Il tema della ristorazione scolastica tiene spesso impegnati gli amministratori locali.
Un aspetto preliminare a tutti è quello della scelta della società cui affidare il servizio, visto che oramai tutti i Comuni hanno scelto di esternalizzarlo (una scelta spesso dovuta a causa del blocco delle assunzioni e dell’obbligo di legge di affidare all’esterno i servizi prevista dalla L.448/2001-Art. 24, Patto di stabilità interno per province e comuni, comma
8, secondo cui «Gli enti…devono promuovere opportune azioni dirette ad attuare l’esternalizzazione dei servizi al fine di realizzare economie di spesa e migliorare l’efficienza gestionale»
Sulla richiesta del centro di cottura prima dell’aggiudicazione di una gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica.
Molte amministrazioni inseriscono nel capitolato l’obbligo per la ditta di disporre di un centro cottura nel territorio comunale, ma questo non è legittimo.
Il TAR Campania, napoli, Sezione II, con la sentenza n. 2083/2018 afferma che nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica, la disponibilità del centro di cottura deve qualificarsi come un requisito di esecuzione del contratto e non di partecipazione alla gara, come peraltro affermato dall’Autorità nazionale anticorruzione alla luce dei principi di libera concorrenza, libertà di stabilimento, libera prestazione dei servizi e parità di trattamento, ragion per cui la mancata dimostrazione del possesso di tale requisito non può costituire motivo di esclusione dalla gara. Peraltro il concorrente deve dichiarare, in fase di partecipazione alla gara, esclusivamente l’impegno alla disponibilità di un centro di cottura ma non già l’effettiva disponibilità di esso (da comprovare, invece, in caso di aggiudicazione): diversamente, infatti, si configurerebbe una violazione sia del principio di non discriminazione, sia del principio di parità di trattamento richiamati dall’art. 2 del Codice dei contratti pubblici e, altresì, dei principi cardine del Trattato CE e delle Direttive appalti, producendo un iniquo vantaggio agli operatori economici già operanti sul territorio di riferimento e determinando, a causa della richiesta capacità organizzativa aggiuntiva per l’impresa, un elemento di distorsione dei costi del partecipante alla procedura di gara.
Qui la sentenza: TAR NAPOLI SEZ II 2083/2018