioni per tornare allo Stato che potrà decidere autonomamente dove collocare ad esempio il Deposito nazionale delle scorie nucleari senza che nessuno possa opporsi.

La Camera potrà approvare leggi anche sulle poche materie rimaste di competenza regionale “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica od economica della repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”[10].

L’ulteriore divaricazione fra Regioni ordinarie e speciali rischia di tradursi in un irragionevole diverso trattamento fra i cittadini residenti nelle diverse aree territoriali, il che potrebbe ingenerare il rischio di accentuare pericolosamente le contrapposizioni presenti nella nostra società.

[1]L.PALADIN, Il territorio degli enti autonomi, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1961, pag. 621 e segg.

[2]C.MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, CEDAM, Padova, 1962, pag.747 e segg.

[3]C.PINELLI, Gli enti di area vasta e la riforma del livello intermedio di governo locale, Seminario Fondazione Italia Decide “Ricostruire un equilibrio per il governo locale: comune, nuova area vasta, città metropolitana”, Camera dei deputati, 30 novembre 2015

[4]Nel 1944 con D.L. n.21 furono create le figure dell’Alto commissario per la Sicilia e per la Sardegna; nel 1946 con l’Accordo De Gasperi-Gruber fu riconosciuto alle province di Trento e Bolzano un potere legislativo ed esecutivo autonomo. Nel 1948 fu approvato lo Statuto speciale per la valle d’Aosta. L’ultima è stata la regione Friuli Venezia Giulia il cui statuto è stato approvato nel 1963

[5]Benché le regioni a statuto ordinario siano nate nel 1970 le leggi quadro furono emanate molti anni dopo

[6]H.KELSEN, La dottrina pura del diritto, 1a edizione 1934

[7]Controlli e contrappesi previsti negli ordinamenti democratici (in questo caso dalla costituzione americana) nell’ambito delle separazione dei poteri dello Stato

[8]Previste sin dalla legge n. 265/99 e poi inserite nel D.lgs 267/2000, sono solo 377 su circa 8000 comuni nonostante gli incentivi previsti nella legge di stabilità 2016.

[9]L. ROCCATAGLIATA, Referendum istituzionale, 4 dicembre 2016 – Intervista a Ugo De Siervo – Le ragioni del NO, Giurisprudenza Penale Web, 2016, 9.

[10]G.ZAGREBELSKY, Preferiremmo di no, MicroMega, 7/2016