Ha destato grande scalpore il fatto che il TAR di Roma abbia annullato, a seguito di alcuni ricorsi, le nomina di alcuni direttori di importanti siti museali fatte dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Come sempre la politica quando sbaglia cerca di attaccare i giudici che cercano di far rispettare in maniera imparziale le leggi dello Stato. Anche se lentamente, vengono alla luce tutti i buchi delle tanto vantate “riforme” del renzismo….
In primo luogo la separazione dei poteri deve essere rispettata…le parole dell’attuale segretario del PD non sono accettabili.
Inoltre se il Governo avesse voluto difendere i propri atti avrebbe potuto aiutare l’Avvocatura a costruire meglio la propria difesa.
Senza riportare qui tutte le premesse della sentenza in questione (TAR LAZIO, SEZIONE SECONDA QUATER, N. 617172017), dalle quali si apprende che non sono state rispettate le procedure prevista dal D.lgs 165/2001 e che alcuni colloqui con i candidati sarebbero stati addirittura svolti utilizzando Skype e quindi senza assicurare la dovuta pubblicità agli stessi, penso che sia sufficiente riportare le argomentazioni seguite dal TAR in merito alla censura sulla base della quale la ricorrente ha contestato l’ammissione, sia al colloquio nella “decina” che all’ultima fase di valutazione nella “terna”, di candidati che non siano cittadini italiani.
La censura, a differenza di quanto sostiene la difesa erariale è ammissibile, in quanto taluni dei candidati non cittadini italiani hanno conteso alla ricorrente, partecipando al colloquio, la possibilità di ingresso alla “terna” di concorrenti ammessi alla valutazione finale.
In argomento si è già detto al punto 5 della presente decisione, rammentando come le disposizioni speciali introdotte dall’art. 14, comma 2-bis, del d.l. 84/2014, convertito in l. 106/2014, non si sono spinte fino a modificare o derogare l’art. 38 d.lgs. 165/2001. Infatti, solo tale operazione avrebbe potuto consentire, in disparte ogni valutazione di compatibilità costituzionale, l’ammissibilità di cittadini non italiani di partecipare alle selezioni per l’assegnazione di un incarico di funzioni dirigenziali in una struttura amministrativa nel nostro Paese (posto che l’incarico in questione è caratterizzato – per quanto si è più sopra approfondito e verificato con riferimento al contenuto della lex specialis di concorso – proprio dall’esercizio di tali funzioni dirigenziali, peraltro puntualmente ed inequivocabilmente esemplificate nell’art. 1, comma 2, del bando).
Deve quindi affermarsi che il bando della selezione qui oggetto di contenzioso non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva al MIBACT di reclutare dirigenti pubblici al di fuori delle indicazioni, tassative, espresse dall’art. 38 d.lgs. 165/2001.
D’altra parte, il chiaro tenore letterale della stessa disposizione speciale di cui all’art. 14, comma 2-bis, qui più volte citata, come appare evidente dal semplice confronto tra il primo ed il secondo periodo, non consente diverse interpretazioni.
Il carattere “internazionale” è previsto dal primo periodo solo in relazione agli “standard” che devono essere perseguiti dal MIBACT in materia di musei (nell’esercizio della relativa potestà regolamentare a tal fine espressamente attribuitagli dalla norma stessa), ma non anche in relazione alle “procedure di selezione pubblica”, previste dal secondo periodo per il conferimento degli incarichi di direzione dei poli museali e degli istituti di cultura statali di rilevante interesse nazionale.
Il perseguimento di tali obiettivi deve dunque essere realizzato con procedure di selezione pubblica che non sono “internazionali”. Se infatti il legislatore avesse voluto estendere la platea degli aspiranti alla posizione dirigenziale in esame ricomprendendo anche cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente, per come è dimostrato dal chiaro tenore di cui al primo periodo della citata previsione.
Il perseguimento degli “standard internazionali”, secondo le chiare intenzioni del legislatore (che non possono essere derogate dalla normativa sottordinata), si ottiene evidentemente migliorando gli aspetti sostanziali e contenutistici dell’offerta museale italiana, appunto rapportandola e adeguandola agli analoghi servizi offerti dai migliori istituti di altri Paesi (in termini, ad esempio, di ampia fruibilità anche nei giorni festivi o nelle ore serali, di efficienza e rapidità di accesso da parte della platea dei visitatori, di miglioramento del rapporto costi/ricavi, di adeguamento delle strutture e delle risorse umane, ecc.), non certamente con interventi formali e di immagine.
Ciò che invece è coerente con le finalità delineate dal legislatore è il carattere “internazionale” dell’esperienza maturata dal cittadino all’estero e che giustamente è stata valorizzata nell’odierna procedura concorsuale (si veda sul punto il contenuto dell’art. 2 del bando).
Da quanto si è sopra osservato non può che concludersi per la dichiarazione di fondatezza dei due ultimi motivi di censura in sequenza scrutinati dal Collegio e per l’accoglimento del ricorso proposto, con annullamento:
A) sia del bando, in parte qua, con riferimento alle procedure di selezione per l’assegnazione del posto di direttore del Palazzo Ducale di Mantova e della Galleria Estense di Modena (rispetto alle quali la ricorrente ha manifestato un interesse diretto alla proposizione del gravame, avendo presentato specifiche domande di partecipazione a dette singole procedure concorsuali – in tante e tali risultando frazionato l’unico bando pubblicato dal MIBACT – dirette all’assegnazione di quelle posizioni dirigenziali), laddove interpretato nel senso che non escluda la partecipazione di cittadini non italiani dalla relativa selezione;
B) sia degli atti di ciascuna delle due selezioni in questione, a partire dall’atto con il quale sono stati individuati i criteri per l’assegnazione dei 20 punti per il colloquio e quindi dell’intera prova orale alla quale ha partecipato la candidata, con inevitabile travolgimento “di riflesso” degli atti con i quali sono stati dichiarati i vincitori della selezione per il conferimento dell’incarico di direttore del Palazzo Ducale di Mantova e di direttore della Galleria Estense di Modena, in quanto conseguenti (e di rimando anch’essi illegittimi, per illegittimità derivata dalle conclamate patologie che hanno corroso le frazionate procedure selettive) rispetto agli atti adottati con riferimento alle due procedure, che per effetto della presente decisione vengono annullati con efficacia ex tunc.
QUI TROVATE LA SENTENZA INTEGRALE: TAR LAZIO SENTENZA 6171/2017