CNR: IL RAPPORTO SULLE ECONOMIE DEL MEDITERRANEO 2019

Oggi 2 marzo sarà presentato a Napoli il “Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019” a cura dell’Istituto di studi sul Mediterraneo del Cnr, edito da il Mulino.

Al centro del volume, il legame tra ambiente, crescita economica e stabilità politica nel Mediterraneo. Parteciperanno il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, il segretario generale dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi, il direttore del Dipartimento scienze umane Cnr Gilberto Corbellini e il direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie dell’Università Parthenope Giorgio Budillon

L’ambiente e le sue interrelazioni con le dinamiche economiche e sociali nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, i cambiamenti climatici e il loro impatto sui territori, i costi in termini di mortalità, morbilità e qualità della vita dell’inquinamento ambientale sono i temi al centro del “Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2019” (REM19) curato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismed), che sarà presentato il prossimo 2 marzo a Napoli, presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare (via Cesario Console 3/bis). All’evento, che si svolgerà nell’ambito della giornata di studi su “Clima, economia e ambiente”, prenderanno parte il ministro dell’Ambiente, della tutela del territorio e del mare Sergio Costa, il segretario generale dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo Sergio Piazzi, il direttore del Dipartimento scienze umane e sociali, patrimonio culturale del Cnr Gilberto Corbellini e il direttore del Dipartimento di scienze e tecnologie dell’Università Parthenope di Napoli Giorgio Budillon. REM19 parte dai risultati del convegno “Mutamenti climatici, crisi socio-economiche e (in)sicurezza alimentare: un Mediterraneo in transizione”, organizzato dall’Istituto di studi sul Mediterraneo (Cnr-Ismed) in memoria di Eugenia Ferragina, ricercatrice e curatrice del Rapporto per diversi anni.

“I cambiamenti climatici sono un fatto eclatante il cui impatto sull’ambiente e sui territori si manifesta attraverso fenomeni estremi, che generano ingenti costi e difficoltà per la crescita sostenibile dell’ecosistema. Questo è particolarmente vero per alcune aree del bacino mediterraneo, dove dinamiche del clima, pressioni antropiche e fenomeni economico-sociali si intersecano in un rapporto di doppia causalità: produzioni ed emissioni inefficienti e intensive influenzano il clima che, a sua volta, influenza i processi di desertificazione, le migrazioni e la sostenibilità di intere economie. Questi fenomeni, spesso studiati attraverso approcci mono-disciplinari – le scienze sociali, la climatologia, altre scienze dure… – nel Rapporto vengono analizzati in chiave multidisciplinare, come caratteristico del Cnr, con un focus unico”, spiega Salvatore Capasso, curatore del volume e ricercatore associato Cnr-Ismed. “Le distanze tra i livelli di produzione, sviluppo e ricchezza delle economie più ricche e più povere dell’area si traducono in altrettanto differenti relazioni tra attività economica e qualità ambientale. Al crescere dello sviluppo, i paesi possono infatti permettersi tecniche di produzione più efficienti, virare la struttura economica verso settori meno inquinanti, cambiare attitudini culturali e aumentare il valore della qualità ambientale nel paniere dei consumatori. Anche le pressioni demografiche e il grado di urbanizzazione sfavoriscono le economie meno sviluppate della sponda sud”.

“Le anomalie climatiche hanno agito da acceleratore delle tensioni sfociate in conflitti e rivolte che a partire dal 2011 hanno infiammato il Nord Africa e la Siria”, sottolinea Grammenos Mastojeni, vicesegretario generale dell’Unione del Mediterraneo (UfM) incaricato per il settore clima ed energia. “Anche se non si possono etichettare le rivolte del Mediterraneo come conflitti ambientali, non vi è dubbio che il cambiamento climatico risulta spesso il fattore scatenante dei conflitti”.

“L’elevata sensibilità al degrado ambientale dell’area mediterranea impatta negativamente sulle condizioni ambientali e socio-economiche, e sul livello di sicurezza umana. Questi fattori, combinati con altri, sono spesso alla base di processi migratori molto complessi. A partire dal 2011, fattori quali le primavere arabe, le crisi alimentari e lo scoppio della guerra in Siria hanno contribuito a creare un’emergenza migratoria che pone sotto pressione la frontiera euro-mediterranea” sostiene Alfonso Giordano, docente di Geografia politica alla Luiss Guido Carli di Roma. “Chiaramente, il cambiamento climatico non porta automaticamente a situazioni di insicurezza o conflitti, ma esistono relazioni complesse tra climate change e fattori politici, sociali, economici, ambientali che possono minare la sicurezza o innescare/esacerbare i conflitti. La maggioranza degli studi scientifici indica, non a caso, che la vulnerabilità ai cambiamenti climatici nel Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana risulta tra le principali determinanti delle dinamiche migratorie”.

Il Rapporto è edito da Il Mulino e giunto alla XV edizione. “Il bacino è particolarmente sensibile alle vicissitudini climatiche in quanto collocato in un’area di transizione tra i climi aridi e caldi del Nord Africa e quelli piovosi e temperati dell’Europa centrale. Il clima del Mediterraneo si distingue per la forte variabilità spaziale, con differenze marcate tra il Nord e l’area meridionale, nella stagione sia invernale che estiva”, prosegue Giorgio Budillon, ordinario di Oceanografia e fisica dell’atmosfera alla Parthenope di Napoli. “L’area del Mediterraneo, a causa di effetti naturali e antropici combinati, soffre di un’alta vulnerabilità in cui il climate change avrà rilevanti conseguenze. L’alternarsi di maggiori precipitazione e lunghi periodi di siccità, il rischio idro-geologico e la scarsità d’acqua aumenteranno, con conseguenze negative notevoli sul settore agricolo. L’innalzamento del livello del mare e l’aumento delle temperature medie ed estreme potrà accelerare l’erosione costiera e influire negativamente sul turismo”.

Rosaria Battarra, ricercatrice Cnr-Ismed, e Carmela Gargiulo, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica dell’università di Napoli Federico II, si concentrano sugli effetti sulle aree costiere dovuti all’innalzamento del livello del mare, con l’obiettivo di fornire indicazioni di policy utili. “Circa 150 milioni di persone vivono sulle coste del Mediterraneo, 1/3 della popolazione totale degli Stati che vi si affacciano, quota che raddoppia al 65 per cento sulla riva Sud. Forte aumento demografico, progressivo inurbamento e crescita della pressione demografica nelle aree costiere caratterizzano quasi tutta la regione. In tale contesto, il principale rischio per le aree costiere è costituito dall’innalzamento del livello del mare e dall’erosione. Diversi organismi sovranazionali stanno mettendo in campo iniziative per supportare i paesi rivieraschi nella messa a punto di strategie comuni ma diversificate. Per esempio, l’Ue finanzia iniziative volte a migliorare l’efficienza energetica quale strategia di mitigazione e la politica europea sottolinea la necessità di implementare strategie di adattamento transfrontaliere utilizzando strumenti come l’Enpi (European Neighbourhood and Partnership Instrument). L’obiettivo è rendere l’Europa più resiliente”.

“Esplorando il nesso tra acqua, cibo ed energia”, osserva Desireé Quagliarotti, ricercatrice Cnr-Ismed, “la tendenza verso un uso più intenso delle fonti rinnovabili nei paesi euro-mediterranei potrà favorire un duplice obiettivo: diminuire la dipendenza da paesi politicamente instabili e ridurre le emissioni di gas serra”. Purtroppo, conclude Silvana Bartoletto, professore associato di Storia economica all’università Parthenope di Napoli, “sebbene l’area sia particolarmente esposta agli effetti del cambiamento climatico, la quota delle rinnovabili dal 1971 al 2016 è aumentata di soli due punti percentuali. Oltretutto, pur possedendo il Mediterraneo un notevole potenziale per la produzione di elettricità da energia solare, almeno la metà del consumo rinnovabile in quest’area è rappresentato da biocombustibili, legna in primis. È necessario uno sforzo maggiore in tal senso”.

L’AUDIZIONE DELL’UFFICIO PARLAMENTARE DI BILANCIO SUL DISEGNO DI LEGGE 1018 SU REDDITO DI CITTADINANZA E PENSIONI

Fonte UPB

Il presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, è intervenuto oggi presso la Commissione Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato nell’ambito del ciclo di audizioni relative alla conversione in legge del decreto in materia di reddito di cittadinanza (RdC) e di pensioni. Il presidente UPB ha illustrato un documento sui contenuti del provvedimento focalizzando l’attenzione sulle principali caratteristiche delle nuove misure, sul loro perimetro d’intervento e sulle risorse ad esse destinate, sulle potenziali criticità alle quali sono esposte.

Il RdC si caratterizza rispetto ad altre misure di sostegno al reddito come ad esempio il reddito d’inclusione (REI) per un significativo aumento del livello delle soglie di selettività, della platea dei beneficiari e dell’importo del sussidio, nonché delle risorse pubbliche destinate al finanziamento dello strumento. L’UPB stima valori della platea dei beneficiari e delle spese sostanzialmente in linea con quelle riportate nella relazione tecnica al provvedimento.

Particolare enfasi è stata posta sull’offerta di forme di accompagnamento e aiuto ai soggetti in grado di svolgere un’attività lavorativa e sui dispositivi per evitare comportamenti opportunistici o elusivi da parte dei beneficiari. Nel disegno del RdC questo obiettivo si affida peraltro più a complessi meccanismi coercitivi che a incentivi volti a favorire la scelta spontanea di partecipare all’attività lavorativa.

L’incidenza dei nuclei beneficiati risulta fortemente differenziata a livello territoriale (fig. 1): il 56 per cento dei nuclei beneficiari è residente al Sud e nelle isole, mentre circa il 28 per centro è residente nel Nord. A fronte di un elevata copertura della povertà a livello nazionale (72,5 per cento rispetto alla platea potenziale dei nuclei familiari, 71,4 per cento del totale degli individui), l’allineamento tra RdC e povertà varia considerevolmente tra le diverse aree geografiche: la percentuale  dei nuclei beneficiari è prossima a quella dei nuclei in povertà assoluta nel Mezzogiorno (rispettivamente i beneficiari sono l’8,4 per cento nel Sud e il 9,8 per cento nelle isole contro una incidenza della povertà assoluta, rispettivamente, del 10,2 e del 10,5 per cento), sensibilmente più bassa al Centro e al Nord (il RdC raggiunge il 3,1 per cento nel Nord-Ovest e il 2,6 per cento nel Nord-Est, contro una incidenza della povertà assoluta, rispettivamente, del 5,7 e del 4,8 per cento). A incidere sono da un lato l’uniformità del beneficio confrontato con la forte eterogeneità territoriale delle soglie di povertà, dall’altro l’esclusione di una fetta della platea degli stranieri che contribuisce a ridurre la diffusione del reddito di cittadinanza al Nord dove la loro presenza è maggiore.

Secondo l’UPB per come è congegnato il RdC è connotato dalla debolezza degli incentivi a partecipare spontaneamente all’attività lavorativa.

Al momento della richiesta del beneficio l’intero reddito da lavoro guadagnato entra nel reddito del nucleo familiare da integrare con il RdC, il che corrisponde all’applicazione di un’imposta implicita del 100 per cento se il reddito da lavoro è pari o inferiore alla soglia.

I soggetti che lavorano e che percepiscono salari bassi avranno pertanto una disponibilità economica uguale a quelli che non lavorano. Inoltre questo disincentivo è aggravato dal fatto che la misura del RdC potrebbe spiazzare segmenti del mercato del lavoro – soprattutto al Sud – caratterizzati da retribuzioni particolarmente modeste eventualmente dovute a rapporti part-time o di collaborazione, per i quali l’attività lavorativa non risulterebbe economicamente conveniente.

Quanto alle misure coercitive, il principale disincentivo a comportamenti opportunistici è costituito dall’obbligo di accettare offerte di lavoro congrue. La credibilità di questo meccanismo non appare scontata e dipenderà dall’effettiva dimensione della disoccupazione frizionale, dall’efficacia dei Centri per l’impiego nel mettere in contatto domanda e offerta di lavoro, dalla convenienza delle imprese a rivolgersi ai beneficiari del RdC per colmare le proprie vacancies.

Sul versante delle misure in materia pensionistica – la principale delle quali è la cosiddetta “quota 100” – le simulazioni condotte dall’UPB forniscono risultati sostanzialmente in linea con le valutazioni ufficiali per quanto riguarda sia il maggior numero di pensioni in pagamento nei prossimi dieci anni sia la connessa maggiore spesa. Il maggior numero di pensioni a fine anno ammonterebbe a poco più di 314.000 nel 2019, per poi aumentare sino a poco più di 372.000 nel 2021 e quindi ridursi gradualmente sino a 150.000 circa nel 2028. La maggiore spesa lorda ammonterebbe a circa 4 miliardi nel 2019, per poi aumentare sino a circa 8,6 miliardi nel 2021 e di lì cominciare a ridursi più rapidamente dal 2024 (circa 1,4 miliardi nel 2028).

Tenendo conto che l’anticipo della pensione riduce la rata ma aumenta il numero degli anni di fruizione, “quota 100” risulterà conveniente per gran parte di coloro che matureranno i requisiti nel 2019, soprattutto se rientrano nel calcolo retributivo e hanno un tasso di sconto intertemporale superiore al 3 per cento.

IL GOVERNO HA APPROVATO IL DISEGNO DI LEGGE DEL BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L’ANNO 2019 E QUELLO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2019-2019

h_FIL_2150

Dopo una giornata febbrile ieri sera si è tenuta la seduta del Consiglio dei Ministri che ha approvato, tra l’altro, la proposta di legge di bilancio per l’anno 2019.

Di seguito le principali innovazioni introdotte dal provvedimento.

  1. Reddito di cittadinanza – Si introdurrà una misura universalistica di sostegno al reddito, con la previsione che nessun cittadino abbia un reddito mensile inferiore ai 780 euro, che crescono in base al numero dei componenti della famiglia.
  2. Pensione di cittadinanza – Le pensioni minime saranno aumentate fino a 780 euro, con una differenziazione tra chi è proprietario di un immobile e chi non lo è.
  3. Flat tax per partite Iva e piccole imprese – Si estendono le soglie minime del regime forfettario fino a 65 mila euro, prevedendo un’aliquota piatta al 15 per cento.
  4. Ires al 15 per cento – Si taglia dal 24 per cento al 15 per cento l’Ires sugli utili reinvestiti per ricerca e sviluppo, macchinari e per garantire assunzioni stabili, incentivando gli investimenti e l’occupazione stabile.
  5. Flat tax al 21 per cento sui nuovi contratti di affitto, anche commerciali – Si prevede una cedolare fissa al 21 per cento anche sui nuovi contratti di affitto degli immobili commerciali, come i capannoni.
  6. Superamento della legge Fornero – Si abrogano i limiti di età per i pensionamenti previsti dalla legge Fornero, introducendo la “quota 100”: si potrà andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi versati, favorendo così chi ha iniziato a lavorare in età molto giovane e al contempo agevolando il necessario ricambio generazionale nella Pubblica Amministrazione e nel privato. Per le donne si proroga “Opzione Donna”, che permette alle lavoratrici con 58 anni, se dipendenti, o 59 anni, se autonome, e 35 anni di contributi, di andare in pensione.
  7. Ires verde – Si introducono incentivi fiscali per le imprese che riducono l’inquinamento, usando tecniche di produzione con minori emissioni.
  8. Risarcimento per le vittime delle crisi bancarie – Si stanzia un fondo da 1,5 miliardi per risarcire tutte le vittime delle crisi bancarie. Il fondo è così ampliato di 14 volte rispetto a prima.
  9. Rilancio degli investimenti pubblici – Si stanziano 15 miliardi aggiuntivi nei prossimi 3 anni per rilanciare gli investimenti pubblici, soprattutto nell’ambito infrastrutturale, dell’adeguamento antisismico, dell’efficientamento energetico, dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie. Si crea inoltre una task force per valutare, monitorare e attivare rapidamente i progetti d’investimento.
  10. Piano di assunzioni straordinario – Si stanziano 500 milioni per un grande piano di assunzioni per poliziotti, magistrati e personale amministrativo, in modo da assicurare ai cittadini maggiore sicurezza, processi civili e penali più rapidi e una Pubblica Amministrazione più efficiente.
  11. Task force per la qualità della spesa pubblica – Si crea una task force per la revisione di tutta la spesa pubblica. Il team analizzerà nel dettaglio ogni singola voce di spesa nel bilancio dello Stato per intervenire sugli sprechi ed efficientare la spesa, intervenendo, tra l’altro, su auto blu, voli di Stato e scorte.
  12. Editoria, stop al finanziamento pubblico – Si prevede l’azzeramento graduale del fondo pubblico per l’editoria.
  13. Pensioni d’oro – Si interviene sulle pensioni d’oro, sopra i 4.500 euro mensili, in modo da rimodulare i trattamenti pensionistici più elevati e renderli più equi in considerazione dei contributi versati.
  14. Riduzione delle spese militari – Si prevede una riduzione delle spese militari pari ai fondi necessari per la riforma dei Centri per l’impiego.
  15. Liste d’attesa sanitarie – Si interviene per ridurre drasticamente le liste d’attesa con lo stanziamento, tra l’altro, di un fondo da 50 milioni per le regioni per gli interventi di abbattimento delle liste d’attesa. Inoltre, con l’istituzione del Centro Unico di Prenotazione (CUP) digitale nazionale, si potrà monitorare quando effettivamente sono stati presi gli appuntamenti, in modo da evitare possibili episodi fraudolenti di indebito avanzamento nelle liste d’attesa.
  16. Più soldi per scuola e istituti tecnici e professionali – Si stanziano i fondi necessari a una profonda riforma della formazione tecnica e professionale, in modo da tornare a formare professionisti e tecnici sempre più richiesti nel settore dell’industria e della moda.
  17. Sgravi per chi assume manager innovativi – Si investe sull’innovazione tecnologica, con incentivi fiscali importanti per tutte le imprese che assumeranno un manager dell’innovazione altamente qualificato.
  18. Italia.it – Più fondi per rilanciare Italia.it e trasformarlo in sito per la promozione del made in Italy.
  19. Potenziamento del fondo per il microcredito alle imprese – Si raddoppia il fondo per le micro e piccole imprese.
  20. Taglio agli sprechi – Si recuperano fino a 2 miliardi di euro grazie alla riorganizzazione della spesa, prevedendo l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di acquistare beni e servizi tramite Consip.
  21. Fondi per la salute – Si stanziano 284 milioni per i rinnovi contrattuali di tutto il personale del Servizio sanitario nazionale e altri 505 milioni saranno attribuiti alle regioni per le spese farmaceutiche.
  22. Abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina – Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi.
  23. Gestioni commissariali della Sanità – Si reintroduce l’incompatibilità tra la carica di commissario alla Sanità e ogni incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento.
  24. Si prevede l’incremento del Fondo per il servizio civile.

STRATEGIA NAZIONALE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

wcms_486800Nella seduta del 16 marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato una Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri recante indirizzi per l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

Su proposta del Presidente Paolo Gentiloni il Consiglio dei Ministri ha condiviso la direttiva che affida alla Presidenza del Consiglio dei Ministri il coordinamento delle politiche economiche, sociali e ambientali idonee al raggiungimento, entro il 2030, degli obiettivi indicati nella Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, istituendo e disciplinando a tal fine una apposita “Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile”, presieduta dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato.

L’Agenda Horizon 2030 rappresenta la sfida per gli enti locali per i prossimi dodici anni.

Si tratta di un documento molto complesso che tocca tutte le competenze dei comuno.

PILL’ISTAT ha  diffuso i nuovi dati della contabilità regionale e provinciale, aggiornati al 2016 e coerenti con le stime nazionali pubblicate a settembre 2017.

Il PIL per abitante nel 2016 risulta pari a 34,2mila euro nel Nord-ovest, a 33,3mila euro nel Nord-est e a 29,9mila euro nel Centro.

Il differenziale negativo del Mezzogiorno è molto ampio: il livello del Pil pro capite è di 18,2mila euro, inferiore del 44,2% rispetto a quello del Centro-Nord (del 44,1% nel 2015). In termini di reddito disponibile per abitante il divario scende al 34,5%.

La spesa pro capite per consumi finali delle famiglie a prezzi correnti nel 2016 è di 19,9mila euro nel Nord-ovest, 19,6mila euro nel Nord-est, 17,8mila euro al Centro e 12,9mila euro nel Mezzogiorno. Il divario negativo tra Mezzogiorno e Centro-nord è del 32,6%.

Nel 2016 il Pil in volume, a fronte di una crescita a livello nazionale dello 0,9% rispetto all’anno precedente, ha registrato un incremento dell’1,3% nel Nord-est, dello 0,9% nel Nord-ovest e dello 0,8% sia al Centro che nel Mezzogiorno.

Tra il 2011 e il 2016 le aree che hanno registrato i più marcati cali del Pil sono il Centro (-0,8%) e il Mezzogiorno (-0,6%). La flessione è stata più contenuta nel Nord-ovest (-0,5%) mentre per il
Nord-est si registra una sostanziale stabilità (-0,1%).

TESTO INTEGRALE E NOTA METODOLOGICA

APPROVATA LA LEGGE PER IL SOSTEGNO E LA VALORIZZAZIONE DEI PICCOLI COMUNI

cima_1
Cima da Conegliano

Dopo molti tentativi per cancellare i piccoli Comuni da parte di vari governi, finalmente si è capito che si doveva cambiare rotta e difenderli.

Così oggi il Senato ha approvato in via definitiva con 205 voti favorevoli e due astenuti  il disegno di legge (Atto Senato n. 2541) reca “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni” ed è stato approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati.
Continua a leggere “APPROVATA LA LEGGE PER IL SOSTEGNO E LA VALORIZZAZIONE DEI PICCOLI COMUNI”

PUBBLICATA LA LEGGE PER IL MERCATO E LA CONCORRENZA

GUSulla G.U. n. 189 in data 14 agosto è stata pubblicata la legge annuale per il mercato e la concorrenza che, secondo quanto affermato nel primo comma dell’art. 1 dovrebbe reca disposizioni finalizzate a rimuovere ostacoli regolatori all’apertura dei mercati, a promuovere lo sviluppo della concorrenza e a garantire la tutela dei consumatori, anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza e apertura dei mercati, nonché delle politiche europee in materia di concorrenza.

L’Unione europea nelle Raccomandazioni del Consiglio di luglio 2016(1sul Programma nazionale di riforma 2016 dell’Italia, ha ribadito l’urgenza di una tempestiva attuazione delle riforme in atto, a partire dalle semplificazioni e dalle liberalizzazioni. In particolare l’UE ha sottolineato l’importanza di “adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell’aggiudicazione delle concessioni”

Nella valutazione globale dei progressi compiuti rispetto a tale specifica Raccomandazione, la Commissione europea, nel Country Report di febbraio 2017, riconosce che nel nostro Paese:

  • gli ostacoli alla concorrenza sono ancora notevoli, come confermato anche dalla Relazione sulla competitività globale 2016-2017 (FEM, 2016);
  • non sono stati compiuti progressi con riferimento alla legge annuale sulla concorrenza;
  • sono stati raggiunti progressi limitati in relazione alle altre restrizioni sulla concorrenza.

La Commissione, nel citato Documento, ricorda inoltre che sono attese da tempo riforme in altri settori importanti con un notevole potenziale economico, che rappresentano una quota considerevole del PIL, come il commercio al dettaglio, il sistema di concessioni e i settori marittimo e idroelettrico (Commissione europea, 2016b). Ad avviso della Commissione, in questi ultimi due settori, ancora soggetti a regimi di autorizzazione per un lungo periodo, non si attuano ancora politiche concorrenziali.

Anche il DEF 2017, pur sottolineando che l’Italia ha adottato nel tempo normative settoriali di grande impatto sulla concorrenza, che hanno contribuito ad aprire progressivamente numerosi mercati , riconosce che tra le priorità del Governo figura “l’esigenza di aprire maggiormente al mercato diversi settori” (dai servizi professionali, al commercio al dettaglio, ai servizi pubblici locali), con l’obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai cittadini in termini di maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita.

In tal senso, “l’approvazione della legge annuale per la concorrenza in tempi rapidi è un obiettivo imprescindibile, insieme all’immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni”.

Tra le azioni strategiche del PNR 2017 figura, infatti, l’approvazione del disegno di legge in esame e la predisposizione della nuova legge annuale per la concorrenza per il 2017. Il Cronoprogramma delle riforme incluso nel PNR 2017 individua il termine giugno 2017 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2015 e il termine 2017/2018 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2017, la cui proposta è in corso di elaborazione e che terrà conto della segnalazione annuale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

 

APPROVATA IN VIA DEFINITIVA LA LEGGE ANNUALE SUL MERCATO E LA CONCORRENZA

senatoVUOTOIeri 2 agosto  il Senato ha rinnovato la fiducia al Governo approvando definitivamente il disegno di legge annuale sul mercato e la concorrenza (n. 2085-B), nel testo identico a quello approvato dalla Camera.

Dall’entrata in vigore della legge 99/2009, la legge annuale per la concorrenza non è mai stata adottata. Con il disegno di legge in commento il Governo per la prima volta adempie a tale obbligo.

La disposizione in esame prevede che promozione, rimozione e garanzia avvengano anche in applicazione dei princìpi del diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione, concorrenza ed apertura dei mercati, nonché delle politiche europee in materia di concorrenza.

Sul Programma nazionale di riforma 2016 dell’Italia, ha ribadito l’urgenza di una tempestiva attuazione delle riforme in atto, a partire dalle semplificazioni e dalle liberalizzazioni. In particolare l’UE ha sottolineato l’importanza di “adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell’aggiudicazione delle concessioni” .

Nella valutazione globale dei progressi compiuti rispetto a tale specifica Raccomandazione, la Commissione europea, nel Country Report di febbraio 2017, riconosce che nel nostro Paese:

  • gli ostacoli alla concorrenza sono ancora notevoli, come confermato anche dalla
    Relazione sulla competitività globale 2016-2017 (FEM, 2016);
  • non sono stati compiuti progressi con riferimento alla legge annuale sulla  concorrenza;
  • sono stati raggiunti progressi limitati in relazione alle altre restrizioni sulla
    concorrenza.

La Commissione, nel citato Documento, ricorda inoltre che sono attese da tempo
riforme in altri settori importanti con un notevole potenziale economico, che rappresentano una quota considerevole del PIL, come il commercio al dettaglio, il sistema di concessioni e i settori marittimo e idroelettrico (Commissione europea, 2016b). Ad avviso della Commissione, in questi ultimi due settori, ancora soggetti a regimi di autorizzazione per un lungo periodo, non si attuano ancora politiche concorrenziali.

Anche il DEF 2017, pur sottolineando che l’Italia ha adottato nel tempo normative settoriali di grande impatto sulla concorrenza, che hanno contribuito ad aprire progressivamente numerosi mercati , riconosce che tra le priorità del Governo figura “l’esigenza di aprire maggiormente al mercato diversi settori” (dai servizi professionali, al commercio al dettaglio, ai servizi pubblici locali), con l’obiettivo di apportare benefici apprezzabili dai cittadini in termini di maggiore offerta, investimenti, produttività e crescita.

In tal senso, “l’approvazione della legge annuale per la concorrenza in tempi rapidi è un
obiettivo imprescindibile, insieme all’immediata definizione di un appropriato strumento legislativo a cui affidare i prossimi passi in materia di liberalizzazioni”. (cfr.
pag. V-VI e 7 del PNR).

Tra le azioni strategiche del PNR 2017 figura, infatti, l’approvazione del disegno di legge in esame e la predisposizione della nuova legge annuale per la concorrenza per il 2017. Il Cronoprogramma delle riforme incluso nel PNR 2017 individua il termine giugno 2017 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2015 e il termine 2017/2018 per l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza 2017, la cui proposta è in corso di elaborazione e che terrà conto della segnalazione annuale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

APPROVATA DALLA CAMERA LA LEGGE ANNUALE PER IL MERCATO E LA CONCORRENZA MA DEVE TORNARE AL SENATO

camera-sindaciDal sito della Camera dei Deputati si apprende che in Aula è stato approvato ieri il disegno di legge di iniziativa del Governo : Legge annuale per il mercato e la concorrenza (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato) (C. 3012-C). 

Il provvedimento passa ora nuovamente all’esame del Senato.

Si tratta della terza lettura da parte di Montecitorio, poiché ci sono stati molti cambiamenti ….

 

LEGGE ANNUALE PER IL MERCATO E LA CONCORRENZA, DISCUSSIONE GENERALE

Camera-deputati-RomaLunedì 26 alla Camera, in Aula, alle ore 13, si svolgeranno la discussione sulle linee generali del disegno di legge: Legge annuale per il mercato e la concorrenza (approvata dalla Camera e modificata dal Senato C. 3012-C); la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge: Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione (C. 913 e abb.); la discussione sulle linee generali della proposta di legge:Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano (approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato C. 2168-B), la discussione sulle linee generali della Relazione all’Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull’attuazione degli statuti speciali, approvata dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. (Doc. XVI-bis, n. 11).