LA CORTE DEI CONTI NON CONDIVIDE LE SANATORIE DISPOSTE DAL GOVERNO PER CANCELLARE IMPOSTE E TASSE NON PAGATE

Corte dei conti, prima sede a Torino dal 1859 al 1862

Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti hanno inviato una Memoria alle Commissioni riunite 5^ (Programmazione economica e bilancio) e 6^ (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, nell’ambito delle audizioni previste in sede di conversione in legge del d.l. 22 marzo 2021, n. 41, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizio territoriali connesse all’emergenza da Covid-19 (A.S. 2144).

Il decreto interviene a favore degli operatori economici con ulteriori slittamenti nei tempi di pagamento di debiti fiscali e l’annullamento di quelli di importo limitato, risalenti al decennio 2000-2010.

Questa scelta, per la Corte, seppur giustificabile, “non appare condivisibile” sia perché incide in modo significativo sulla futura azione di riscossione dei crediti pubblici ritardando attività operative fortemente condizionate dal requisito della tempestività, sia perché, si risolve “in un beneficio erogato a un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali presumibilmente non colpiti sul piano economico dalla crisi”, generando “disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono e può rappresentare una spinta ulteriore a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri”.

L’INDICE DI AUTONOMIA FINANZIARIA DEI COMUNI

In questi giorni si stanno insediando i Consigli comunali eletti nella tornata elettorale del 20 e 21 settembre.

Purtroppo molti candidati, pur essendo stati eletti sono finiti all’opposizione.

Non è un problema, si tratta solo di lavorare sodo per mettere a nudo tutti gli errori della maggioranza facendosi conoscere dai cittadini che dovranno capire chi è competente e chi no.

Una delle prime cose da fare è studiare a fondo il rendiconto dell’anno 2019 e verificare il dato dell’autonomia finanziaria del Comune.

Si tratta di un dato che serve a misurare fino a che punto il Comune è in grado di fare fronte autonomamente alle proprie necessità senza ricorrere ai trasferimenti dello Stato, della Regione e altri enti pubblici. L’indicatore considera la quota di entrate proprie sul totale delle entrate correnti del Comune.

Viene calcolato in percentuale: maggiore è la percentuale, più elevata è l’autonomia di cui gode il Comune nelle sue scelte di bilancio.

Criterio contabile: competenza calcolato nel bilancio consuntivo.

La Formula è la seguente: [Entrate tributarie (Titolo I) + Entrate extratributarie (Titolo III) / Totale entrate correnti (Titolo I + Titolo II + Titolo III)] * 100.

Ad esempio il Comune di Trieste ha un bilancio di esercizio 2019 di € 465.963.346.

Il totale di entrate tributarie ed extratributarie è stato di € 168.358.138, mentre il totale delle entrate dei titoli I,II (i trasferimenti da Stato, Regione, Europa ed altri enti sono stati di € 151.977.758) e III è stato di € 320.335.896 per cui la percentuale è di 52,55.

MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO DEL LAVORO E DELL’ECONOMIA, NONCHE’ DI POLITICHE SOCIALI, COMMESSE ALL’EMERGENZA EPIDEMILOGICA

Ieri 13 maggio il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’economia e delle finanze Roberto Gualtieri, ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

La Presidenza del Consiglio in un lungo comunicato ha illustrato tutte le misure prese dal Governo.

Il decreto interviene in diversi ambiti, in modo trasversale, con l’intento di assicurare l’unitarietà, l’organicità, e la compiutezza delle misure volte alla tutela delle famiglie e dei lavoratori, alla salvaguardia e al sostegno delle imprese, degli artigiani e dei liberi professionisti, al consolidamento, snellimento e velocizzazione degli istituti di protezione e coesione sociale. 

Molte di queste misure interessano anche gli enti locali direttamente o indirettamente.

Di seguito le principali misure previste ad eccezione di quelle fiscali e quelle riguardanti la salute che sono illustrate nel mio blog : https://wordpress.com/block-editor/post/saluteugualepertuttis.org/992

Misure per gli enti territoriali

Al fine di concorrere ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali, per l’anno 2020, si istituisce un fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 3,5 miliardi di euro, da ripartire tra comuni, province e città metropolitane, entro il 10 luglio 2020 con decreto del Ministero dell’interno di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze sulla base della perdita di gettito e dei fabbisogni per le funzioni fondamentali. Al fine di assicurare una celere erogazione di risorse utili per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, si prevede di erogare il 30 per cento del fondo a titolo di acconto in proporzione alle entrate al 31 dicembre 2019, come risultanti dal SIOPE.

Inoltre, si provvede al reintegro dei 400 milioni di euro del Fondo di solidarietà comunale utilizzati per l’emergenza alimentare e si anticipa l’erogazione del fondo sperimentale di riequilibrio per le province e le città metropolitane per l’anno 2020.

Infine, si istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro, destinato a concedere anticipazioni a regioni, province autonome ed enti locali, che si trovino in uno stato di carenza di liquidità, al fine di far fronte al pagamento dei propri debiti di carattere commerciale certi, liquidi ed esigibili.

Il fondo sarà articolato in due sezioni, una destinata ad assicurare la liquidità per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali e delle regioni e province autonome per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari, l’altra per assicurare la liquidità a regioni e province autonome per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

La gestione delle due sezioni del Fondo è affidata alla Cassa depositi e prestiti, sulla base di una convenzione da stipulare tra il Ministero e la Cassa entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Sostegno al turismo

Tax credit vacanze: per il 2020 è riconosciuto un credito alle famiglie con un Isee non superiore a 40.000 euro, un credito, relativo al periodo d’imposta 2020, per i pagamenti legati alla fruizione dei servizi offerti in ambito nazionale dalle imprese turistico ricettive dagli agriturismi e dai bed&breakfast. Il credito, utilizzabile da un solo componente per ciascun nucleo familiare, è pari a 500 euro per ogni nucleo familiare con figlio a carico, a 300 euro per i nuclei familiari composti da due persone e a 150 euro per quelli composti da una sola persona;

Fondo turismo: per sostenere il settore turistico con operazioni di mercato, è istituito un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro il 2020, finalizzato alla sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi di investimento, gestiti da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive;

Promozione turistica in Italia: per favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale, è istituito il “Fondo per la promozione del turismo in Italia”, con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2020;

Ulteriori misure di sostegno per il settore turistico: è istituito un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020 per la concessione di contributi in favore delle imprese turistico ricettive, delle aziende termali e degli stabilimenti balneari, come concorso nelle spese di sanificazione e di adeguamento conseguente alle misure di contenimento contro la diffusione del COVID-19.

Misure per l’istruzione e la cultura

Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali: è istituito un Fondo con una dotazione di 225 milioni di euro, destinato al sostegno delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, nonché dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura.

Per assicurare il funzionamento dei musei e dei luoghi della cultura, tenuto conto delle mancate entrate causate dall’emergenza, è autorizzata la spesa di 100 milioni di euro per il 2020.

L’AUDIZIONE DEL PRESIDENTE DELL’UPB NELL’AMBITO DELL’ESAME DELLA LEGGE DI BILANCIO 2020

Il Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, è stato ascoltato il 12 novembre in audizione dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato nell’ambito dell’esame preliminare della manovra economica per il triennio 2020-22.

Nel suo intervento il presidente Pisauro ha analizzato i contenuti della manovra – decreto 124/19 e DDL di bilancio – illustrando le valutazioni dell’UPB sul suo impianto complessivo e sugli andamenti delle principali grandezze di finanza pubblica, passando in rassegna i principali interventi ipotizzati e i loro effetti, sottolineandone aspetti condivisibili e elementi di criticità.

In estrema sintesi alcuni dei punti salienti evidenziati nel corso dell’audizione.

La crescita resta debole  Successivamente alla pubblicazione della NADEF gli indicatori congiunturali sono marginalmente migliorati, in un contesto economico che però resta debole. Come anticipato dall’UPB nella sua Nota sulla congiuntura di ottobre, nel terzo trimestre dell’anno il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,1 per cento. La previsione, sulla base dei modelli di breve termine, dell’UPB indica per lo scorcio finale dell’anno una variazione del PIL appena positiva. Nel complesso del 2019 il PIL aumenterebbe dello 0,2 per cento, marginalmente al di sopra delle attese della NADEF 2019.

L’UPB ha effettuato un’analisi sugli effetti della manovra di bilancio sull’attività economica nel prossimo triennio. Secondo le simulazioni effettuate, la manovra di bilancio avrebbe un effetto espansivo sul PIL reale nel complesso del triennio 2020-22 di 0,3 punti percentuali, appena al di sotto di quello stimato dal MEF nel DPB (0,4 punti).

Le grandi cifre della manovra e la zavorra delle clausole – Dopo un deficit nel 2020 al livello degli ultimi due anni (2,2 per cento del PIL), la manovra prevede una riduzione del disavanzo pubblico programmatico a partire dal 2021. Il miglioramento previsto per il 2021 e il 2022 è peraltro unicamente attribuibile alla presenza di una parte ancora rilevante delle clausole di salvaguardia. Queste ultime vengono infatti disattivate solo per un terzo e un decimo e restano presenti nei conti per importi pari rispettivamente a 19 miliardi nel 2021 e a 25,8 miliardi nel 2022 (1,0 e all’1,3 per cento del PIL) senza che nessuna indicazione programmatica circa il loro trattamento futuro venga fornita nella NADEF o nel DPB. Senza il contributo delle clausole, il deficit – in un esercizio puramente meccanico – risulterebbe pari al 2,8 per cento del PIL nel 2021 e al 2,7 per cento nel 2022. Inoltre, sempre In termini puramente meccanici, le clausole garantirebbero oltre la metà della riduzione programmatica del rapporto debito PIL nel biennio 2021-22.

Un secondo aspetto problematico della manovra è relativo agli andamenti fortemente divergenti previsti per le spese e le entrate complessive. Al netto delle clausole di salvaguardia, le maggiori entrate nette – pari a 7,5 miliardi nel 2020 – si riducono progressivamente (a 5,3 e a 3,9 miliardi nel 2021 e nel 2022); le maggiori spese nette, molto inferiori nel primo anno (0,7 miliardi), crescono invece sensibilmente, raggiungendo gli 8,5 miliardi nel 2021 e gli 11,3 miliardi nel 2022, con una componente preponderante di quelle di natura corrente. La manovra determina spese nette di conto capitale negative nel 2020, positive di 2 e 4 miliardi nel biennio successivo, gli aumenti previsti nell’articolato vengono infatti limitati dalla riduzione di altri stanziamenti di bilancio.

Meno incertezze ma restano i rischi – Rispetto a quanto ipotizzato nella NADEF, la manovra fuga alcuni elementi di incertezza. In particolare, ridimensiona, rispetto agli originari 7 miliardi previsti per il 2020, l’apporto delle misure di contrasto all’evasione fiscale, ora oggetto di quantificazioni più prudenti e realistiche.

Le grandezze di finanza pubblica appaiono in ogni caso soggette a rischi e incertezze derivanti dall’andamento del quadro macroeconomico. Un forte peggioramento del contesto internazionale potrebbe influire negativamente sulla domanda estera rivolta al nostro Paese e quindi sulla crescita del PIL, che potrebbe risultare inferiore a quella dello scenario programmatico prospettato nella NADEF. Inoltre, sul fronte dei tassi di interesse, la situazione favorevole dovuta alla loro recente riduzione è soggetta a incertezza, con rischi sulla spesa per l’onere del servizio del debito.

Dal contrasto all’evasione agli incentivi ai pagamenti tracciabili – Nell’ambito della manovra risorse per 3 miliardi nel 2020, 3,7 nel 2021 e 3,5 nel 2022 provengono dalle misure di contrasto dell’evasione fiscale e di incentivo all’utilizzo di mezzi di pagamento tracciabili introdotte con il decreto fiscale. Queste misure appaiono condivisibili dal punto di vista del merito e la loro valutazione finanziaria risulta sufficientemente prudenziale. A queste norme si aggiungono gli interventi, sempre finalizzati al contrasto dell’evasione, previsti nel DDL di bilancio.

Le misure, che non includono forme di condono fiscale, possono essere suddivise in quattro diverse tipologie le quali rispondono a quattro finalità differenti: 1) contrastare frodi in materia di IVA e accisa in ambiti specifici; 2) ostacolare le indebite compensazioni di imposta; 3) ampliare e a rendere più tempestive le informazioni a disposizione dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza; 4) incentivare l’uso di forme di pagamento alternative al contante.

Tra le nuove misure previste rientra la norma del DDL di bilancio che prevede la possibilità per l’Agenzia delle entrate di integrare, previa pseudonimizzazione dei dati personali, le banche dati di cui già dispone con i dati dell’archivio dei rapporti finanziari per definire profili di rischio utili a far emergere posizioni da sottoporre a controllo o per incentivare l’adempimento spontaneo del contribuente. La portata innovativa della norma, risiede nella possibilità per l’Agenzia delle entrate di passare da logiche deduttive a logiche induttive nella propria attività di controllo, grazie al trattamento automatico di grandi masse di dati a monte della determinazione dei criteri di rischio. L’efficacia della norma, dipende tuttavia in modo cruciale: 1) dalla capacità dell’Agenzia di sfruttare il potenziale informativo che avrà a disposizione e cioè di poter disporre delle adeguate competenze statistico-informatiche e di risorse umane professionalmente idonee a questo scopo; 2) dall’effettivo superamento delle problematiche connesse con il trattamento dei dati personali. In merito a quest’ultimo aspetto la norma del DDL di bilancio prevede l’inclusione dell’attività di prevenzione e contrasto dell’evasione fiscale tra quelle per le quali è prevista la limitazione dei diritti dell’interessato con riferimento ai dati utilizzati. Andrebbe approfondito se la norma così come proposta nel DDL di bilancio sia effettivamente sufficiente a consentire la limitazione dei diritti, ossia se siano previsti tutti gli elementi necessari richiesti dall’articolo 23 del Regolamento generale sulla protezione dei dati.

Quanto alle misure per favorire il ricorso a pagamenti tracciabili, tutti gli strumenti che ampliano la disponibilità di informazioni e ne aumentano la tempestività, possono contribuire a migliorare la capacità di analisi e di controllo preventivo dell’Amministrazione e accrescere l’adempimento spontaneo. Le misure previste potrebbero tuttavia incentivare forme di evasione con consenso (quelle in cui esiste un accordo tra acquirente e venditore), ampliando anziché riducendo l’evasione nelle cessioni con il consumatore finale. Questo tipo di evasione, sicuramente più difficile da contrastare, non è ancora stata affrontata con determinazione.

In presenza di un’emersione dei costi favorita dall’obbligatorietà della fatturazione elettronica e della trasmissione telematica dei corrispettivi, l’aumento dell’evasione con consenso potrebbe portare anche a una perdita di gettito. Questo fenomeno andrebbe contrastato dalla previsione di adeguati controlli sulla stabilità e credibilità dei margini di ricavo.

Le misure sulla tassazione delle imprese. – La manovra di bilancio determina complessivamente, in termini di cassa, un maggiore prelievo nel 2020 sulle società di capitali pari a 1,9 miliardi; negli anni successivi, gli effetti delle diverse misure sostanzialmente si compensano e dal 2023 producono una riduzione del gettito di 1,2 miliardi. In generale, si ripropone uno schema di intervento simile a quello utilizzato negli ultimi anni: il maggiore gettito del primo anno è determinato da misure di natura straordinaria; vengono prorogati ed estesi a sostegno delle imprese gli incentivi agli investimenti (super e iper ammortamento e il credito d’imposta); infine, per la terza volta in un anno, viene modificato il regime di tassazione Ires. Infatti, il DDL di bilancio reintroduce dal 2019 il regime ACE e contestualmente prevede l’abrogazione dell’aliquota agevolata per la quota di utili di esercizio accantonata a riserva disponibile introdotta con il DL 34/2019. Sebbene la normativa per il 2019 sia stata modificata per tre volte, sul piano sostanziale il regime dell’ACE rimane in vigore senza soluzione di continuità. L’unica differenza è che l’aliquota nozionale utilizzata per quantificare il rendimento figurativo viene ridotta dall’1,5 all’1,3 per cento

L’UPB, utilizzando il proprio modello di microsimulazione, ha quantificato gli effetti redistributivi sia sulle società non finanziarie sia su quelle finanziarie delle modifiche apportate al regime Ires e della proroga del super e dell’iper ammortamento. Dalle simulazioni emerge che nel 2020 il complesso delle società non finanziarie registrerebbe un aggravio di imposta pari allo 0,7 per cento del prelievo. In particolare, l’aggravio derivante dall’abolizione dell’aliquota agevolata, amplificato dalla riduzione della aliquota nozionale dell’ACE, è solo in parte compensato dai benefici della proroga del super e dell’iper ammortamento. Saranno le società non finanziarie medio-grandi a subire l’aggravio maggiore (intorno all’1,3 per cento del gettito), nonostante siano quelle che ricevono anche maggiori benefici dalla proroga del super e dell’iper ammortamento (tra lo 0,6 e lo 0,8 per cento del gettito). Simmetricamente, le società di minori dimensioni godono del beneficio maggiore (tra lo 0,4 e l’1,4 per cento del gettito) essenzialmente per effetto dell’impatto positivo dell’ACE (dell’ordine del 3-4 per cento del gettito). Infine, le società del settore finanziario, che sono escluse dal regime agevolato sugli utili non distribuiti, beneficiano integralmente della reintroduzione dell’ACE sebbene mitigata dalla minore aliquota nozionale sul capitale (6,7 per cento del gettito).

La stretta sul regime sostitutivo per le partite IVA – Il DDL di bilancio introduce alcune modifiche ai regimi sostitutivi previsti per le imprese individuali e i lavoratori autonomi dalla legge di bilancio per il 2019. Da un lato, abroga il regime sostitutivo per i lavoratori autonomi e le imprese individuali con ricavi compresi tra 65.000 e 100.000 euro che sarebbe entrato in vigore dal 2020; dall’altro introduce alcuni limiti miranti a ridurre i margini per comportamenti elusivi con riferimento al regime forfettario previsto per lavoratori autonomi e le imprese individuali con ricavi inferiori a 65.000 euro. Nonostante gli interventi adottati, resta molto ampio, a parità di reddito, il differenziale fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti. Persiste inoltre il contrasto con lo spirito originario sottostante l’introduzione dei primi regimi forfettari, che puntava a semplificare la gestione amministrativa e a ridurre il carico fiscale esclusivamente per le micro imprese.

Misure sulle tax expenditures. – Le spese fiscali sono da tempo oggetto di particolare attenzione sia nella legislazione (iniziative di analisi e monitoraggio al fine di un loro riassetto e una loro razionalizzazione) sia nel dibattito politico (come possibile fonte di copertura finanziaria di nuovi provvedimenti). Come nelle manovre di bilancio degli scorsi anni, anche nella manovra per il triennio 2020-22 non vi è traccia di un riassetto o di una razionalizzazione delle spese fiscali. Al contrario, la manovra prevede il rinnovo mediante proroga di diverse spese fiscali (si pensi, a titolo esemplificativo, a quelle sulle ristrutturazioni edilizie e sulla riqualificazione energetica), aumenta l’entità di certe altre rispetto alla legislazione vigente (ad esempio nel caso della cedolare secca agevolata sulla locazione nei comuni ad alta densità abitativa), ne introduce di nuove (come nel caso del bonus facciate). La manovra contiene tuttavia un timido e iniziale tentativo di ridurre le spese fiscali connesse con l’Irpef limitando le detrazioni di alcune spese al 19 per cento oltre un certo livello di reddito con effetti di recupero di gettito limitatissimi.

Cedolare secca sugli affitti a canone concordato. –  Il DDL di bilancio rende permanente la misura dell’aliquota della cedolare secca sugli affitti a canone concordato nei Comuni ad alta densità abitativa e nei capoluoghi di provincia e nei comuni limitrofi.

Il numero di contribuenti con reddito sottoposto a cedolare secca (sia quella ordinaria sia quella agevolata) è progressivamente aumentato nel tempo con una dinamica che mostra segni di rallentamento, ma che non sembra ancora essersi esaurita. Dalle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2018 emerge che nei comuni ad alta tensione abitativa la quota dei contribuenti con cedolare ad aliquota ridotta sul totale dei contribuenti con cedolare secca è pari al 38,3 per cento. L’incidenza maggiore dell’agevolazione si riscontra nel Nord-Est (e, in particolare, nei comuni dell’Emilia-Romagna), in cui i contratti a canone concordato sono più della metà del totale. L’incidenza più bassa si osserva nel Nord-Ovest e nel Sud e in generale nei comuni non capoluogo, mentre tra i comuni capoluogo l’agevolazione sembra generalmente meno diffusa nei capoluoghi di regione, specialmente al Sud.

Il ricorso alla cedolare secca (sia ordinaria sia agevolata) è stato prevalentemente ad appannaggio dei contribuenti a reddito più elevato: oltre la metà dell’imponibile della cedolare secca infatti è percepito dal 10 per cento dei contribuenti più ricchi. La cedolare secca potrebbe risultare tuttavia meno regressiva qualora parte del risparmio di imposta si fosse riversato sui canoni di locazione come sembrerebbe apparire da alcune analisi preliminari.

Limitazione delle detrazioni Irpef al 19 per cento. – Si prevede la non detraibilità di tali spese per i contribuenti con reddito complessivo superiore a 240.000 euro e una detraibilità soltanto parziale – secondo un coefficiente che decresce linearmente rispetto al reddito – per i contribuenti con reddito tra i 120.000 e i 240.000 euro.

Per il complesso dei contribuenti le spese interessate dalla misura (ossia gli importi sui quali calcolare la detrazione del 19 per cento) ammontano a 23,5 miliardi; a queste corrispondono detrazioni (risparmi di imposta) di circa 4,5 miliardi, l’11,4 per cento del totale delle tax expenditures relative all’Irpef pari a 39,3 miliardi.

Il criterio di selettività adottato dalla norma coinvolge una platea di contribuenti a reddito elevato estremamente ridotta da cui consegue che l’intervento finisce per non incidere significativamente sull’entità complessiva delle detrazioni. Infatti, i soggetti con reddito superiore a 240.000 euro costituiscono soltanto lo 0,1 per cento del totale dei contribuenti, mentre quelli con reddito compreso tra 120.000 e 240.000 euro sono appena lo 0,6 per cento. Ne deriva che la quota complessiva delle detrazioni coinvolte nella riforma ammonta a solo il 2,9 per cento del totale e ciò nonostante che la quota di contribuenti in queste fasce di reddito che usufruiscono delle detrazioni sia quasi doppia rispetto a quella per redditi inferiori a 120.000 euro (oltre 80 per cento, contro il 48) e che l’importo medio della detrazione sia molto più elevato (doppio se non triplo rispetto a quello dei contribuenti con reddito inferiore a 120.000 euro).

Le misure per le famiglie – Il DDL di bilancio prevede diverse misure a sostegno delle famiglie, alcune delle quali di carattere temporaneo, altre di carattere strutturale, per un effetto complessivo di maggiore spesa corrente di 612,2 milioni per il 2020, 1.044 milioni per il 2021 e 1.244 milioni per il 2022.

Tra le misure temporanee rientrano la proroga e il potenziamento di due misure legate alle nascite, ovvero il bonus bebè e il congedo parentale obbligatorio per i padri. Tra le misure di carattere strutturale si figurano l’istituzione di un Fondo per l’assegno universale e i servizi alle famiglie nonché l’incremento per le famiglie con basso ISEE del contributo per il pagamento delle rette degli asili nido pubblici e privati. Indirettamente volto a sostenere le famiglie è anche lo stanziamento in conto capitale in favore dei Comuni destinato alla costruzione, ristrutturazione o messa in sicurezza degli asili nido. Va sottolineata la necessità di un adeguato coordinamento tra le politiche a sostegno della domanda e dell’offerta pubblica di asili nido, attraverso adeguate misure per ridurre i divari territoriali nella disponibilità di asili nido pubblici, al fine di evitare la concentrazione di un duplice beneficio, sia dal lato dell’offerta sia dal lato della domanda, a favore dei cittadini residenti nei territori coperti dal servizio a scapito di quelli residenti nei territori che ne sono sprovvisti.

Le risorse per gli investimenti e la “clausola del 34 per cento” per il Mezzogiorno – La manovra prevede una serie di interventi relativi alla spesa per investimenti e contributi agli investimenti, che riguardano anche gli stanziamenti relativi all’anno in corso. Complessivamente, in termini di indebitamento netto delle AP le risorse destinate a tali finalità vengono ridotte per oltre 500 milioni nel 2019 e per oltre 1,1 miliardi nel 2020, mentre vengono incrementate nel 2021 e 2022, rispettivamente di circa 0,9 e 2,7 miliardi.

Per il 2020 si prevede inoltre, a garanzia per le regioni del Mezzogiorno e al fine di ridurre i divari territoriali, il rafforzamento della clausola di ripartizione in base alla popolazione delle risorse perla spesa ordinaria in conto capitale, passando dalla sola logica ex post al rispetto del principio del riequilibrio territoriale già in sede di riparto delle risorse. Tuttavia, l’esclusione dal perimetro applicativo della regola del 34 per cento degli stanziamenti previsti da leggi che fanno riferimento a “criteri o indicatori di attribuzione già individuati”, potrebbe, di fatto, ridurre l’efficacia della norma rispetto agli obiettivi dichiarati.

STIMA DELLA CAPACITA’ FISCALE DEI COMUNI ITALIANI

Con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 30 ottobre 2018, pubblicato sul S.O. n.54 del 16 novembre è stata adottata la stima delle capacità fiscali per singolo comune rideterminata al fine di considerare l’aggiornamento dei dati assunti a riferimento delle singole componenti delle capacità fiscali stesse.

Nell’Allegato A viene indicata la stima della capacità fiscale per singolo comune delle regioni a statuto ordinario di cui all’art. 1, comma 380 -quater , della legge 24 dicembre2012, n. 228.

Nell’Allegato B  è contenuta la relativa nota tecnica che illustra i risultati dell’aggiornamento della capacità fiscale per i Comuni delle Regioni a statuto ordinario seguendo i criteri di stima contenuti nella Nota metodologica  denominata”Capacità fiscale dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario”  del 25 luglio 2017 di cui al DM 16 novembre 2017.

La capacità fiscale è stata misurata su IMU, TASI, Addizionale Irpef , tassazione sui rifiuti e capacità residuale.

Il valore medio è stato stabilito in € 496.