Un nuovo bilancio europeo all’altezza delle sfide per l’occupazione, la crescita e la sostenibilità

Tempio di Adriano a Piazza di Pietra, Roma

I negoziati in corso sul nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 dell’Unione europea, rappresentano un appuntamento cruciale per promuovere gli interessi di cittadini, imprese e territori.

Dal futuro bilancio Ue dipendono, infatti, gli strumenti e le politiche per promuovere nuova occupazione, investimenti, innovazione, coesione sociale e territoriale, formazione, opportunità per i giovani, accesso al credito per le PMI, infrastrutture, industria, agricoltura, cultura, turismo, transizione energetica e tutela dell’ambiente.

Sulla base della proposta della Commissione europea, il Parlamento europeo ha chiesto un livello di risorse adeguate alle sfide che dobbiamo affrontare, con uno stanziamento di 1.3% del Prodotto Nazionale Lordo Ue.

Più risorse a livello Ue non sono la semplice somma di risorse sottratte a livello nazionale. Al contrario, consentono agli Stati una spesa più efficiente e generano un valore aggiunto superiore per i contribuenti. Un euro speso a livello UE su ricerca, formazione dei giovani, sicurezza, difesa, spazio, controllo delle frontiere, sviluppo dell’Africa, o lotta al cambio del clima, ha un effetto moltiplicatore molto maggiore di 1 euro speso a livello nazionale.

Se ogni Stato avesse dovuto realizzare un proprio sistema satellitare GPS o per l’osservazione della terra, il conto sarebbe stato 20 volte quello di Galileo e Copernico. Con una protezione civile e una guardia costiera europee possiamo utilizzare gli stessi Canadair, elicotteri o, motovedette per far fronte a crisi ed emergenze con più mezzi a costi inferiori. Lo stesso per lo sviluppo di sistemi di sicurezza e cyber sicurezza. Per non parlare della difesa, dove sinergie, standardizzazione, economie di scala e ricerca europea portano a miliardi di risparmio.

In una fase in cui c’è urgenza di rilanciare la crescita e gli investimenti e accelerare la transizione verso un’economia più sostenibile, Parlamento e Commissione Ue auspicano una conclusione dei negoziati senza ritardi, che consenta di attuare le politiche e i programmi già dal 2021.

Alla luce delle diverse posizioni tra Commissione europea, Stati membri e Parlamento europeo, è importante avere un dibattito pubblico che valorizzi anche il punto di vista delle Regioni, chiamate a gestire una parte rilevante del bilancio Ue.

È stato ritenuto anche essenziale un confronto con i rappresentanti delle categorie economiche e sociali e il mondo dell’educazione e della ricerca e per questo motivo il 7 febbraio è stato organizzato un incontro presso il tempio di Adriano in Piazza di Pietra a Roma con la partecipazione del presidente del Consiglio europeo Sassoli e con il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Conte.

Per il programma e per iscriversi:

https://europarl.europa.eu/italy/resource/static/files/Programmi/bozza_di_programma_upd2701.pdf

http://europarl.europa.eu/italy/it/succede-al-pe/modulo-di-registrazione

IL MINISTRO DADONE HA INDIRIZZATO ALLA CONFERENZA UNIFICATA UN ELENCO DI INDICATORI PER LA VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE

Ingresso di Palazzo Vidoni – Sede del Ministro per la funzione Pubblica

Con la Circolare n. 2 in data 30 dicembre 2019 il Ministro per la Pubblica Amministrazione ha pubblicato gli indicatori comuni per le funzioni di supporto delle Amministrazioni Pubbliche: ciclo della performance 2020-2022.

L’articolo 8, comma 1, lett. d) ed f) del d.lgs. 150/2009 individua, tra gli ambiti di misurazione e valutazione della performance organizzativa, la modernizzazione ed il miglioramento qualitativo dell’organizzazione e delle competenze professionali, nonché l’efficiente impiego delle risorse.
Al fine di dare piena attuazione a tale disposizione normativa e alle indicazioni
contenute, a tal proposito, nelle LG n. 1/2017 e n. 2/2017, nel corso del 2019 il Dipartimento della Funzione Pubblica ha avviato, con alcune amministrazioni del perimetro di competenza del Dipartimento stesso, una sperimentazione avente ad oggetto l’utilizzo di indicatori comuni (d’ora in poi denominati “indicatori comuni”) utili a monitorare l’andamento delle cd. attività di supporto tipicamente svolte da tutte le amministrazioni.
Nel corso del 2020, il Dipartimento intende allargare la sperimentazione anche alle Regioni e agli enti locali previa stipula dell’accordo in sede di Conferenza Unificata previsto dall’articolo 16 del citato d.lgs. n. 150/2009. L’estensione riguarderà anche i piccoli comuni, e cioè quelli con popolazione fino a 5.000 abitanti, tenendo conto delle relative specificità organizzative con le indicazioni metodologiche che si renderanno eventualmente necessarie per
adeguare l’utilizzo degli indicatori comuni ai diversi contesti.

La sperimentazione degli indicatori comuni avviata a dicembre 2018 ha previsto l’iniziale definizione di un set di 34 indicatori e il coinvolgimento attivo di oltre 20 amministrazioni. Sulla base delle analisi qualitative e quantitative delle risultanze, è stato individuato un elenco di 15 indicatori (Allegato 1) che meglio si prestano, nelle condizioni attuali, ad essere utilizzati dalle amministrazioni.
Terminata la fase sperimentale, nell’ambito delle funzioni di promozione e coordinamento attribuite al Dipartimento dal dPR n. 105/2016, è adottata la circolare n.2/2019 al fine di fornire indicazioni in ordine all’utilizzo degli indicatori comuni, a decorrere dal 2020, nelle seguenti quattro aree:
a) gestione delle risorse umane,
b) gestione degli approvvigionamenti e degli immobili,
c) gestione delle risorse informatiche e digitalizzazione,
d) gestione della comunicazione e della trasparenza.
Il Dipartimento nella circolare sottolinea che le amministrazioni possono utilizzarli, in tutto o in parte, all’interno del Piano della performance già a decorrere dal ciclo 2020-2022; si ritiene, infatti, che gli indicatori proposti possono essere particolarmente utili ai fini della misurazione di alcune dimensioni rilevanti della performance organizzativa complessiva delle amministrazioni pubbliche.
A prescindere dall’utilizzo o meno nel Piano, per le amministrazioni per le quali trova diretta applicazione il d.lgs. n. 150/2009, resta comunque ferma la necessità di assicurarne il monitoraggio all’interno dei sistemi direzionali in uso presso ciascuna amministrazione, coerentemente con quanto indicato nelle succitate linee guida del Dipartimento. Queste ultime, infatti, chiariscono che non inserire alcune aree di attività nel Piano non significa non controllarle, in quanto esse dovrebbero essere presidiate attraverso le informazioni provenienti dai sistemi direzionali o di controllo di gestione. Inoltre sono espressamente individuate fra le dimensioni della performance organizzativa lo stato delle risorse, l’efficienza e l’efficacia, per la misurazione delle quali possono sicuramente essere utilizzati gli indicatori proposti.
Qualunque sia la scelta operata dall’amministrazione in merito alle modalità di
gestione degli indicatori comuni, i dati relativi al monitoraggio del loro andamento dovranno essere rilevati e trasmessi al Dipartimento della funzione pubblica secondo la seguente tempistica: entro il 31 gennaio di ogni anno dovranno essere comunicati i dati definitivi relativi all’anno precedente (2020 in sede di prima applicazione).
La trasmissione dei dati dovrà avvenire attraverso l’utilizzo di un applicativo online messo a disposizione dal Dipartimento sul Portale della performance.

Qui è possibile scaricare la circolare con l’allegato contenente gli indicatori.

http://www.funzionepubblica.gov.it/sites/funzionepubblica.gov.it/files/Circolare_30-12-19-Indicatori_comuni_per_funzioni_di_supporto_delle_PA_Ciclo_performance_2020-2022.pdf

PUBBLICATO OGGI IL CORRUPTION PERCEPTION INDEX 2020 DI TRANSPARENCY INTERNATIONAL

Quest’anno Transparency International con 53 punti ha assegnato all’Italia il 51° posto nella graduatoria internazionale della percezione della corruzione (nel 2019 aveva avuto 53 punti, nel 2018 52, nel 2017 50, nel 2016 47 e nel 2015 44).

Con 53 punti l’Italia ha guadagnato di 11 punti rispetto all’anno scorso anche grazie all’approvazione di molte leggi anticorruzione e alla creazione dell’Agenzia per la prevenzione della corruzione (ANAC).

Pesano la troppa corruzione, la mancata approvazione delle proposte di legge contro le lobby e l’inadeguatezza della prevenzione dei conflitti di interesse.

Qui di trova il testo integrale della relazione:

https://www.transparency.org/files/content/pages/CPI2019_Report_EN.pdf

LA CORTE COSTITUZIONALE SI APRE ALL’ASCOLTO DELLA SOCIETA’ CIVILE

La Presidente della Corte Costituzionale prof.ssa Cartabia ha iniziato il nuovo anno con rivoluzione che modifica radicalmente la procedura avanti la Corte con una delibera dell’8 gennaio scorso. Anche la società civile, d’ora in poi, potrà far sentire la propria voce sulle questioni discusse davanti alla Corte costituzionale.
In particolare, il nuovo articolo 4-ter delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale prevede che qualsiasi formazione sociale senza scopo di lucro e qualunque soggetto istituzionale, se portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione in discussione, potranno presentare brevi opinioni scritte per offrire alla Corte elementi utili alla conoscenza e alla valutazione del caso sottoposto al suo giudizio.
La Consulta, in linea con la prassi di molte Corti supreme e costituzionali di altri Paesi, si apre così all’ascolto dei cosiddetti amici curiae: soggetti istituzionali, associazioni di categoria, organizzazioni non governative.
Altra rilevante modifica approvata dalla Corte consiste nella previsione, nel nuovo articolo 14-bis delle Norme integrative, della possibilità di convocare esperti di chiara fama, qualora ritenga necessario acquisire informazioni su specifiche discipline. Il confronto con gli esperti si svolgerà in camera di consiglio, alla presenza delle parti del giudizio.
Inoltre, nei giudizi in via incidentale, proposti da un giudice nel corso di un giudizio civile, penale o amministrativo, potranno intervenire – oltre alle parti di quel giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri (e al Presidente della Giunta regionale, nel caso di legge regionale) – anche altri soggetti, sempre che siano titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato a quel giudizio. Coloro che chiedono di intervenire potranno eventualmente essere autorizzati ad accedere agli atti del processo costituzionale anche prima dell’udienza.
Il nuovo articolo 4-bis disciplina le modalità di accesso agli atti del giudizio da parte dei terzi intervenienti.

Si tratta di una innovazione epocale che, mi auguro, possa servire di esempio.

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI

La nostra Costituzione stabilisce che il potere appartiene al popolo il quale lo esercita attraverso la democrazia rappresentativa in base alla quale i cittadini maggiorenni e con diritto di voto — eleggono i loro rappresentanti al Parlamento e ai Consigli degli enti territoriali (Comuni, Province, Regioni);

Con 553 voti favorevoli e solo 14 contrari, lo scorso 8 ottobre si è concluso a Montecitorio il lungo iter della proposta di legge per il taglio di deputati e senatori. L’ultimo dei 4 voti che sono stati necessari, trattandosi di una riforma costituzionale, ha visto un numero record di parlamentari per il Sì.

L’Assemblea della Camera ha approvato la proposta di legge costituzionale C. 1585-B cost., già approvata in seconda deliberazione dal Senato recante modifiche agli artt. 576, 57 e 58 della Costituzione con cui si riduce il numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione a 400 deputati e 200 senatori elettivi. Il testo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019.

Tutti i principali gruppi hanno sostenuto il provvedimento. In particolare, a segnare un forte cambio di rotta rispetto alle votazioni precedenti, sono stati gruppi di centrosinistra: Partito democratico, Italia Viva e Liberi e uguali. Sempre contrari nelle letture precedenti, per rispettare l’accordo di governo con il Movimento 5 stelle, hanno espresso parere favorevole nel voto finale. Numeri che si sono aggiunti quindi alla già favorevoli posizioni di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

La legge è stata peraltro approvata a maggioranza assoluta ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera.

Nei giorni passati sono state raggiunte le firme dei senatori necessarie per chiedere il referendum sulla legge come previsto dalla Costituzione. In questo modo, essendo stato raggiunto l’obiettivo del quorum, ovvero un quinto del totale dei senatori, di fatto viene sospesa l’entrata in vigore della legge, prevista per gennaio.

Oggi, 12 gennaio scade il termine per il deposito delle firme con la richiesta di referendum.

Nel caso in cui la Corte di Cassazione non rilevi problemi si procederà con un referendum confermativo.

A questo punto il popolo sovrano si riapproprierà della democrazia diretta.

Appare opportuno a questo punto cercare di capire meglio cosa si andrà a votare.

In sostanza nel corso del dibattito sono emersi tre punti sui quali molti deputati e senatori pur condividendo la scelta di ridurre il numero dei deputati e dei senatori hanno manifestato il loro dissenso: in primo luogo l’abbassamento a 25 anni dell’elettorato passivo e a 18 di quello attivo per il Senato; in secondo luogo il superamento della base regionale per l’elezione del Senato, in favore di una base circoscrizionale; in terzo luogo la riduzione da 3 a 2 i delegati regionali che partecipano all’elezione del presidente della repubblica.

Non c’è dubbio che il rischio possa essere proprio quello di di una scarsa rappresentatività specialmente per quanto riguarda i senatori soprattutto a causa della scelta di eleggerli non più su base regionale ma circoscrizionale creando la possibilità che i cittadini di una regione (specialmente quelle più piccole) non siano rappresentate in Senato.

Nel frattempo cominciano ad agitarsi gli animi a livello politico per stimolare una crisi di governo e il referendum può rappresentare il campo di battaglia ideale.

Ma i cittadini non possono stare a guardare.

I FONDI PER IL WELFARE PER L’ANNO 2020

La società che cresce è una società solidale

Dal sito http://www.regioni.it si apprende che per l’anno 2020 il Parlamento ha approvato i seguenti stanziamenti per il welfare:
a) fondo nazionale per le politiche sociali: : complessivamente 394 milioni nel 2019, di cui 391,7 attribuiti direttamente alle Regioni;
b) fondo per le non autosufficienze 2019, 569 milioni circa;
c) fondo nazionale per iniziative per le politiche della famiglia (2019), complessivamente 94 milioni nel 2019, di cui 15 attribuiti direttamente alle Regioni;
d) fondo nazionale per le politiche giovanili (2019), complessivamente 37 milioni nel 2019, di cui 9,7 attribuiti direttamente alle Regioni;
e) fondo per le pari opportunità e contro la violenza sulle donne (2019), 30 milioni
f) fondo lotta alla povertà (2019), 347 milioni
g) fondo “Dopo di noi” 56,1 milioni.

Si tratta senza dubbio di buone notizie dopo alcuni anni bui. Ora spetterà alle Regioni e ai Comuni utilizzarli al meglio.

CORTE DEI CONTI: PROGRAMMAZIONE DEI CONTROLLI E DELLE ANALISI PER L’ANNO 2020

Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte de conti con deliberazione n.21/SSRRCO/INPR/19 depositata in 20 dicembre scorso hanno approvato la Programmazione dei controlli e delle analisi della corte dei conti per l’anno 2020.

In particolare, i criteri di riferimento per le Sezioni regionali di controllo prevedono che le Sezioni riunite in sede di controllo, in raccordo con la Sezione delle autonomie, con la Sezione centrale di controllo sulla gestione e con la Sezione affari comunitari ed internazionali, promuoveranno appositi incontri con le Sezioni regionali di controllo per un’analisi comparativa delle risultanze emerse e delle metodologie adottate nelle sedi della parifica dei rendiconti regionali e delle analisi della legislazione di spesa.
Come gli scorsi anni sarà assicurato il coordinamento, nella sede della Conferenza dei Presidenti, dei Presidenti delle sezioni di controllo (centrali e regionali), al fine di verificare la coerenza dei programmi annuali di lavoro delle singole sezioni agli orientamenti approvati con la presente delibera.
Le Sezioni regionali di controllo ricoprono un ruolo rilevante nelle indagini di controllo a rete indicate nella presente programmazione generale e negli ambiti di analisi che verranno indicati nel programma della Sezione delle autonomie. Inoltre, esse sono chiamate a contribuire al fondamentale compito del monitoraggio degli investimenti pubblici e potranno svolgere specifici approfondimenti, in funzione della disponibilità di adeguate capacità operative, su tematiche a valenza trasversale:
-gli interventi per la tutela del suolo e il contrasto al dissesto idrogeologico anche con riferimento a particolari contesti territoriali;
-le misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa degli enti regionali e locali;
-la gestione delle entrate e, in particolare, i problemi della riscossione dei crediti tributari, specie di quelli per la violazione del codice della strada;
-i ritardi di pagamento e il connesso fenomeno delle spese legali e per interessi;
-la gestione dei rifiuti, l’economia circolare e, in generale, le azioni a tutela dell’ambiente;
-l’utilizzo dei fondi per la formazione continua del personale;
il procedere degli interventi per la ricostruzione a seguito degli eventi sismici e -la messa in sicurezza degli edifici e delle infrastrutture;
-le problematiche in sanità relative alla gestione delle liste d’attesa e al rinnovo delle apparecchiature obsolete in dotazione alle strutture di assistenza;
-i nodi della mobilità territoriale e della gestione dei servizi di trasporto pubblico locale.
Un raccordo tra i diversi ambiti d’analisi, riferiti a limitati livelli territoriali, potrà essere svolto, anche in forma modulare, insieme con le Sezioni centrali di controllo.