LA CIRCOLARE DELLA FUNZIONE PUBBLICA PER IL SUPERAMENTO DEL PRECARIATO

Palazzo_Vidoni_Roma
PALAZZO VIDONI

In questi giorni è sta pubblicata la Circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, in materia di “Indirizzi operativi in materia di valorizzazione dell’esperienza professionale del personale con contratto di lavoro flessibile e superamento del precariato.

La circolare fornisce indirizzi operativi sull’applicazione della disciplina contenuta nei seguenti articoli del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75:

  • Articolo 5 – “Modifiche all’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” ovvero revisione della disciplina relativa alle tipologie di incarichi di collaborazione consentiti nell’ambito delle pubbliche amministrazioni;
  • Articolo 6 – “Modifiche all’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” in tema di reclutamento del personale, dirette ad estendere l’ambito di valorizzazione delle professionalità interne;
  • Articolo 20 – “Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni”.

Le disposizioni menzionate, nell’ambito di una più generale riforma delle norme sul reclutamento delle amministrazioni pubbliche, mirano ad offrire una tutela rispetto a forme di precariato protrattesi nel tempo, valorizzando, nel rispetto delle regole di cui all’articolo 97 Cost., le professionalità da tempo maturate e poste al servizio delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con i fabbisogni e le esigenze organizzative e funzionali di queste ultime.

Qui trovate il testo integrale:

CIRCOLARE FP N. 3/2017

ANAC: INDICAZIONI ALLE STAZIONI APPALTANTI E AGLI OPERATORI ECONOMICI SULLA DEFINIZIONE DELL’AMBITO SOGGETTIVO DELL’ART. 80 DEL D.LGS. 50/2016 E SULLO SVOLGIMENTO DELLE VERIFICHE SULLE DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE RESE DAI CONCORRENTI AI SENSI DEL D.P.R. 445/2000 MEDIANTE UTILIZZO DEL MODELLO DI DGUE.

ANAC XXIl Presidente dell’ANAC Cantone  con un comunicato dell’8 novembre 2017 ha fornito ulteriori indicazioni alle stazioni appaltanti e agli operatori economici sulla  definizione dell’ambito soggettivo dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 e sullo  svolgimento delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai  concorrenti ai sensi del d.p.r. 445/2000 mediante utilizzo del modello di DGUE.

Premessa
Il  d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 ha apportato alcune modifiche all’art. 80 del  codice rendendo necessario l’aggiornamento del Comunicato del Presidente dell’Autorità  del 26/10/2016 che fornisce chiarimenti sulla definizione dell’ambito  soggettivo della norma citata nonché sulle modalità di verifica, in corso di  gara, delle dichiarazioni sostitutive sull’assenza dei motivi di esclusione  rese dai concorrenti.
Attesa  la rilevanza delle questioni, l’Autorità ritiene opportuno fornire alcune indicazioni  operative di massima, volte a consentire il normale svolgimento delle  operazioni di gara nelle more dell’adozione di un atto a carattere generale che  avverrà nel rispetto delle procedure previste dall’art. 213 del d.lgs. 50/2016.

1. L’ambito soggettivo di applicazione del motivo di esclusione attinente  all’assenza di condanne penali (art. 80, commi 1 e 3).
L’art. 80, comma 3, del  Codice individua i soggetti nei cui confronti opera la causa di esclusione  prevista dal comma 1 del medesimo articolo. In particolare, la norma stabilisce che «l’esclusione di cui ai  commi 1 e 2 del medesimo articolo deve essere disposta se la sentenza o il  decreto ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti del  titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; del  socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei  soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in  accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata  conferita la legale rappresentanza, ivi compresi gli institori e i procuratori  generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei  soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo,  del  direttore tecnico o del socio unico  persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di  quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o di consorzio».

Il  correttivo ha introdotto prima della locuzione «di direzione o di vigilanza»  l’inciso «dei membri degli organi con poteri», questa aggiunta permette di  individuare in maniera più chiara gli organi i cui membri sono interessati  dalla previsione e cioè, da un lato, il consiglio di amministrazione e  dall’altro gli organi con poteri di direzione e vigilanza.
Le  indicazioni fornite dalla norma devono essere interpretate avendo a riferimento  i sistemi di amministrazione e controllo delle società di capitali disciplinati  dal codice civile a seguito della riforma introdotta dal D.lgs. n. 6/2003 e  precisamente:
1)  sistema cd. “tradizionale” (disciplinato agli artt. 2380-bis e ss. c.c.),  articolato su un “consiglio di amministrazione” e su un “collegio sindacale”;
2)  sistema cd. “dualistico”(disciplinato agli artt. 2409-octies e ss. c.c.)  articolato sul “consiglio di gestione” e sul “consiglio di sorveglianza”;
3)  sistema cd. “monistico” fondato sulla presenza di un “consiglio di  amministrazione” e di un “comitato per il controllo sulla gestione” costituito  al suo interno (art. 2409-sexiesdecies, co. 1, c.c.).
Pertanto,  la sussistenza del requisito di cui all’art. 80, comma 1, del Codice deve  essere verificata in capo:

  1. ai  membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale  rappresentanza, nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e  monistico (Presidente del Consiglio di Amministrazione, Amministratore Unico,  amministratori delegati anche se titolari di una delega limitata a determinate  attività ma che per tali attività conferisca poteri di rappresentanza);
  2. ai  membri del collegio sindacale nelle società con sistema di amministrazione  tradizionale e ai membri del comitato per il controllo sulla gestione nelle  società con sistema di amministrazione monistico;
  3. ai  membri del consiglio di gestione e ai membri del consiglio di sorveglianza,  nelle società con sistema di amministrazione dualistico.

Il  correttivo, inoltre, ha aggiunto, dopo la locuzione «membri del consiglio di  amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza», l’inciso «ivi  compresi institori e procuratori generali».
La  collocazione della specificazione introdotta dal correttivo non appare ottimale:  gli institori e i procuratori generali, infatti, non sono membri del consiglio  di amministrazione, ma ausiliari dell’imprenditore cui sono conferiti  particolari poteri: l’institore è preposto dall’imprenditore all’esercizio  dell’impresa (art. 2203 c.c.); il procuratore, in base ad un rapporto  continuativo, ha il potere di compiere per l’imprenditore gli atti pertinenti  all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposto ad esso (art. 2209 c.c.).
Tuttavia,  la relazione illustrativa al correttivo è d’ausilio nell’interpretazione della  norma, affermando che l’intervento «chiarisce che l’esclusione è disposta  qualora la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti dei membri del  consiglio di amministrazione cui sia stata conferita non solo la legale  rappresentanza ma anche nei confronti degli institori e procuratori generali».
La  collocazione degli institori e dei procuratori generali in un ambito diverso  dai «soggetti muniti di poteri di rappresentanza» comporta la necessità di  identificare soggetti diversi e ulteriori rispetto ai primi da collocare nella  specifica categoria. Seguendo gli orientamenti della giurisprudenza  amministrativa, è possibile ritenere che tra i «soggetti muniti di poteri di  rappresentanza» rientrino i procuratori dotati di poteri così ampi e riferiti  ad una pluralità di oggetti così che, per sommatoria, possano configurarsi  omologhi se non di spessore superiore a quelli che lo statuto assegna agli  amministratori. Tra i soggetti muniti di poteri di direzione rientrano, invece,  idipendenti o i professionisti ai  quali siano stati conferiti significativi poteri di direzione e gestione  dell’impresa e tra i soggetti muniti di poteri di  controllo il revisore contabile e l’Organismo  di Vigilanza di cui all’art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 cui sia affidato il  compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di  organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati).
In caso di affidamento  del controllo contabile a una società di revisione, la verifica del possesso  del requisito di cui all’art. 80, comma 1, non deve essere condotta sui membri  degli organi sociali della società di revisione, trattandosi di soggetto giuridico  distinto dall’operatore economico concorrente cui vanno riferite le cause di  esclusione.

2. L’ambito soggettivo del motivo di esclusione attinente alla presenza  di cause di decadenza, sospensione e divieto derivanti da misure di prevenzione  o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84 del D.lgs. n.  159/2011 (art. 80, comma 2)
Il correttivo ha integrato il comma 3 dell’articolo in esame stabilendo  che l’esclusione di cui ai commi 1 e 2 va disposta se la sentenza o il decreto  ovvero la misura interdittiva sono stati emessi nei confronti dei soggetti  indicati dalla norma. Il riferimento specifico alla «misura interdittiva» ha colmato  la lacuna normativa originaria chiarendo che l’ambito soggettivo di  applicazione delle misure interdittive è lo stesso individuato per  l’applicazione del comma 1 dell’art. 80.

3. Le modalità di dichiarazione
Il  possesso dei requisiti di cui all’art. 80 deve essere dichiarato dal legale  rappresentante dell’impresa concorrente con riferimento a tutti i soggetti  indicati al comma 3 dell’art. 80, indicando i dati identificativi degli stessi  oppure la banca dati ufficiale o il pubblico registro da cui i medesimi possono  essere ricavati in modo aggiornato alla data di presentazione dell’offerta. Resta  ferma l’applicazione delle sanzioni penali previste dall’articolo 76 del D.P.R.  n. 445/2000 nei confronti del legale rappresentante che renda dichiarazioni  false in ordine al possesso del requisito in esame. Ciò posto, appare opportuna  l’adozione, da parte dei rappresentanti legali dei concorrenti, di adeguate  cautele volte a evitare il rischio di rendere, inconsapevolmente, dichiarazioni  incomplete o non veritiere. A tal fine, potrebbe provvedersi alla preventiva  acquisizione, indipendentemente da una specifica gara, delle autodichiarazioni  sul possesso dei requisiti da parte di ciascuno dei soggetti individuati dalla  norma, imponendo agli stessi l’onere di comunicare eventuali variazioni e  prevedendone, comunque, una periodica rinnovazione.

4. La verifica delle dichiarazioni sull’assenza dei motivi di esclusione  e sulla presenza delle condizioni di partecipazione 
In  assenza di specifiche indicazioni del Codice in ordine ai tempi e alle modalità  delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti sul  possesso dei requisiti di partecipazione, è possibile ricavare indicazioni  operative dal disposto dell’art. 85, comma 5, del Codice e dell’art. 71 del  d.p.r. 445/2000 (richiamato dal DGUE). Può affermarsi, quindi, che, ferma  restando l’obbligatorietà del controllo sul primo classificato da effettuarsi  prima dell’aggiudicazione dell’appalto, nelle precedenti fasi della procedura, le  stazioni appaltanti sono tenute a verificare i requisiti generali e speciali,  anche ai sensi dell’art.83, comma 8, del Codice, sulla base delle  autodichiarazioni presentate dai concorrenti, di cui è verificata la  completezza e conformità a quanto prescritto dal bando. Le stazioni appaltanti possono  procedere al controllo della veridicità e sostanza di tali autodichiarazioni  anche a campione e in tutti i casi in cui ciò si rendesse necessario per  assicurare la correttezza della procedura, ivi compresa l’ipotesi in cui  sorgano dubbi sulla veridicità delle stesse.

Comunicato del Presidente dell’ANAC

IL DECRETO LEGGE IN MATERIA FINANZIARIA

Senato aula legislativaQuesta mattina (16 novembre)  l’Assemblea del Senato ha rinnovato la fiducia al Governo, approvando con voti 148 favorevoli e 116 contrari l’emendamento interamente sostitutivo del ddl n. 2942, di conversione in legge del decreto-legge in materia finanziaria e per esigenze indifferibili (c.d.decreto fiscale), che recepisce le modifiche apportate dalla Commissione Bilancio. Il testo passa alla Camera.

Qui trovate il DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE

L’AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELL’UPI DA PARTE DELLE COMMISSIONI BILANCIO DI CAMERA E SENATO

upiIl presidente dell’Unione province italiane (UPI) Variati torna a sollecitare maggiore attenzione verso le province: “La legge di Bilancio 2018 sia lo strumento per far uscire dall’emergenza i servizi essenziali”.

Dal sito web dell’UPI si apprende che in occasione in audizione sulla legge di bilancio 2018 presso le commissioni riunite di Camera e Senato ha affermato quanto segue:

“Questa Legge di Bilancio arriva ad un anno dalla conferma delle Province in Costituzione: Governo e Parlamento hanno la responsabilità di mettere in campo quegli interventi indispensabili per porre fine allo stato di emergenza che hanno caratterizzato in questi tre anni i servizi essenziali erogati dalla Province sui territori. Nella proposta approvata dal Consiglio dei Ministri ci sono i primi passi in avanti, ma le risorse appostate sono ancora insufficienti. L’iter parlamentare deve servire per completare il percorso e riportare alla normalità la situazione, ristabilendo pienamente le prerogative costituzionali delle Province.”
“Vi chiediamo – ha detto il Presidente – di metterci nelle condizioni di potere assicurare la sicurezza delle strade, delle scuole superiori, dell’ambiente: di potere svolgere cioè quelle funzioni che si sono state assegnate dalla legge. Non si tratta di chiudere i bilanci, ma di garantire diritti essenziali dei cittadini.  Per questo chiediamo di 170 milioni per il 2018, 130 milioni per il 2019 e 130 milioni per il 2020, risorse per le funzioni fondamentali necessarie per colmare lo squilibrio che è stato creato dai prelievi degli anni precedenti e tornare ad assicurare una programmazione pluriennale”.

Quanto alla situazione  della rete viaria provinciale e degli edifici delle scuole superiori, Variati ha sottolineato come “dopo tre anni di tagli che non ci hanno permesso nemmeno di garantire la manutenzione ordinaria, ormai le strade in tutto il Paese versano in condizioni critiche, mentre nella maggior parte delle  scuole superiori servono interventi per la messa a norma antisismica e antincendio”

Da qui la richiesta dell’istituzione di un fondo triennale di 500 milioni l’anno per gli investimenti sulle strade e della riserva per le scuole superiori del 30% delle risorse nazionali destinate all’edilizia scolastica “per riuscire a garantire ai due milioni e mezzo di ragazzi che ci studiano ogni giorno, la sicurezza cui hanno diritto”.

Fondamentale, inoltre, che dopo tre anni di incertezza l’Upi chiede che sia assicurato alle Province di tornare a esercitare l’autonomia organizzativa garantita dalla Costituzione, assicurando agli enti la disponibilità del personale necessario ad assicurare le funzioni fondamentali.

“Si tratta – ha concluso il Presidente Variati – di tornare a guardare alle istituzioni del Paese in un disegno organico e di corretta collaborazione istituzionale, dopo tre anni in cui, per inseguire la propaganda, si è finito per tagliare servizi essenziali”.

IL COMUNE PER I CONTRATTI DEVE SEMPRE USARE LA FORMA SCRITTA

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Roma, Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione in data 27 ottobre ha emesso l’Ordinanza n. 25631/2017 in merito ad una vertenza che vedeva un’istituto bancario agire contro il Comune per un  incarico affidato senza un contratto scritto.

La questione giuridica riguarda il rapporto tra la forma scritta prevista per la generalità dei contratti della P.A. – risalente all’art. 17 r.d. n. 2440/1923 e, per i Comuni, all’art. 87 del r.d. n. 383 del 3 marzo 1934 – che è ad substantiam, quindi a pena di nullità, rilevabile d’ufficio ed eccepibile anche dalla controparte della P.A., salvo che  sulla validità del contratto sia formato un giudicato (Cass. n.12880/2010, n. 1702/2006), e la forma scritta dei contratti di intermediazione finanziaria, la cui mancanza, a norma dell’art. 23, comma 3, t.u.f., è rilevabile solo dal cliente e, quando cliente sia una P.A., solo da quest’ultima, cioè nella fattispecie dal Comune di *** (cfr. anche gli artt. 117, comma 1, e 127, comma 2, del t.u.b., approvato con d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385, cd. t.u.b.).

Le ragioni di fondo della forma scritta ad substantiam dei contratti della pubblica amministrazione non sono volte a tutelare gli interessi sia pure pubblici ma settoriali (cioè inerenti all’ambito delle attribuzioni) di un determinato ente pubblico, quanto gli interessi generali della collettività che soverchiano quelli dell’ente pubblico che è parte in causa, quale strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa e di tutela delle risorse pubbliche, in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della P.A., a norma dell’art. 97 Cost. (tra le tante, Cass. n. 6555/2014, n. 1702/2006).

Per queste ragioni si spiega il rigore della giurisprudenza la quale richiede che i contratti della P.A. (ancorché essa agisca iure privatorum) debbano essere stipulati mediante atti formali, redatti per iscritto dall’organo rappresentativo esterno dell’ente pubblico, munito dei poteri necessari per vincolare l’amministrazione, e dall’altro contraente; soprattutto, si spiega il principio secondo cui la nullità del contratto privo della forma ad substantiam – come si è detto – è rilevabile d’ufficio dal giudice ed è insuscettibile di qualsiasi forma di sanatoria, senza possibilità di ravvisarne la stipulazione per facta concludentia o in modo implicito da singoli atti (tra le tante, Cass. n. 1236/2015, 21477/2013) o di desumere la forma scritta dall’emanazione di una delibera autorizzativa che è atto interno, di natura preparatoria, inidoneo ad impegnare l’ente (tra le tante, Cass. n. 1167/2013, n. 4532/2008).

È necessario precisare però che la forma scritta ad substantiam non può dirsi osservata solo nel caso in cui il vincolo contrattuale sia consacrato in un unico documento contrattuale recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo essa realizzarsi anche con lo scambio delle missive contenenti rispettivamente la proposta e l’accettazione, vale a dire di distinte scritture formalizzate e inscindibilmente collegate, entrambe sottoscritte, così da evidenziare inequivocabilmente la formazione dell’accordo, secondo lo schema della formazione del contratto tra assenti.

Qui trovate l’Ordinanza integrale:

CASSAZIONE SEZ. I CIVILE ORDINANZA 27 OTTOBRE 2017

CORTE DEI CONTI: LO STATO DI LIQUIDAZIONE DELLA STRETTO DI MESSINA SPA

ponteLa Corte dei conti con Deliberazione 30 ottobre 2017, n. 14/2017/G ha preso in esame lo stato di liquidazione della società “Stretto di Messina”.

La sottoscrizione, nel marzo 2006, del contratto per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina non fu condivisa dal Governo insediatosi all’inizio della XV legislatura (maggio 2006), mentre fu confermata, nei suoi effetti, dall’esecutivo che aprì la successiva (2008).
Nell’ambito di questa vicenda, si inseriscono la richiesta di danni del contraente generale, rinnovata fino all’accordo del 25 settembre 2009 – che fece seguito alla comunicazione di Stretto di Messina, il 25 settembre 2007, di non poter dar corso alle prestazioni contrattuali – e la transazione stipulata dalle parti nel 2009, con rimodulazione del diritto di recesso e nuove condizioni in precedenza non previste a favore della parte privata.
Secondo l’art. 5.2 dell’intesa, nell’ipotesi di mancata o ritardata approvazione del progetto dell’opera da parte del Cipe entro 540 giorni dalla consegna del progetto stesso a Stretto di Messina, sarebbe spettato, “ad entrambe le parti, il diritto di recedere dal contratto e, in ogni caso, riconosciuto il pagamento delle prestazioni rese e delle spese sino a quel momento sostenute, come previsto dall’art. 44.4 del contratto, senza alcuna maggiorazione ed incluse quelle precedenti alla stipula dell’atto, nonché di quelle da sostenere per la smobilitazione delle attività, oltre ad un indennizzo per la perdita del
contratto nella misura del 5 per cento dell’importo risultante dal progetto definitivo diminuito di un quinto”; ciò ha prodotto conseguenze potenzialmente rilevanti, essendo
state concordate condizioni originariamente non previste; infatti, se l’accordo del 2006 non fosse stato modificato, la mancata approvazione da parte del Cipe del progetto non avrebbe potuto comportare la rivendicazione dei pesanti oneri descritti.
La parte privata dichiarò il proprio recesso, invocando le favorevoli condizioni sottoscritte nel 2009, pur contestandone la parte pubblica la loro applicabilità per assenza dei presupposti applicativi.
Peraltro, prima della scadenza del termine per il suo esercizio, il d.l. 2 novembre 2012, n.
187, ha disposto che la caducazione dei vincoli contrattuali comporta esclusivamente il riconoscimento di un indennizzo costituito dal pagamento delle prestazioni eseguite e di
un’ulteriore somma pari al 10 per cento di esse.
A seguito dello scioglimento dei vincoli contrattuali, la società Stretto di Messina è stata posta in liquidazione il 15 aprile 2013; il termine annuale per la sua cessazione è da tempo scaduto. Nel corso degli anni, la società ha richiesto alle amministrazioni statali
rilevanti somme a titolo di indennizzo. Il contenzioso scaturito risulta contrario ai principi di proporzionalità, razionalità e buon andamento dell’agire amministrativo, tenuto anche conto che quanto eventualmente ottenuto in sede giudiziaria ritornerebbe agli azionisti, dopo l’estinzione della società.
Peraltro, non risultano iniziative della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle infrastrutture, oltre a quelle ovvie di resistenza in sede giudiziaria, per por fine al contrasto con la concessionaria.
L’onere annuo per il mantenimento in vita della concessionaria, sceso sotto i due milioni di euro solo nel 2015, risulta ancora rilevante.
Risultano necessarie iniziative volte a rendere più celere la liquidazione della concessionaria, dal momento che, prevedibilmente, le pendenze giudiziarie con le parti
private si protrarranno ancora per un lungo periodo e la sopravvivenza della società ha
comportato una costosa conflittualità fra entità che dovrebbero, al contrario, agire all’unisono nel superiore interesse del buon andamento amministrativo.
È opportuno che la società valuti, sotto la propria responsabilità, le ragioni giuridiche ostative alla liquidazione, allo stato non comunicate compiutamente alla Corte, e che gli azionisti compiano una specifica valutazione circa i vantaggi conseguibili dal contenzioso attivo, a fronte di costi certi per la permanenza in vita della stessa.
In tale contesto, è necessario, considerata l’assenza di attività rilevanti, ridimensionare ulteriormente, per quanto possibile, i costi della società, inclusi quelli degli organi sociali,  che la legge, originariamente, limitava implicitamente all’anno previsto per la liquidazione.
È necessaria un’incisiva iniziativa da parte delle strutture ministeriali, affinché si riapproprino in pieno delle proprie competenze dopo la soppressione della Struttura tecnica di missione.

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI LEADERS DEL “PACIFIC ISLANDS FORUM SECRETARIAT”

mamanucas_007Sabato 11 novembre nella Sala Clementina Papa Francesco ha ricevuto i Leader del Pacific Island Forum rivolgendo loro il seguente discorso che riporto per il profondo messaggio ambientalista:

Eccellenze, Gentili Signore,
Illustri Signori e Signore,

ringrazio tutti voi, Leader del Pacific Islands Forum, che con la vostra presenza manifestate le differenti realtà esistenti in una Regione come quella dell’Oceano Pacifico, così ricca di bellezze culturali e naturali.

Tale Regione purtroppo suscita anche vive preoccupazioni per tutti noi e in particolare per le popolazioni che vi abitano, piuttosto vulnerabili a fenomeni estremi ambientali e climatici sempre più frequenti e intensi. Ma penso anche agli impatti del grave problema dell’innalzamento dei livelli dei mari, così come del doloroso e continuo declino che sta subendo la barriera corallina, ecosistema marino di grande importanza. Al riguardo, ricordo l’allarmante domanda posta quasi trent’anni fa dai Vescovi delle Filippine: «Chi ha trasformato il meraviglioso mondo marino in cimiteri subacquei spogliati di vita e di colore?».[1] Sono numerose le cause che hanno portato a questo degrado ambientale e purtroppo molte di esse sono da imputare a una condotta umana improvvida, collegata a forme di sfruttamento delle risorse naturali e umane il cui impatto giunge fino in fondo agli oceani.[2]

Quando parliamo poi di innalzamento del livello del mare, che «colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non hanno dove trasferirsi»,[3] pensiamo al problema del riscaldamento globale che è ampiamente discusso in numerosi fori e dibattiti internazionali. E’ in corso in questi giorni a Bonn la COP-23, la ventitreesima sessione della Conferenza delle Parti alla Convenzione-quadro dell’ONU sul cambiamento climatico, che quest’anno si svolgerà sotto la Presidenza di uno dei Paesi da voi rappresentati, le Isole Fiji. Mi auguro che i lavori della COP-23, così come quelli che seguiranno ad essa, siano in grado di tenere sempre presente quella “Terra senza confini, dove l’atmosfera è estremamente fine e labile”, come la descriveva uno degli astronauti attualmente in orbita nella Stazione Spaziale Internazionale, con i quali ho avuto recentemente un interessante colloquio.

Voi venite da Paesi che, rispetto a Roma, si trovano agli antipodi; ma questa visione di una “Terra senza confini” annulla le distanze geografiche, richiamando la necessità di una presa di coscienza mondiale, di una collaborazione e di una solidarietà internazionali, di una strategia condivisa, che non permettano di restare indifferenti di fronte a problemi gravi come il degrado dell’ambiente naturale e della salute degli oceani, connesso al degrado umano e sociale che l’umanità di oggi sta vivendo.

D’altronde, non solo le distanze geografiche e territoriali, ma anche quelle temporali vengono annullate dalla consapevolezza che nel mondo tutto è intimamente connesso:[4] sono passati quasi trent’anni dall’appello dei Vescovi filippini e la situazione degli oceani e dell’ecosistema marino non si può dire certo migliorata, di fronte ai numerosi problemi che chiamano in causa ad esempio la gestione delle risorse ittiche, le attività in superficie o nei fondali, la situazione delle comunità costiere e delle famiglie di pescatori, l’inquinamento per l’accumulo di plastica e micro-plastica. «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo? Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato […]. Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori».[5]

Vi ringrazio per questa gradita visita e benedico di cuore voi e le vostre Nazioni.

RIFORMA DEL SISTEMA NAZIONALE DELLA PROTEZIONE CIVILE

consiglioministri2011Si è tenuto venerdì 10 Consiglio dei Ministri.

Dal comunicato si legge che in attuazione della legge 16 marzo 2017, n. 30, recante delega al governo per il riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile  il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo di attuazione della legge di riforma del sistema nazionale della protezione civile (legge 16 marzo 2017, n. 30).

L’obiettivo del provvedimento è il rafforzamento complessivo dell’azione del servizio nazionale di protezione civile in tutte le sue funzioni, con particolare rilievo per le attività operative in emergenza.

A questo scopo, il decreto:

  • chiarisce in modo più netto la differenziazione tra la linea politica e quella amministrativa e operativa ai differenti livello di governo territoriale;
  • migliora la definizione della catena di comando e di controllo in emergenza in funzione delle diverse tipologie di emergenze;
  • definisce le attività di pianificazione volte a individuare a livello territoriale gli ambiti ottimali che garantiscano l’effettività delle funzioni di protezione civile;
  • stabilisce la possibilità di svolgere le funzioni da parte dei comuni in forma aggregata e collegata al fondo regionale di protezione civile;
  • migliora la definizione delle funzioni del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nell’ambito del servizio di protezione civile, quale componente fondamentale;
  • introduce il provvedimento della “mobilitazione nazionale”, preliminare a quello della dichiarazione dello stato d’emergenza;
  • individua procedure più rapide per la definizione dello stato di emergenza, con un primo stanziamento non collegato come attualmente alla ricognizione del danno;
  • finalizza il fondo regionale di protezione civile al potenziamento territoriale e al concorso alle emergenze di livello regionale;
  • coordina le norme in materia di volontariato di protezione civile, anche in raccordo con le recenti norme introdotte per il Terzo settore e con riferimento alla partecipazione del volontariato alla pianificazione di protezione civile.

Il testo definisce le finalità, le attività e la composizione del Servizio nazionale della Protezione civile, quale sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall’insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o dall’attività dell’uomo. Sono comprese tra tali attività quelle volte alla previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, alla pianificazione e gestione delle emergenze e al loro superamento.

Si individuano le autorità di protezione civile che, secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, garantiscono l’unitarietà dell’ordinamento esercitando, in relazione ai rispettivi ambiti di governo, le funzioni di indirizzo politico in materia di protezione civile. Il testo conferma poi l’attuale classificazione degli eventi emergenziali di protezione civile in base alla loro dimensione e gravità.

Per quanto riguarda l’attività per la previsione dei rischi, si stabilisce che il sistema di allertamento, articolato in un livello nazionale e uno regionale, abbia come obiettivo, ove possibile, il preannuncio in termini probabilistici degli eventi, nonché il monitoraggio e la sorveglianza in tempo reale degli stessi e dell’evoluzione degli scenari di rischio, al fine di attivare il servizio nazionale della protezione civile ai differenti livelli territoriali; si prevede inoltre in modo esplicito la partecipazione dei cittadini, in forma singola o associata, al processo di elaborazione della pianificazione di protezione civile, in correlazione alle esigenze di diffusione della conoscenza di tali strumenti e della relativa informazione.

Si delinea poi il quadro generale per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale, articolato in diverse fasi:

  • la dichiarazione dello stato di mobilitazione del servizio nazionale della protezione civile, che consente un intervento del sistema nazionale anche in fase preventiva, ove possibile;
  • la dichiarazione dello stato di emergenza, con la definizione di un primo stanziamento da destinare all’avvio delle attività di soccorso e di assistenza alla popolazione. Tale fase si attiva al verificarsi degli eventi di livello nazionale, a seguito di una valutazione speditiva eseguita dal dipartimento della protezione civile, sulla base delle informazioni ricevute in raccordo con i territori, nelle more della ricognizione puntuale del danno (oggi il primo stanziamento avviene dopo la ricognizione del danno con allungamento dei tempi di delibera e di intervento);
  • l’individuazione delle ulteriori risorse necessarie per il prosieguo delle attività, a seguito della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento;

Tra le principali novità riguardanti lo stato di emergenza, si prevede, in particolare, che la dichiarazione non possa superare in termini temporali i 12 mesi più 12, in luogo dei 6 mesi più 6 previsti oggi. Inoltre, le ordinanze di protezione civile sono emanate acquisita l’intesa delle Regioni interessate e possono intervenire, oltre che riguardo all’organizzazione e all’effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione, al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alla gestione dei rifiuti, delle macerie e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa, anche riguardo all’attivazione delle prime misure economiche di immediato sostegno al tessuto economico e sociale dei cittadini e delle attività economiche e produttive direttamente interessate dall’evento per fronteggiare le necessità più urgenti.

Per dare il giusto risalto alla partecipazione dei cittadini alle attività di protezione civile, si regolamentano le attività di volontariato organizzato, definendo in maniera chiara i gruppi comunali di protezione civile e introducendo la responsabilità del cittadino rispetto alle indicazioni date dalle autorità di protezione civile ai diversi livelli.

Per quanto riguarda, infine, le misure e gli strumenti organizzativi e finanziari per la realizzazione delle attività di protezione civile, il testo prevede una ripartizione delle risorse in tre fondi:

  • fondo nazionale di protezione civile per le attività di previsione e prevenzione (risorse per lo svolgimento delle attività di previsione e prevenzione dei rischi assicurate dal dipartimento della protezione civile già iscritte al bilancio);
  • fondo per le emergenze nazionali (per gli eventi emergenziali nazionali);
  • fondo regionale di protezione civile (fondo che contribuisce al potenziamento del sistema di protezione civile regionale e concorre agli interventi di carattere regionale).

UN PASSO AVANTI VERSO L’ORGANIZZAZIONE DEGLI ENTI DI AREA VASTA

230x173xDSC01095.jpg.pagespeed.ic.XHFIr__LuRLa Consulta “Città medie e pianificazione strategica” si riunirà il 13 novembre, presso la sede di Anci nazionale, subito dopo l’incontro dei sindaci a Montecitorio, per proseguire le azioni in corso di definizione volte a individuare le leve su cui agire per trovare copertura finanziaria per i Comuni capoluogo di provincia impegnati nell’attuazione della riforma territoriale del Paese.

Un contributo per la pianificazione strategica di area vasta, una linea del PON-Governance a sostengo della organizzazione e governance delle aree vaste, una road show nelle città medie per evidenziare identità, potenzialità e buone pratiche territoriali sono le principali proposte su cui si confronteranno le città della Consulta.

L’ANCI SULLA PROPOSTA DI LEGGE DI BILANCIO 2018

Palazzo_Madama_facciataSi è tenuta al Senato il 7 novembre l’audizione del presidente dell’ANCI Decaro sulla proposta di legge di bilancio per l’esercizio dello Stato 2018.

Al termine l’ANCI ha pubblicato il seguente comunicato:

“Nel disegno di legge di bilancio c’è uno sforzo, che riconosciamo, sugli investimenti: crescono gli spazi finanziari, ci sono risorse per le città medie e per il bando periferie e per i Piccoli Comuni. Ma chiediamo attenzione sulla spesa corrente. I Comuni, dal 2011 al 2015, hanno subìto tagli per nove miliardi di euro, il contribuito più alto al risanamento dei conti pubblici. Ora che la stagione dei tagli è terminata, il rischio è di ritrovarsi in una tempesta perfetta”. Lo ha detto il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, audito dalle commissioni bilancio riunite di Camera e Senato che hanno ascoltato con lui anche i sindaci di Milano, Giuseppe Sala, Catania, Enzo Bianco, Napoli, Luigi de Magistris, in merito alla legge di bilancio.

“L’adeguamento dei contratti del pubblico impiego, più che giusto, vale circa 650 milioni di euro: il rischio è che questa spesa, se sostenuta dai Comuni, assorba completamente gli effetti dello sblocco del turn over che ci è stato concesso”.

Decaro ha poi ricordato la questione del Fondo sui crediti di dubbia esigibilità “che ci costringe ad accantonare risorse e quindi, indirettamente, provoca una contrazione della spesa corrente da cui dipendono i servizi ai cittadini”. Anche l’armonizzazione dei bilanci, misura ritenuta da Decaro “sacrosanta, produce contrazione di spesa”. Il taglio indiretto che si rischia è di un miliardo di euro.

Dei correttivi si impongono e sono, per il presidente dell’Anci, a portata di mano. “L’accantonamento al Fcde può arrivare al 100 per cento più gradualmente, nel 2021. La perequazione, senza risorse statali e con la leva fiscale bloccata, rischia di essere incostituzionale: per ora deve essere bloccata e i criteri vanno rivisti. Per i 270 Comuni su ottomila in dissesto e predissesto, situazioni che gestiscono i sindaci in carica ma che dipendono da gestioni anche molto lontane nel tempo, ci si dia la possibilità di attuare i piani di riequilibrio”

Capitolo Città metropolitane e Province. “Indubbiamente – ha detto ancora Decaro – il prelievo su questi enti è stato eccessivo. Nel 2017 sono arrivate due tranche di risorse, da 12 milioni più 28, per compensare i tagli degli anni passati. E sono arrivati anche fondi nell’ultima legge di bilancio che ci hanno permesso di chiudere i bilanci. Ora sono previsti altri 82 milioni. Bene, ma occorre arrivare a 200, il minimo per gestire funzioni fondamentali come la manutenzione di strade e scuole”.

Se le maggiori criticità sono quelle relative alla spesa corrente, con la legge di bilancio arrivano segnali positivi sugli investimenti. Si deve continuare a sostenere la crescita, anche alla luce del fatto che gli investimenti nel 2016 non sono calati, come affermano i numeri ‘freddi’: la diminuzione rispetto all’anno precedente è dovuta al fatto che il 2015 è stato l’anno di chiusura del ciclo di finanziamento europeo, con conseguente picco degli investimenti soprattutto al Sud. “La ripresa degli investimenti locali è evidente”, ha ricordato Decaro. “Abbiamo maggiori spazi finanziari per 200 milioni, con un passaggio da 700 a 900 milioni. Ci sono inoltre 150 milioni in più di fondi per le città medie nel 2018, che diventano 300 nel 2019 e 400 nel 2020, mentre raddoppia da 10 a 20 milioni la pur esigua dotazione della legge sui piccoli Comuni per il 2018. Il bando periferie viene finanziato con 60, 100 e 150 milioni tra il 2018 ed il 2020. Infine, non è in legge di bilancio ma va riconosciuto che i fondi del bando aree degradate passano da 60 a 200 milioni, consentendo di riaprire e far scalare la graduatoria. Insomma la spinta per la ripresa, in parte, viene sostenuta. Rimane necessario – conclude Decaro – consolidare questa ripresa, liberando risorse da immettere nel ciclo economico. Per questo chiediamo di aumentare ulteriormente gli spazi finanziari messi a disposizione dallo Stato, da 900 a 1200 milioni”.