PILL’ISTAT ha  diffuso i nuovi dati della contabilità regionale e provinciale, aggiornati al 2016 e coerenti con le stime nazionali pubblicate a settembre 2017.

Il PIL per abitante nel 2016 risulta pari a 34,2mila euro nel Nord-ovest, a 33,3mila euro nel Nord-est e a 29,9mila euro nel Centro.

Il differenziale negativo del Mezzogiorno è molto ampio: il livello del Pil pro capite è di 18,2mila euro, inferiore del 44,2% rispetto a quello del Centro-Nord (del 44,1% nel 2015). In termini di reddito disponibile per abitante il divario scende al 34,5%.

La spesa pro capite per consumi finali delle famiglie a prezzi correnti nel 2016 è di 19,9mila euro nel Nord-ovest, 19,6mila euro nel Nord-est, 17,8mila euro al Centro e 12,9mila euro nel Mezzogiorno. Il divario negativo tra Mezzogiorno e Centro-nord è del 32,6%.

Nel 2016 il Pil in volume, a fronte di una crescita a livello nazionale dello 0,9% rispetto all’anno precedente, ha registrato un incremento dell’1,3% nel Nord-est, dello 0,9% nel Nord-ovest e dello 0,8% sia al Centro che nel Mezzogiorno.

Tra il 2011 e il 2016 le aree che hanno registrato i più marcati cali del Pil sono il Centro (-0,8%) e il Mezzogiorno (-0,6%). La flessione è stata più contenuta nel Nord-ovest (-0,5%) mentre per il
Nord-est si registra una sostanziale stabilità (-0,1%).

TESTO INTEGRALE E NOTA METODOLOGICA

IL RAPPORTO 2017 DELL’ISTAT METTE A NUDO I GRAVI PROBLEMI DEL PAESE

zxc.jpgOggi alle ore 11.00, presso la Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, il presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva ha illustrato il Rapporto annuale 2017 – La situazione del Paese.

Il Rapporto annuale dell’Istat, giunto alla venticinquesima edizione, sviluppa una riflessione documentata sul presente e al tempo stesso cerca di individuare le prospettive per il futuro dell’Italia.

L’edizione di quest’anno affronta in modo non convenzionale il tema della struttura socioeconomica, letta attraverso le caratteristiche dei gruppi sociali: i fenomeni vengono descritti e interpretati da una pluralità di punti di vista, prospettando diverse e originali chiavi di lettura.

Per l’Istat «la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all’interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all’interno di esse»

L’Italia è prima in Europa per invecchiamento della popolazione: al primo gennaio 2017 le persone over 65 erano il 22% del totale, cioè 13,5 milioni, il valore più alto dell’UE.

A questo punto il presidente dell’Istat Giorgio Alleva pensa che sia opportuno aumentare il limite convenzionale e statistico di età di invecchiamento: cioè non più 65 anni. E questo perché è stato calcolato che negli ultimi sette anni e aumentato il numero di anni vissuti senza limitazioni nelle attività quotidiani dopo i 65: da 9,0 a 9,99 per gli uomini, da 8,9 a 9,6 per le donne.

NOI ITALIA, 100 STATISTICHE DELL’ISTAT PER CAPIRE IL PAESE IN CUI VIVIAMO

L’ISTAT ha pubblicato la nuove edizione di ISTAT «Noi Italia, 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo» che  mette in luce la collocazione del nostro Paese nel contesto europeo e le differenze regionali che lo caratterizzano attraverso una selezione di indicatori statistici che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, alle condizioni economiche delle famiglie, alla finanza pubblica, all’ambiente. In particolare, nell’ edizione 2017 ne vengono introdotti due nuovi: Acque di balneazione (Ambiente) e Imprese innovatrici (Scienza, tecnologia e innovazione)Negli ultimi anni, per molti degli indicatori presentati in Noi Italia, si sono conseguiti progressi importanti a livello nazionale.

Questi risultati, tuttavia, non si sono sempre tradotti nel miglioramento della posizione dell’Italia nel contesto europeo, soprattutto rispetto ai principali partner. Nella maggioranza dei casi, la comparazione mostra ancora l’Italia sistematicamente collocata al di sotto della media europea, a meno di qualche apprezzabile eccezione. Permangono divari importanti riguardo alla performance del sistema produttivo nel suo complesso e si rilevano, tra le altre, debolezze nell’ambito dell’economia della conoscenza, della formazione e nel mercato del lavoro. L’Italia occupa però una posizione di primo piano in tema di eccellenze agroalimentari, con il maggior numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg assegnati dall’Unione europea. Importante fattore di competitività delle realtà agricole locali, i prodotti di qualità contribuiscono inoltre al mantenimento e al rafforzamento degli insediamenti umani e dell’attività agricola delle aree interne. L’attenzione alla tutela dell’ambiente è, in generale, un altro ambito in cui l’Italia occupa una posizione in linea o leggermente più favorevole rispetto alla media dell’Unione. I progressi più importanti si sono raggiunti in tema di strategia europea per la promozione di una crescita economica sostenibile, nell’area dei cambiamenti climatici e dell’energia: la riduzione delle emissioni di gas serra è sostanzialmente in linea con quanto realizzato a livello europeo. Il nostro Paese mostra miglioramenti di rilievo, che si riflettono in posizioni al di sopra della media europea, anche nel campo della salute e del welfare: nonostante la spesa sanitaria pubblica italiana sia inferiore a quella di importanti paesi partner, gli indicatori di mortalità (infantile, per tumori e per malattie circolatorie) continuano, infatti, a contrarsi e si mantengono più bassi della media europea. Tra gli indicatori sugli stili di vita l’Italia presenta la percentuale più bassa di adulti in eccesso di peso, mentre la diffusione dell’abitudine al fumo vede il nostro Paese in una posizione centrale. L’Italia si conferma del resto tra i paesi europei più longevi, sia per gli uomini sia per le donne. Gli altri indicatori demografici mettono in luce, tuttavia, un quadro di scarsa dinamicità, con un indice di vecchiaia secondo solo a quello della Germania, un indice di dipendenza tra i più alti, un tasso di crescita naturale negativo e peggiore della media europea e una fecondità tra le più basse, con un valore ben inferiore alla soglia del ricambio generazionale. La posizione nazionale risulta debole in tema di Istruzione e mercato del lavoro, 14 aprile 2017 2 nonostante nell’ultimo anno il quadro complessivo abbia mostrato diversi segnali positivi; i miglioramenti tuttavia non sono stati in grado di colmare i divari preesistenti nei confronti dei partner europei. La strategia Europa 2020 fissa diversi obiettivi relativamente a questi ambiti e negli ultimi anni alcuni di questi sono stati raggiunti. La quota di giovani che abbandonano precocemente gli studi in Italia ha superato già nel 2014 l’obiettivo nazionale del 16% fissato per il 2020 e nel 2016 la percentuale è ulteriormente scesa: il tasso di abbandono scolastico rimane però superiore alla media Ue. Nel 2016 il 26,2% delle persone di 30-34 anni ha conseguito un titolo di studio universitario, in linea con quanto stabilito come obiettivo per l’Italia, ma lontano dal 40% fissato per la media europea; inoltre il nostro Paese si colloca in ultima posizione rispetto ai partner europei. La strategia europea include tra i suoi obiettivi l’aumento del tasso di occupazione, con la raccomandazione di un’ampia partecipazione delle donne e delle persone di 50 anni e più. Nonostante il miglioramento dell’ultimo anno, l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento dell’obiettivo nazionale oltre che distante dalla media europea, confermando anche la presenza di un elevato squilibrio di genere. Tra gli Stati membri più grandi, la Germania ha raggiunto l’obiettivo già dal 2013.

Qui trovate il sito dell’ISTAT:

NOI ITALIA – SISTEMA INFORMATIVO