IL PUNTO DELL’ANAC SUL DECRETO-LEGGE 76/2020

L’ANAC ha pubblicato in questi giorni sul proprio sito web un commento sul decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» che reca, nel Titolo I, Capo I (Semplificazioni in materia di contratti pubblici), alcune rilevanti novità in materia di contratti pubblici, finalizzate ad incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché a fronteggiare le ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19; lo stesso interviene – anche se in maniera più limitata – in materia di misure di prevenzione della corruzione e applicazione del principio di trasparenza.

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IL RICORSO AL CRITERIO DELLA EQUIVALENZA NELLA VALUTAZIONE DELLA CAMPIONATURA PRESENTATA IN SEDE DI OFFERTA

Un problema sempre più sentito per le Commissioni aggiudicatrici delle gare per le forniture dei beni è quello della valutazione della campionatura.

Sarebbe opportuno poter disporre in commissione di un esperto in merceologia ma non sempre questo avviene e comunque talora si tratta anche di prodotti particolari.
Il metro che viene utilizzato di norma è quello della equivalenza rispetto a quanto previsto sul capitolato di gara.
Una nuova sentenza del Consiglio di Stato arriva a gettare un poco di luce su questa delicata materia.
Si tratta della decisione del Consiglio di Stato n. 3808 del 23 aprile 2020.

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DL 76/2020: LE MODIFICHE AL CODICE DEI CONTRATTI: TEMPORANEE E DEFINITIVE

Con la pubblicazione del decreto legge 16 luglio 2020, n.76 recante misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale sono entrate in vigore le norme contenute nel Titolo I, Capo I riguardanti la semplificazione in materia di contratti pubblici.

In primo luogo occorre far presente che non si tratta di modifiche vere e proprie ma limitate al 31 luglio 2021 e con il solo scopo di superare la fase dell’emergenza COVID per accelerare le opere pubbliche in questo delicato periodo.

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LA GIORNATA DELLA LEGALITA’ AI TEMPI DELL’EPIDEMIA

Se andate a cercare il termine legalità nella nostra Costituzione non troverete una formulazione espressa di questo principio, anche se la giurisprudenza costituzionale lo ha ritenuto un principio generale dell’ordinamento, ancorché non costituzionalizzato.

Il principio di legalità amministrativa, posto alle basi della nostra democrazia stabilisce che la Pubblica Amministrazione trova nella legge i fini della propria azione e i poteri giuridici che può esercitare e non può esercitare alcun potere al di fuori di quelli che la legge le attribuisce.

Il principio di legalità della pubblica amministrazione non conosce tempi né scadenze per cui anche durante questo periodo in cui i nostri diritti fondamentali subiscono delle limitazioni non è pensabile che altri, approfittando di ciò possano scegliere di aggirare le norme a favore loro o di altri.

Lo stato di eccezione può essere tale solo fino a che la situazione extra-giuridica di esiziale gravità sussista e, dunque, la correlata normativa non può che essere temporalmente limitata al perdurare della situazione di fatto e non può consolidare compressioni definitive di alcun diritto 1 che possono prestarsi ad abusi, ad illegalità e persino ad atti illeciti. 

Sin dall’inizio dell’epidemia il Ministero dell’Interno ha provveduto a definire strategie di intervento per contrastare attività illecite e condotte criminose e per prevenire e impedire che nuove forme di criminalità, connesse alla ripresa economica, possano inserirsi nel circuito delle risorse pubbliche.

Le linee di azione sono state definite sulla base di un’attenta analisi del contesto socio-economico dove forme di criminalità organizzata e non, già fortemente radicate sul territorio, sono pronte a riconvertire le proprie attività in nuove forme di investimento per appropriarsi di fondi pubblici.

Molta attenzione è stata posta per innalzare al massimo il livello di attenzione, anche per la presenza di norme derogatorie connesse allo stato di emergenza sanitaria.

E’ stato incaricato l’Ispettorato territoriale del lavoro, con la collaborazione dei Carabinieri del NIL, di controllare la sicurezza dei luoghi di lavoro e i livelli di protezione dei lavoratori dalla diffusione del virus Covid-19 nelle aziende legittimate a operare.

Molte e insistenti sono state le spinte per abolire il Codice dei contratti tutte regolarmente respinte al mittente dal Ministro delle infrastrutture De Micheli la quale, parlando a Genova il 22 maggio ha annunciato che pur essendo allo studio delle misure per snellire le procedure queste non riguarderanno il Codice dei contratti e che le deroghe previste per la ricostruzione del ponte data la loro eccezionalità non saranno concesse per altri casi.

Anche su indicazione del Presidente ff. dell’ANAC Merloni sarà possibile una proroga al 31 dicembre dello stato di emergenza e con esso delle procedure di accelerazione già previste dal Codice degli appalti.

Sempre Merloni ha sollecitato invece la digitalizzazione e la riduzione del numero delle stazioni appaltanti, che permetterebbe di gestire le gare e fare le verifiche degli operatori economici in tempi veloci, e controlli successivi a campione per garantire legalità e trasparenza. “Questo sarebbe un presidio vero contro i rischi di irregolarità e infiltrazioni – ha spiegato il numero uno dell’Autorità anticorruzione – l’investimento per 100 stazioni appaltanti non costerebbe più di 600 milioni di euro. Sarebbe una riforma strutturale che va al sodo del problema di evitare il collo di bottiglia della pubblica amministrazione”.

Senza dubbio le parole di Merloni vengono da persona che conosce bene la situazione e che assistono frequentemente ai problemi in cui si trovano i Comuni di piccole e medie dimensioni alle prese con la gestione di gare più grandi di loro.

La qualificazione delle stazioni appaltanti e la loro conseguente riduzione non gradita da alcuni dovrebbe invece elevare il livello delle procedure con risultati positivi anche per quanto riguarda la legalità delle stesse.


  1. Tomaso Epidendio, Il diritto nello stato di eccezione ai tempi dell’epidemia da coronavirus, Giustizia Insieme, 2020

LE DISPOSIZIONI ACCELERATORIE E DI SEMPLIFICAZIONE PRESENTI NEL CODICE DEI CONTRATTI

ROMA, GALLERIA SCIARRA, SEDE DELL’ANAC, particolare.

Il Consiglio Direttivo dell’ANAC, nella seduta del 22 aprile ha approvato un documento un quadro delle vigenti disposizioni acceleratorie e di semplificazione in tema di procedure per l’aggiudicazione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al fine di agevolare le stazioni appaltanti ove, fermo restando il contenuto della Delibera ANAC n. 312 del 9.4.2020, dell’art. 103 del D.L. n. 18/2020 e dell’art. 37 D.L. 23/2020, si rendesse necessario procedere ad approvvigionamenti nella difficile situazione di emergenza sanitaria in atto.

A tale scopo, sono state richiamate in premessa le indicazioni da ultimo offerte dalla Commissione Europea che trovano pieno riscontro in numerose previsioni acceleratorie e di semplificazione già presenti nel vigente Codice dei Contratti, d.lgs. 50/2016, che per migliore utilità sono state enucleate e puntualmente indicate nella parte centrale del presente documento.

Ad integrazione e completamento del quadro regolatorio così definito, il documento procede, altresì, alla compilazione delle principali disposizioni in materia di affidamento dei contratti pubblici contenute nei più recenti provvedimenti emergenziali connessi alla crisi sanitaria in atto e di ulteriori previsioni normative previgenti che possono costituire utili riferimenti.

Il testo del documento si trova a questo link:

L’ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO APRE LE PORTE ALL’ACCESSO CIVICO GENERALIZZATO IN MATERIA DI ESECUZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI

ROMA – PALAZZO SPADA, SALA DEI FATTI DEGLI ANTICHI ROMANI

Il Consiglio di Stato nell’ Adunanza Plenaria del 19 febbraio scorso ha affrontato il problema della disciplina dell’accesso civico generalizzato, con riferimento agli atti delle procedure di gara dei contratti pubblici ma anche agli atti relativi alla loro esecuzione.

Al riguardo l’adunanza ha ritenuto la sentenza n.10/2020 che la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53 del d. lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bis del d. lgs. n. 33 del 2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

Si tratta di una sentenza senza dubbio molto interessante ed evolutiva che apre un nuovo capitolo per dare maggiore trasparenza specialmente al controllo dei cittadini sul rispetto dei contratti di servizio (rifiuti, pulizie, ristorazione collettiva, assistenza domiciliare, ecc.) da parte delle imprese pubbliche o private che li gestiscono.

Ora tocca ai cittadini avvalersi di questa nuova opportunità cominciando a saggiare la reattività degli enti locali facendo richieste specifiche.

MANTENIMENTO DELLE CONDIZIONI DEI DIRITTI DEI LAVORATORI NEL CASO DI AFFIDAMENTO DEI SERVIZI DI PULIZIA AD UNA DITTA DIVERSA DA QUELLA PRECEDENTE.

Lussemburgo: Corte di Giustizia Europea

Il 26 novembre scorso l’avvocato generale della Corte di Giustizia Europea Maciej Szpunar ha presentato le proprie conclusioni nel corso della Causa C-344/18 tra la ISS Facility Service e Sonia Govaerts in merito al mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso in cui , a seguito di una gara per l’affidamento dei servizi di pulizia ci sia un trasferimento da un’impresa ad un’altra dei lavoratori

Al riguardo l’avvocato generale della Curia ha ritenuto di proporre alla Corte quanto segue:

 L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale in virtù della quale, in caso di simultaneo trasferimento di diverse parti di un’impresa, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva a cessionari diversi, i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto di lavoro in essere al momento del trasferimento, per ciascuno dei settori dell’impresa trasferita, si trasferiscono a ciascuno dei cessionari in proporzione alle funzioni svolte dal lavoratore.

Tuttavia, nell’ipotesi in cui la scissione del contratto di lavoro in questione si riveli impossibile tra i due cessionari o pregiudichi il mantenimento dei diritti dei lavoratori garantiti dalla direttiva 2001/23, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, o qualora il lavoratore si opponga, dopo il trasferimento dell’impresa, alla scissione del suo contratto, il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro di cui trattasi può essere risolto e tale risoluzione deve essere considerata come dovuta alla responsabilità del o dei cessionari ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva.

IL RISPETTO DEL PRINCIPIO DELLA ROTAZIONE DEVE AVVENIRE GIA’ NELLA FASE DI INVITO DEGLI OPERATORI ALLE PROCEDURE DI GARA

Un particolare dell’interno di Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato

Dopo molte sentenze dei TAR ecco una pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione V – n.n. 7538/2019) sul noto principio della rotazione negli affidamenti di forniture di beni e di servizi.

Sempre più spesso si deve rilevare che taluni uffici degli enti locali dimenticano di rispettare l’art. 36 del D.lgs 50/2016 provvedendo ad invitare alle procedure per l’affidamento dei servizi le stesse ditte che avevano svolto il servizio in precedenza, addirittura in alcuni casi si procede addirittura con l’affidamento diretto senza neanche dare conto delle modalità della verifica della congruità del prezzo.

Secondo il Collegio il rispetto del principio della rotazione deve avvenire già nella fase dell’invito degli operatori alla procedura di gara

 L’art. 36, comma 1, D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 impone espressamente alle stazioni appaltanti nell’affidamento dei contratti d’appalto sotto soglia il rispetto del “principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti”.

Secondo il Collegio detto principio costituisce necessario contrappeso alla notevole discrezionalità riconosciuta all’amministrazione nel decidere gli operatori economici da invitare in caso di procedura negoziata (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6160 in cui, trattando proprio delle procedure negoziate previste dall’art. 36 cit. per gli appalti sotto soglia, è stato affermato: “Contrasta con il favor partecipationis la regola che il numero degli operatori economici sia limitato e fa temere per il principio di parità di trattamento che la loro scelta sia rimessa all’amministrazione e tuttavia, il sacrificio della massima partecipazione che deriva dal consentire la presentazione dell’offerta ai soli operatori economici invitati è necessitato dall’esigenza di celerità, essa, poi, non irragionevole in procedure sotto soglia comunitaria; quanto, invece, alla scelta dell’amministrazione il contrappeso è nel principio di rotazione”); esso ha l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere un miglior servizio (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3755).

In questa ottica non è casuale la scelta del legislatore di imporre il rispetto del principio della rotazione già nella fase dell’invito degli operatori alla procedura di gara; lo scopo, infatti, è quello di evitare che il gestore uscente, forte della conoscenza della strutturazione del servizio da espletare acquisita nella precedente gestione, possa agevolmente prevalere sugli altri operatori economici pur se anch’essi chiamati dalla stazione appaltante a presentare offerta e, così, posti in competizione tra loro (Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2019, n. 3943; V, 5 marzo 2019, n. 1524; V, 13 dicembre 2017, n. 5854).

5.2. Se è vero che l’art. 36, comma 7, d.lgs. n. 50 cit. rimette alle Linee guida A.N.A.C. di indicare specifiche modalità di rotazione degli inviti e che le Linee guida n. 4 nella versione adottata con delibera 1 marzo 2018 n. 206 prevedevano (al punto 3.6) che “La rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione”, non può tuttavia dubitarsi che tale prescrizione va intesa nel senso dell’inapplicabilità del principio di rotazione nel caso in cui la stazione appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura aperta, che non preveda una preventiva limitazione dei partecipanti attraverso inviti.

Diversamente opinando, stridente ed inconciliabile sarebbe il contrasto contenuto nel medesimo paragrafo delle citate Linee Guida laddove è precisato che “Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento”.

In conclusione deve ragionevolmente ammettersi che il fatto oggettivo del precedente affidamento impedisce alla stazione appaltante di invitare il gestore uscente, salvo che essa dia adeguata motivazione delle ragioni che hanno indotto, in deroga al principio generale di rotazione, a rivolgere l’invito anche all’operatore uscente

Il mancato rispetto di questa disposizione può costituire una aggravante del comportamento dei responsabili degli uffici nel caso in cui si verificassero problemi nell’esecuzione del servizio.

Questi comportamenti dovrebbero essere tenuti in considerazione nella valutazione annuale della performance dei responsabili degli uffici.

IL CONSIGLIO DI STATO TORNA SUL PROBLEMA DELLA ROTAZIONE NEGLI AFFIDAMENTI SOTTO SOGLIA EUROPEA

Il Consiglio di Stato, Sezione IV, con sentenza n. 1524/2019 è tornato ad occuparsi delle procedure sotto soglia europea puntualizzando alcune questioni:

Premesso infatti che quello in esame è un appalto sotto soglia e che la procedura su cui nello specifico si controverte non è aperta, bensì negoziata, va confermato il principio di carattere generale – su cui, da ultimi, Cons. Stato, V, 13 dicembre 2017, n. 5854 e VI, 31 agosto 2017, n. 4125 – in virtù del quale va riconosciuta l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”.

In particolare, il principio di rotazione ‒ che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da invitare a presentare le offerte ‒ trova fondamento nell’esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento e non invece – come ipotizzato dall’appellante – dalle modalità di affidamento, di tipo “aperto”, “ristretto” o “negoziato”), soprattutto nei mercati in cui il numero di operatori economici attivi non è elevato.

Pertanto, anche al fine di dissuadere le pratiche di affidamenti senza gara – tanto più ove ripetuti nel tempo – che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che ove la procedura prescelta per il nuovo affidamento sia di tipo ristretto o “chiuso” (recte, negoziato), l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.

Rileva quindi il fatto oggettivo del precedente affidamento in favore di un determinato operatore economico, non anche la circostanza che questo fosse scaturito da una procedura di tipo aperto o di altra natura.

Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito del precedente affidatario, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero al peculiare oggetto ed alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, si veda anche la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee-guida n. 4).

Nel caso su cui si verte, dunque, la stazione appaltante aveva solo due possibilità: non invitare il gestore uscente o, in caso contrario, motivare attentamente le ragioni per le quali riteneva di non poter invece prescindere dall’invito.

La scelta di optare per la prima soluzione è dunque legittima, né in favore della soluzione contraria valgono considerazioni di tutela della concorrenza: invero, l’obbligo di applicazione del principio di rotazione negli affidamenti sotto-soglia è volto proprio a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio.

In particolare, per effetto del principio di rotazione l’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento (ex multis, Cons. Stato, V, 13 dicembre 20017, n. 5854; V, 31 agosto 2017, n. 4142).

Neppure può trovare accoglimento l’ulteriore profilo di censura secondo cui, nel caso di specie, il principio di rotazione non avrebbe potuto comunque trovare applicazione in ragione della non perfetta omogeneità tra le prestazioni oggetto dell’affidamento e quelle in precedenza rese da Cosmopol s.p.a. in qualità di affidatario uscente.

Invero, la stessa circostanza che l’odierna appellante rivendichi la propria qualità di “gestore uscente” dà la misura dei limiti oggettivi di tale argomento, dal momento che in tanto può avere un senso spendere nel processo una tale circostanza, in quanto il nuovo affidamento nel quale si intende subentrare sia consustanziale al precedente.

In ogni caso, l’eccezione non è fondata. Non è infatti sostenibile, alla luce delle risultanze di causa, che l’affidamento su cui attualmente si controverte presenti una sostanziale alterità qualitativa (ossia afferente la natura delle prestazioni richieste) rispetto al precedente affidamento assegnato a Cosmopol s.p.a. nel 2016, alterità che del resto neppure viene individuata, almeno nei suoi contenuti essenziali, dall’appellante.

Al riguardo, non è pertinente il richiamo (a pag. 18 dell’atto di appello) fatto da Cosmopol a quanto riportato nelle difese della stazione appaltante, per cui “tra la prima e la seconda gara è stato modificato, cosa di non poco conto, l’oggetto della gara”, dal momento che le stesse non fanno riferimento ad un’eventuale differenza tra la gara del 2016 assegnata a Cosmopol ed a quella su cui attualmente si verte – differenza che si sarebbe dovuto riscontrare, nell’ottica argomentativa dell’appellante – bensì attengono, quanto alla prima, alla procedura negoziata di cui alla determinazione n. 112 del 15 maggio 2017, del tutto irrilevante in quanto di lì a poco annullata in autotutela.

Sul punto, già nel corso del precedente grado di giudizio la Stazione Zoologica di Napoli aveva chiarito che con la determinazione n. 112 del 2017 era stata bandita una “procedura negoziata per l’affidamento del servizio di portierato/reception per la sede di Napoli, la sede di Portici ed il servizio di ronda per il laboratorio in via Punta S. Pietro n. 127 – Ischia”, poi annullata d’ufficio con determina n. 143 del 14 giugno 2017 in ragione, tra l’altro, della ritenuta contrarietà del bando con l’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui la lettera di invito aveva inteso affidare, mediante lotto unico, sia i servizi di vigilanza che i servizi di portierato e reception, così precludendo l’accesso ai soggetti privi di licenza ex art. 134 Tulps.

Sulla questione deve comunque concludersi, in termini generali, che – se è corretto affermare che l’applicazione del disposto di cui all’art. 36, comma primo del d.lgs. n. 50 del 2016, proprio perché volta a tutelare la dimensione temporale della concorrenza, logicamente presuppone una specifica situazione di continuità degli affidamenti, tale per cui un determinato servizio, una volta raggiunta la scadenza contrattuale, potrebbe essere ciclicamente affidato mediante un nuova gara allo stesso operatore – ciò non implica però che i diversi affidamenti debbano essere ognuno l’esatta “fotocopia” degli altri.

In breve, ciò che conta è l’identità (e continuità), nel corso del tempo, della prestazione principale o comunque – nel caso in cui non sia possibile individuare una chiara prevalenza delle diverse prestazioni dedotte in rapporto (tanto più se aventi contenuto tra loro non omogeneo) – che i successivi affidamenti abbiano comunque ad oggetto, in tutto o parte, queste ultime.

In questi termini di grandezza va dunque letta la norma di legge in precedenza richiamata, ad escludere cioè che la procedura di selezione del contraente si risolva in una mera rinnovazione – in tutto o in parte, e comunque nei suoi contenuti qualificanti ed essenziali – del rapporto contrattuale scaduto, dando così luogo ad una sostanziale elusione delle regole della concorrenza a discapito degli operatori più deboli del mercato cui, nel tempo, sarebbe sottratta la possibilità di accedere ad ogni prospettiva di aggiudicazione.

La società appellante, sul presupposto invece dell’illegittimità della propria esclusione, deduce che il criterio prescelto contrasterebbe con l’obbligo, sancito dall’art. 95, comma 3 del d.lgs. n. 50 del 2016, di affidare i servizi “ad alta intensità di manodopera” ex art. 50 del medesimo decreto mediante il diverso criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (obbligo che, del resto, sarebbe stato assunto in precedenza a fondamento dell’esercizio dell’autotutela da parte della stessa stazione appaltante).

Il motivo è in primo luogo inammissibile, non sussistendo un interesse obiettivo ed attuale in capo all’appellante a proporre tale doglianza, una volta accertata la legittimità del suo mancato invito alla gara (e, dunque, della conseguente mancata partecipazione alla stessa).

Solo per completezza, va comunque detto che la censura non risulta neppure fondata nel merito, ove si ricordi che l’appalto aveva ad oggetto esclusivamente l’affidamento del servizio di portierato / reception per le sedi di Napoli e Portici, ossia – come già accertato dal primo giudice – servizi per loro natura strettamente vincolati a precisi ed inderogabili standard tecnici o contrattuali, per i quali dunque non sorge un reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate.

Sul punto occorre rilevare che l’appellante non si sofferma a confutare, in modo oggettivo, quanto motivato nella sentenza di primo grado sulle caratteristiche concrete della prestazione oggetto di appalto. Per contro, la determina n. 327 del 29 novembre 2017 appariva chiara nel motivare la scelta di “aggiudicare la gara in oggetto secondo il criterio dell’offerta del prezzo più basso, di cui all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, in quanto le caratteristiche della prestazione da eseguire sono già ben definite nel capitolato d’oneri, in cui sono previste tutte le caratteristiche e condizioni della prestazione e, pertanto, il concorrente deve solo offrire il prezzo”.

Sulla base di tale premessa va dunque fatta applicazione del principio (da ultimo, Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609, che supera il precedente di Cons. Stato, III, 2 maggio 2017, n. 2014) secondo cui per i contratti con caratteristiche standardizzate non vi è alcuna ragione né utilità di far luogo ad un’autonoma valutazione e valorizzazione degli elementi non meramente economici delle offerte, poiché queste, proprio perché strettamente assoggettati allo standard, devono assolutamente coincidere tra le varie imprese.

In tale ottica la tipologia di cui alla lett. b) del comma 4 dell’art. 95 d.lgs. n. 50 del 2016 attiene ad un’ipotesi ontologicamente del tutto differente sia dall’appalto “ad alta intensità di manodopera” di cui all’art. 95 comma 3 lett. a), che concerne prestazioni comunque tecnicamente fungibili; e sia da quelli caratterizzati da “notevole contenuto tecnologico” o di “carattere innovativo” di cui all’art 95 comma n. 4 lett. c) del Codice dei contratti, attinenti tipicamente a prestazioni di contenuto evolutivo.

I PICCOLI COMUNI POSSONO SOTTRARSI ALLA GESTIONE ASSOCIATA DELLE FUNZIONI FONDAMENTALI SE DIMOSTRANO CHE NON REALIZZA RISPARMI

La Corte Costituzionale in data 4 marzo ha, finalmente stabilito con Sentenza n. 33/2019 che la disposizione che impone ai Comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire in forma associata le loro funzioni fondamentali (trasporto pubblico, polizia municipale, ecc.) è incostituzionale là dove non consente ai Comuni di dimostrare che, in quella forma, non sono realizzabili economie di scala e/o miglioramenti nell’erogazione dei beni pubblici alle popolazioni di riferimento. Lo ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza n. 33 depositata oggi (relatore Luca Antonini) in riferimento all’art. 14, comma 28 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78. Secondo la Corte, l’obbligo imposto ai Comuni sconta un’eccessiva rigidità perché dovrebbe essere applicato anche in tutti quei casi in cui: a) non esistono Comuni confinanti parimenti obbligati; b) esiste solo un Comune confinante obbligato, ma il raggiungimento del limite demografico minimo comporta il coinvolgimento di altri Comuni non in situazione di prossimità; c) la collocazione geografica dei confini dei Comuni (per esempio in quanto montani e caratterizzati da particolari fattori antropici, dispersione territoriale e isolamento) non consente di raggiungere gli obiettivi normativi. Si tratta di situazioni dalla più varia complessità che però – secondo la sentenza – meritano attenzione perché il sacrificio imposto all’autonomia comunale non realizza quei risparmi di spesa cui è finalizzata la normativa stessa. La sentenza, inoltre, richiama l’attenzione sul fatto che, rispetto al disegno costituzionale, l’assetto organizzativo dell’autonomia comunale italiana è da sempre relegato “a mero effetto riflesso di altri obiettivi”. Una doverosa cooperazione da parte del sistema degli attori istituzionali, direttamente o indirettamente coinvolti, dovrebbe invece assicurare il raggiungimento del difficile obiettivo di una equilibrata, stabile e organica definizione dell’assetto fondamentale delle funzioni ascrivibili all’autonomia locale. A questo proposito la sentenza ricorda come in altri Paesi (ad esempio in Francia) sono state trovate risposte strutturali al problema della polverizzazione dei Comuni, spesso attuando la differenziazione sul piano non solo organizzativo ma anche funzionale. La Corte ha infine dichiarato l’illegittimità delle norme della legge regionale Campania sulla individuazione della dimensione territoriale ottimale e omogenea per lo svolgimento delle funzioni fondamentali, in quanto approvate in assenza della necessaria concertazione con i Comuni interessati.